In occasione dell’arrivo nelle sale italiane di Babylon, il regista premio Oscar Chazelle ha incontrato la stampa italiana
In occasione dell’uscita nelle sale italiane, il 19 gennaio, di “Babylon”, Damien Chazelle ha incontrato la stampa, e raccontato il suo attesissimo film.
“Sono felice di essere a Roma a per Babylon perché questo film ha preso da molte opere di Fellini, soprattutto La Dolce Vita” spiega il regista. “Ed è un film che vuole offrire una panoramica della società. Vuole dare un’idea di come la società lavori ma si diverta, allo stesso tempo. Lo scopo era esaminare un certo periodo di Hollywood attraverso la lente del divertimento e del lavoro, come queste cose si susseguano e rappresentino il ciclo della società. Quindi volevo rappresentare quel periodo visto attraverso le feste e i set, perché l’obiettivo era di dare la sensazione si ciò che è sotto la superficie, ciò che è sotterraneo: e quindi la politica, le tragedie, i sogni infranti.”
“Babylon” è un film sfaccettato e corale. Brad Pitt interpreta Jack, attore di punta che sta cercando di sopravvivere al cambiamento in atto (da cinema muto a sonoro). Margot Robbie interpreta Nellie LaRoy, attrice camaleontica che ha saputo farsi strada a Hollywood grazie al suo temperamento.
“Posso dire che in ciascuno dei personaggi ho tentato di immettere qualche aspetto che mi riguardasse e che forse è stato un riflesso dell’esperienza in quel mio particolare momento. Quando ho scritto i personaggi di Mia e Sebastian (di La La Land, ndr) c’erano aspetti che mi riguardavano in quel periodo, nello specifico. Jack e Nellie di Babylon sono il riflesso, un’eco di alcuni aspetti che mi appartengono in questo periodo della mia vita. Ho cercato di immettere aspetti personali in ogni personaggio, ma mai in modo diretto: anche Manny è un personaggio che possiede molti aspetti di me, come Sidney il trombettista o anche Lady Fay Zhu. In realtà tutto il gruppo dei personaggi sono me, anche se non direttamente. Per me era un modo per esprimere la mia esperienza ed essenza.”
“Babylon” un film corale che vuole restituire al pubblico il mondo della selvaggia Hollywood pre-Codice Hays e prima del divismo anni ’50, in cui tutto era concesso.
“Quel che è andato perduto è stata la libertà”, spiega Chazelle, in riferimento alla Hollywood attuale. “È forse comprensibile, dato che parliamo di una libertà goduta ed esercitata nei primissimi giorni di Hollywood. E la libertà era un concetto intrinsecamente legato a una Hollywood che era cosa totalmente nuova. Il cinema veniva in quegli anni considerato una forma d’arte volgare, sempre che venisse considerato forma d’arte. La società guardava a Los Angeles come la città folle, la frontiera del wild west dove i pionieri creavano le proprie regole strada facendo e nel frattempo facevano ciò che volevano. Il cinema è stato dapprima un’esplosione di possibilità artistiche, ed era inevitabile che questa fiamma si attenuasse per essere sostituita da qualcos’altro. Ritengo che oggi possiamo imparare moltissimo da quel periodo e quella Hollywood. Oggi più che mai ci troviamo in una Hollywood dove c’è tantissimo moralismo e altrettanto conformismo: in questo periodo, come in ogni altra era, gli artisti dovrebbero respingere tutto questo, opporsi, rivendicare la libertà soppressa e repressa.”
Per raccontare meglio le due facce della stessa medaglia, “Babylon” ha una doppia anima.
“L’idea era di passare dalla commedia alla tragedia sin da quando ho iniziato a scrivere. L’idea era quella di dividere il film a metà: procedendo nella scrittura ciò che avevamo all’inizio, ossia un’alta dose di energia ed esuberanza e che veniva espressa al massimo nella forma della commedia, si doveva trasformare in tragedia. A un certo punto avremmo dovuto toccare una materia più cruenta, addirittura sfiorando il genere horror, per mostrare questa “caduta” e le due facce di una stessa medaglia. L’apice del divertimento, della festa, doveva essere contrapposto alla tragedia, alla caduta. Il tentativo di ascendere alle stelle doveva essere seguito dalla caduta all’inferno.”
Negli Stati Uniti il film ha diviso la stampa e il pubblico, senza riscuotere grande successo al botteghino. Cosa aspettarsi dall’accoglienza in Europa?
“Sapevo che Babylon avrebbe suscitato reazioni di un tipo. L’idea alla base del film era di dare fastidio, di accarezzare contropelo le persone e di provocare andando a premere alcuni tasti, di fare arrabbiare e di far reagire negativamente le persone”, spiega alla stampa italiana il regista. “La mia aspettativa era quella di realizzare un film che fosse controcorrente, e questa è parte della ragione per cui abbiamo impiegato tempo nel trovare qualcuno che volesse finanziario e sostenerlo. Alla fine siamo riusciti a trovare un luogo dove realizzarlo, e questi sono posti sempre più rari e distanti. Perciò sono estremamente grato a Paramount, perché nonostante ciò ha deciso di sostenerlo sapendo che avrebbe provocato una polarizzazione fra gli spettatori. Sono stati coraggiosi e non mi hanno mai esercitato pressioni proponendo compromessi. Mi sono sentito fortunato e libero, protetto dal non dover annacquare, attenuare, filtrare i contenuti del film. Non avrei mai accettato di farlo a quelle condizioni, d’altronde. So che è uno shock, ma io volevo che lo fosse. Sono fin troppi i film che parlano della vecchia Hollywood guardandone solo la patina sfarzosa, senza scavare a fondo.”
“La speranza è che il film possa trovare il suo pubblico e che venga innanzitutto accolto, a prescindere dal come. Che possa suscitate dibattito, risvegliare gli animi e non semplicemente scivolare via, senza far rumore”, aggiunge poi. “spero che il film trovi il suo pubblico. Io sono convinto che un film, una volta finito, non mi appartenga più. Una volta uscito il film va verso il mondo, che sia in Europa o in America, e non mi appartiene più. diventa di chi lo guarda. È come lasciar andare un figlio.”
Riguardo la necessità di adoperare la rappresentazione della “volgarità” e degli eccessi come modo per parlare dello showbusiness legato al periodo muto, Chazelle afferma che “è stato importante mostrare ciò che Hollywood è spesso fin troppo brava a nascondere sotto il tappeto. Va ricordato che all’epoca il cinema non era così come viene visto e rispettato oggi. Veniva visto, piuttosto, come qualcosa di criminale, e che pertanto non godeva di rispetto e prestigio: come qualcosa di volgare, di pornografico, di basso. Questo era alla base del DNA delle opere stesse, che volevano rivendicare tutti gli elementi di quella reputazione di cui godeva. Il titolo del film è esplicativo: Babylon, a confermare l’idea di questa reputazione e di qualcosa che nasceva dal vizio e dal peccato, di qualcosa che era fatto da persone peccaminose. La Hollywood dell’epoca veniva descritta con riferimenti biblici: non solo Babilonia ma anche Sodoma e Gomorra, perché era nata ancor prima di Las Vegas. Il cinema era un’industria completamente nuova che rivendicava la sua posizione ed era stata creata da criminali, persone marginalizzate, reietti della società e che costruiscono qualcosa in mezzo al nulla tirandone fuori una vera e propria città. Le cose più estreme sono state nel film attenuate, perché se avessimo raccontato la realtà il film probabilmente non avrebbe mai visto la luce.”
E qual è, per il regista di “First Man” e “La La Land”, il futuro della sala nell’epoca dello streaming?
“Babylon finisce nel 1952 con alcune scene del musical Singin’ in the rain. Nel contesto capiamo che quei film erano film che contenevano la paura, l’ansia che il cinema stesse morendo. Molti film di quegli anni portano questo elemento in sé: il timore che il cinema muoia, sostituito dalla televisione, ma così non è stato. Anzi, il cinema ha continuato ad andare avanti parallelamente alla televisione”, spiega Chazelle. “Gli studios come sistema, casomai, stavano morendo negli anni sessanta, ma il sistema stava per essere sostituito da un altro sistema che è solo un’altra versione del cinema. C’è una coesistenza ma i fondamentali non sono cambiati, in un continuo ciclo di morte e rinascita e in una costante evoluzione. Hollywood continua a farlo: a cambiare, morendo e nascendo continuamente. Da secoli si dice che il cinema stia morendo, persino Lumiere l’aveva detto. E così non è stato.”
“Babylon” è sorretto dalle magistrali interpretazioni degli attori che danno volto e voce ad attori e attrici fittizi e, al contempo, simbolo di un’epoca.
“Margot Robbie è un’attrice straordinaria. Da una parte è una vera forza della natura: ha fame e desiderio, è coraggiosa ed è in grado di fare qualsiasi cosa. Lei paragona spesso la recitazione all’essere un animale: in ogni ruolo lei abita un animale selvatico diverso, e lo fa soprattutto in questo film. Al contempo, ha una grandissima disciplina e un’esperienza tecnica mirabile, in termini di performance. Alcuni attori sono bravi nel virtuosismo tecnico, ma meno con la libertà. Con lei invece basta creare un ambiente in cui si senta supportata e a proprio agio, e lei poi ti dà tutto, improvvisando, sperimentando e poi tornando al testo della sceneggiatura. Non è facile trovare un attore o un’attrice disposta a fare questo, e a fare tantissime cose che poi forse non funzioneranno.”
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Federica Cremonini