La recensione di Wonka, il film diretto da Paul King con protagonista Timothée Chalamet nei cinema dal 14 dicembre
Con l’arrivo del Natale, il bisogno di quel rassicurante calore familiare in grado di spazzare via, anche se per un breve periodo, malinconie e tristezze si fa sempre più forte. Un calore di cui questi particolari giorni sono intrisi, e che noi tutti ricerchiamo in una semplice luce, decorazione o in un film, con la speranza che la storia risvegli quei sentimenti e quel buono messi da parte durante tutto l’anno per dare spazio agli impegni della frenesia quotidiana.
Storie la cui magia risvegliando l’immaginazione, fanno tornare a sognare, commuovere sorridere, emozionare. In poche semplici parole, fanno tornare bambini. Ed è proprio questa la sfida affrontata da Paul King, sceneggiatore e regista dei film di Paddington, nei cinema dal 14 dicembre con: Wonka, in cui un sorprendente Timothée Chalamet veste i panni di un giovane Willy Wonka.
Wonka: l’immaginazione del giovane cioccolatiere
Basato sullo straordinario protagonista de La Fabbrica di Cioccolato, il romanzo per bambini più iconico dell’autore Roald Dahl nonché uno dei libri più venduti di tutti i tempi, Wonka, scritto dallo stesso King assieme a Simon Farnaby, racconta le fantasiose origini di Willy Wonka, e di come sia diventato l’amato personaggio che conosciamo oggi.
Prodotto da David Heyman, produttore di Harry Potter, Gravity, Animali fantastici e Paddington, da Alexandra Derbyshire, i film di Paddington e Jurassic World: Dominion, e Luke Kelly, Le Streghe, Wonka è un mix inebriante di incanto, musica, caos ed emozione raccontato con cuore, umorismo e ovviamente con uno Chalamet che conferma il proprio innato e innegabile talento e carisma, recitando, cantando e ballando.
Il candidato al SAG Award, BAFTA Award e all’Academy Award per il film Luca Guadagnino Chiamami col tuo nome infatti, abbandona l’anima malinconica e abbraccia un personaggio tanto bizzarro quanto dolce, innocente e dal sincero candore.
Padrone assoluto della scena Chalamet dona al pubblico un’interpretazione ammaliante facendo così un altro passo avanti nel suo percorso di successi. Una performance la sua, che mostra un aspetto più brioso e utopistico del Willy Wonka del 2005 di Johnny Depp ne La Fabbrica di Cioccolata di Tim Burton, e di quello incarnato da Gene Wilder nel film del 1971 diretto da Mel Stuart, anch’essi tratti dall’omonimo romanzo del 1964 di Roald Dahl Charlie and the Choccolate Factory.
Se il Willy Wonka di Wilder era distinto, signorile e tutto sommato imprevedibile, e quello di Depp estroso e avvolto dalla solitudine, quella di Chalamet invece come definito nel film stesso, e considerando soprattutto il differente periodo narrato, è una sorta di mago, inventore e cioccolatiere che ha girato il mondo per perfezionare la sua arte. Quell’arte che sa di casa e di eterno amore materno ancora ben lontana dalla bigotta ipocrisia della società che tutto avvelena e distrugge. Tre diverse versioni quindi dello stesso personaggio, ognuna a suo modo senza alcun dubbio estremamente seducente e attraente.
“Ho passato 7 anni in giro per il mondo a perfezionare la mia arte. Sapete, sono una sorte di mago, inventore e cioccolatiere. Quindi su la voce e giù le orecchie. No. Ho sbagliato, all’inverso.”
Wonka: tutte le cose iniziano con un sogno
Wonka è indubbiamente uno spettacolo cinematografico irresistibilmente vivido ed originale il cui obiettivo, palesemente raggiunto, è quello di far conoscere un giovane Willy Wonka pieno di idee e determinato a cambiare il mondo un boccone delizioso alla volta. Un caleidoscopio di colori che invita a sognare dimostrando che le cose migliori della vita iniziano proprio con un sogno, e che se si è abbastanza fortunati da incontrare un Willy Wonka, allora tutto sarà davvero possibile.
“Tutte le cose belle a questo mondo sono cominciate da un sogno. Perciò tu non mollare il tuo.”
Un musical, un ritratto ricco di calore, trascinante e brillante quello che King costruisce con Wonka, nonostante la prevedibilità della narrazione. Un quadro dalle ineccepibili coreografie, scenografie, musiche e costumi, che ha le giuste carte per affermarsi come un nuovo cult di Natale, in cui non mancano le riflessioni sulla mancanza delle persone che amiamo, e sulla difficoltà di convivere con il vuoto lasciato dalla loro perdita, senza scivolare nella nostalgia e tristezza dei rimpianti.
Una rappresentazione che giustamente mette da parte la critica nei confronti della società capitalista e dell’educazione familiare sbagliata, presente soprattutto nel titolo di Burton dove l’arroganza e vizi dei più piccoli altro non erano che lo specchio dei malsani insegnamenti degli adulti.
Wonka è un racconto in cui l’innocenza e la spensieratezza del ‘tutto si avvera se lo vogliamo’ regna sovrana, che spinge con determinazione a credere e aver fiducia in noi stessi e nei nostri desideri, condividendo gioie e delusioni con coloro che, accompagnandoci lungo la strada, hanno ancora accesa la speranza in un mondo in cui è vietato fantasticare, poiché è la cruda realtà a non permetterlo.
Speranza che prende vita con il romantico e incantato paese delle caramelle del negozio del giovane cioccolatiere dal design ispirato a Dahl, un immaginario straordinario dagli elementi teatrali mobili e rotanti, a cui non siamo più abituati e di cui tutti noi abbiamo davvero un disperato bisogno.
“Trattieni il respiro
Esprimi un desiderio
Conta fino a tre
Vieni con me e sarai
In un mondo di pura immaginazione
Dai un occhiata e vedrai
Nella tua immaginazione”
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Emanuela Giuliani
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