“White Noise”: la famiglia è la culla della disinformazione del mondo
Il regista candidato all’Oscar Noah Baumbach, dopo aver presentato in anteprima alla scorsa 76esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia “Storia di un Matrimonio”, il 31 agosto, ha dato ufficialmente il via alla 79esima edizione dell’evento con: “White Noise”.
Il film, targato Netflix, basato sul romanzo del 1985 di Don DeLillo, segna il primo adattamento del regista dopo una carriera costruita su opere originali, che torna a riflettere profondamente sulle tematiche della morte, della vita e dell’amore.
Se in “Storia di un Matrimonio” infatti Baumbach, autore anche della sceneggiatura, attingendo alla propria esperienza personale aveva portato sul grande schermo l’intenso e coinvolgente ritratto della fine di un matrimonio, analizzandone le emozioni, i rancori, i rammarichi e le sofferenze, in “White Noise”, segue invece, una moderna famiglia americana alle prese non solo con le difficoltà della routine quotidiana, bensì con le complessità del comprendere per l’appunto i misteri universali e le paure che ne conseguono in un mondo pieno di incertezza.
Il regista, ha letto per la prima volta il romanzo a pochi anni di distanza dalla sua pubblicazione. Un’esperienza definita da lui stesso formativa trattandosi di un’opera fresca e introspettiva incentrata sulle preoccupazioni esistenziali dell’America, ed impostando e costruendo una struttura in tre atti, quali: “Waves and Radiation”, “The Airborne Toxic Event” e “Dilarama”, Baumbach ha sviluppato, con una buona dose di sarcasmo e umorismo, i temi del consumismo, della prescrizione farmaci, della religione, della guerra, della moralità, dell’isteria di massa e della paura della morte.
“Ho riconosciuto un linguaggio familiare” – svela Baumbach nel corso della press conference riferendosi allo scritto – “La rilettura del romanzo ha coinciso con l’inizio della pandemia e mi ha stupito il fatto che fosse così pertinente con il momento storico che stavamo vivendo e soprattutto con le nostre vite” – dice – “Ho iniziato e cercato così di capire la storia secondo la mia lingua e ho sentito questa familiarità. Il romanzo di DeLillo è una satira anche del mondo accademico, della cultura pop che ha alimentato, ecco perché troviamo lo studio di Hitler che viaggia di pari passo con quello di Elvis. Lo vediamo anche quando cerchiamo le cose, o due video dal diverso argomento.”
Un ritratto, una critica, un monito estremamente accurato e dalla pungente satira, la cui ricchezza di elementi e narrazione tuttavia a volte lenta, limita la connessione empatica con la storia e – nonostante l’ambientazione anni ’80 come detto sia estremamente attuale e in grado di rappresentare la società di qualsivoglia periodo – la possibilità di identificarsi con i personaggi, guidati da un magistrale Adam Driver.
E proprio Driver, anche lui presente al breve incontro stampa, ha parlato dei personaggi e della trasformazione fisica legata al suo personaggio.
“Sono personaggi ben scritti e definiti. Molti aspetti del libro sono stati modificai da Noa e abbiamo lavorato come sempre in un modo molto teatrale, dal momento che essendo una performance in alcuni momenti c’è una grande teatralità” – afferma Driver – “Abbiamo lavorato molto attorno ad un tavolo e si tratta del medesimo processo che abbiamo a teatro solo più condensato, cambiano lo stile e il tono. Per il mio personaggio abbiamo discusso del suo look e deciso che doveva essere un po’ calvo, i truccatori a tal proposito hanno fatto un lavoro fantastico, e poi naturalmente, nonostante avessi una pancia di supporto, è stato sufficiente ingrassare.”
Co – protagonista Greta Gerwig, compagna nella vita di Baumbach.
“Quando ho iniziato a rileggere il libro, mi sono resa conto della qualità molto particolare del linguaggio e del modo emozionato in è scritto, che ci spinge ad ascoltare e a leggere ad alta voce. In qualche modo sembrava avere la capacità performativa, emotiva e intellettuale che ci porta a condividere le parole con gli altri” – prosegue – “Per quanta riguarda i personaggi siamo stati fortunati perché abbiamo provato molto, prima di girare, e questo ha permesso loro di diventare delle persone reali. Nel mondo del romanzo erano delle figure astratte, ma una volta entrati nel ritmo del dialogo ho sentito e sono entrata nel personaggio.”
In “White Noise”, ad emergere senza alcun dubbio è la dannosa influenza dei media, delle radio, delle Tv e pubblicità, connessa alla paura di morire e di perdere chi si ama. Milioni di informazioni, consigli e suggerimenti che inevitabilmente influenzano e guidano una popolazione oramai assuefatta alimentandone i dubbi, le paranoie e le ossessioni.
Un universo dalle infinite sfumature e zone di luce e ombra che si riflettono e riversano sulla famiglia, in cui affonda le proprie radici e dove si può allontanare l’idea della morte ma non la paura che si ha di essa, continuando a vivere la vita sapendo che sta per finire.
“Quando ci chiediamo come ottenere un’informazione dobbiamo anche chiederci come usarla” – spiega Baumbach – “C’è una frase pronunciata da uno dei personaggi ovvero ‘La famiglia è la culla’. Nel parlare della nostra storia familiare, aggiungiamo informazioni e spesso qualcosa anche di non reale, quindi mi sono domandato che cosa potesse rappresentare il paese, ma non solo l’America bensì tutto il mondo, e il modo in cui noi assorbiamo le informazioni, come verifichiamo se queste sono vere o false, e ho pensato che fosse un’attività molto divertente individuando un linguaggio con cui potevo giocare, e a me piace molto fare questo. Ed è inerente in particolare al momento, se pensiamo che oltre alla radio e alla televisione abbiamo anche internet” – continua – “Il film tratta anche il modo in cui noi creiamo i rituali che ci consentono di rimandare il pericolo e la morte. Tuttavia la morte a volte arriva, ci viene a cercare e noi non sappiamo come reagire e come affrontarla. Guardiamo le persone nelle altre macchine, sentiamo la televisione perché siamo abituati così e altrimenti non sapremmo come fare a sapere se si tratta di un vero pericolo oppure no. Poi torniamo alla normale routine, a fare la spesa al supermercato, ma abbiamo visto qualcosa di nuovo e cosa ci facciamo con quelle informazioni? Ho letto questo messaggio nel romanzo e l’ho introdotto nel film, un’opportunità per avvicinare la famiglia a se stessa.”
In merito all’associazioni tra immagini e suono dice.
“Nel libro di DeLillo abbiamo visto la capacità di prendere il linguaggio della cultura pop e trasformarlo in immagini e dialoghi, ho cercato e trovato quindi delle analogie cinematografiche riflettendo ovviamente su ciò che ascoltiamo e cosa non ascoltiamo, il rumore bianco per l’appunto, di conseguenza il suono della scena è legato al dettaglio di qualcosa di visivo che serve a focalizzarlo, altre volte è lo spettatore che decide cosa su cosa vuole concentrarsi. Stesso discorso per le immagini, abbiamo fatto delle riprese in 35 mm come i miei film preferiti degli anni ’80 cosa che ci ha consentito una ripresa più ampia che si restringe e poi si allarga di nuovo. Opportunità ovviamente offerte dal libro.”
Prodotto da Noah Baumbach, p.g.a., David Heyman, p.g.a., e Uri Singer, “White Noise” il include anche i nomi di: Don Cheadle, Raffey Cassidy, Sam Nivola, May Nivola, Lars Eidinger, Andre Benjamin e Jodie Turner-Smith.
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Emanuela Giuliani