West Side Story – Recensione: un posto ed un luogo dove potersi amare

“West Side Story” – Recensione: un posto ed un luogo dove potersi amare

“Ho sempre avuto la sensazione di cadere dal punto più alto del mondo nella mia vita, ma quando ti ho vista ho smesso di cadere”

L’ultima pellicola di Steven Spielberg è la trasposizione dell’omonimo musical teatrale ad opera di Leonard Bernstain, Stephen Sondheim e Arthur Laurents, che narra il dramma degli amanti shakespeariani Romeo e Giulietta nella New York degli anni ‘50.

A fronteggiarsi sono sempre due bande rivali per il controllo del territorio, da una parte gli Jets, immigrati europei e dall’altra gli Sharks, arrivati nella grande mela di recente. Ad infiammare ancora di più lo scontro tra le due gang c’è l’incontro tra Tony e Maria. Lui è il co-fondatore degli Jets, da cui si è allontanato dopo essere stato in carcere. Lei è la sorella di Bernardo, aspirante pugile e leader degli Sharks, che ha già pensato di accasarla con il timido Chino, da cui però lei non è attratta. Si incontrano ad un ballo e tra loro scatta subito il colpo di fulmine. Ma come Romeo e Giulietta, il loro è un amore contrastato, in nome del quale lottano senza arrendersi perché sentono di appartenere l’una all’altro.

“Troviamo un posto per vivere, un posto per dimenticare, un tempo e un luogo per noi”

La pellicola del 1961 si apre con una veduta a volo d’uccello della metropoli, mentre Spielberg la sposta sulle gru degli edifici da demolire, in uno spazio dove sorgeranno nuovi quartieri. Un mondo da distruggere per ricominciare, l’emblema di questo viaggio nella memoria, che affonda le sue radici nelle tematiche contemporanee e in un contesto urbano realistico. Sceneggiato da Tony Kushner il nuovo adattamento di “West Side Story” vede la partecipazione di un nutrito cast composto da Rita Moreno (Valentina), Rachel Zegler (Maria), Ariana DeBose (Anita), Ansel Elgort (Tony), David Alvarez (Bernardo), Mike Faist (Riff), Josh Andrés Rivera (Chino), Bryan d’Arcy James (Sergente Krupke) e Corey Stoll (Tenente Schrank).

Una storia d’amore, ma soprattutto un film politico, che punta i riflettori sull’era Trump, il razzismo sistemico e le violenze della polizia. Una narrazione che si adegua ai nuovi canoni, con molti attori di origine ispanica e un personaggio transessuale, Anybodys, interpretato da Iris Menas. La questione etnica assume una grande importanza e sottolinea il divario culturale tra i due gruppi di immigrati, grazie anche all’introduzione, voluta, di parti recitate in spagnolo che non presentano alcun sottotitolo.

Le   bande vivono una perenne guerra tra ultimi che si basa sulla paura ancestrale del diverso, ma sono entrambe accomunate dalla miseria e da un sistema classista e repressivo che li vuole in lotta tra loro e relegati all’ultimo gradino della scala sociale.

Spielberg eccelle nella messa in scena, da grande interprete del cinema contemporaneo, creando quadri scenici visivamente perfetti, con coreografie cariche di energia in ambienti curati fin nei minimi particolari.

Una danza, di suoni, musica e colori sgargianti, dove la fotografia di Janusz Kaminski disegna un vero affresco pirotecnico tra luci che si riflettono nell’acqua, riflessi sul pavimento, le ombre sul lenzuolo nel bacio tra Bernardo e Anita e l’immagine di Maria, una bravissima Rachel Zegler al suo debutto, davanti allo specchio mentre si mette il rossetto, di sapore fortemente Hitchockiano.

Spielberg ingabbia Maria dietro le griglie della scala antincendio e costringe Tony a volteggiare e saltare alla ricerca del bacio e del calore della sua amata, gioca con lo scintillio della pioggia come in un film di Gene Kelly, ritrovando la leggerezza del genere con i cocomeri che si sganciano dal camion e gli oggetti che ballano e giocano in un vortice di euforia.

Come in ‘ET’ i sogni da bambino del regista premio Oscar si mescolano ai suoi ricordi di sempre, per dare vita ad un racconto capace di sussurrare ancora magia, lasciando cedere il passo all’emozione, in nome di una versione più solida e concreta, che si distacca dalla forte valenza musicale originaria, incidendo la traccia personale e politica del regista nell’odierna società.

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Chiaretta Migliani Cavina

Il Voto della Redazione:

8


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