West Side Story, la sceneggiatura completa tra amore e identità dell’adattamento diretto da Steven Spielberg.
La sceneggiatura del nuovo adattamento cinematografico di West Side Story, firmata da Tony Kushner e diretta da Steven Spielberg, rappresenta un’importante reinterpretazione del celebre musical di Broadway del 1957. Kushner, vincitore del Premio Pulitzer e del Tony Award, affronta con grande sensibilità e intelligenza il compito di dare nuova voce a una storia classica, arricchendola di sfumature contemporanee senza tradirne l’essenza.
West Side Story è, prima di tutto, una rivisitazione moderna della tragedia di Romeo e Giulietta, ambientata nella New York del secondo dopoguerra, dove due gang – i Jets e gli Sharks – si contendono il controllo di un quartiere in piena trasformazione. Ma, come sottolineano sia Spielberg che Kushner, questa storia non è solo un dramma d’amore tra Tony e María: è anche una potente metafora dei conflitti sociali, razziali e culturali che, allora come oggi, attraversano la società americana.
Il lavoro di Kushner sulla sceneggiatura che grazie a Deadline, potete leggere qui: WEST SIDE STORY, è stato accurato e rispettoso, ma anche coraggioso. Senza alterare l’architettura originale dell’opera – scritta da Arthur Laurents, con le musiche di Leonard Bernstein e i testi di Stephen Sondheim – Kushner ha ampliato i dialoghi, dato maggiore profondità ai personaggi, e inserito nuove scene che aiutano a chiarire i contesti sociali e storici in cui si muovono i protagonisti. In questa nuova versione, i personaggi non sono semplicemente “buoni” o “cattivi”, ma portano con sé le contraddizioni, le ferite e le speranze del tempo in cui vivono.
Particolarmente interessante è il modo in cui la sceneggiatura affronta il tema dell’identità culturale. Gli Sharks, ad esempio, sono ritratti con maggiore autenticità e rispetto, e la loro esperienza di immigrati portoricani viene esplorata con più profondità rispetto alle versioni precedenti. Questo contribuisce a rendere la storia più realistica e più vicina al pubblico di oggi, che è sempre più consapevole delle dinamiche legate alla discriminazione e all’inclusione.
La scelta di Spielberg e Kushner di non sottotitolare i dialoghi in spagnolo, presenti in alcune scene, è un atto simbolico potente: un modo per dare dignità alla lingua e alla cultura latina, senza filtri. È una scelta che rispecchia il desiderio di raccontare una storia dal punto di vista di tutti i suoi protagonisti, e non solo di una parte.
Come afferma Spielberg, la sfida principale era “prendere un capolavoro e realizzarlo attraverso un altro punto di vista e una differente sensibilità, senza compromettere l’integrità” dell’opera originale. È proprio questo equilibrio tra fedeltà e rinnovamento che rende la sceneggiatura di Kushner così efficace. Non si tratta di una semplice modernizzazione, ma di un lavoro di riscrittura consapevole, che vuole parlare ai nostri tempi.
L’intento è chiaro: mostrare come West Side Story, a più di 60 anni dalla sua prima rappresentazione, sia ancora una storia viva, urgente, attuale. In un’epoca segnata da divisioni sociali, tensioni razziali e crescenti disuguaglianze, il messaggio centrale del musical – che l’amore può esistere anche tra chi appartiene a mondi opposti – risuona con forza rinnovata.
Kushner conclude che West Side Story è una tragedia perché l’amore, da solo, non basta a vincere l’odio quando questo è radicato nella società. Ma è anche un’opera di speranza, perché mostra che il cambiamento è possibile, e che la comprensione reciproca è il primo passo verso un mondo migliore.
In definitiva, la sceneggiatura di questo West Side Story non è solo un esercizio di stile o un omaggio nostalgico. È un atto politico, artistico e umano che riporta sotto i riflettori una storia di ieri per farci riflettere sul nostro presente