Vox Lux, la recensione: Una Strage di Potenziale Inespresso

La recensione di Vox Lux, il film diretto dal regista Brady Corbet con Natalie Portman, una strage di potenziale inespresso.

Il film Vox Lux, diretto dal regista Brady Corbet, si apre con un’immagine forte e disturbante: uno studente, visibilmente turbato, fa il suo ingresso in aula pochi minuti dopo il suono della campanella. Il suo aspetto è inquietante: il volto pallido, le pupille dilatate come quelle di un demone, e l’agitazione che traspare da ogni gesto. È il preludio di un attacco violento che culminerà in una strage, dove la prima vittima è l’insegnante, seguita da compagni di classe. Il ragazzo, in uno stato di totale confusione, agisce in modo scoordinato, ma inesorabile. La scena è drammatica, e la sensazione di smarrimento e terrore è palpabile.

La giovane Celeste, interpretata da Raffey Cassidy nella sua versione adolescenziale, è l’unica sopravvissuta a questa carneficina. Il trauma subito, sia fisico che psicologico, segnerà profondamente la sua vita, ma non impedirà il suo ascendente verso il successo. Da adolescente traumatizzata, Celeste intraprende una carriera musicale sotto la guida di un discografico interpretato da Jude Law. Con il tempo, diventerà una star della musica pop, ma il successo avrà un prezzo altissimo, che non solo infliggerà danni alla sua psiche, ma anche ai suoi rapporti personali, in particolare con la sorella Eleonor, interpretata da Stacy Martin, e con sua figlia.

Il film di Corbet si snoda attraverso un arco temporale che va dal 1999 al 2017, e analizza gli effetti devastanti che eventi traumatici, come la strage e la fama, hanno sulla vita di Celeste, ma anche sul mondo in generale. L’opera affronta temi profondi, come il trauma generazionale, la spettacolarizzazione della violenza e la disconnessione dalla realtà, ma lo fa attraverso uno stile narrativo che fatica a trovare un filo conduttore solido. In questo senso, la regia di Corbet, pur ambiziosa, risulta a tratti dispersiva e poco incisiva.

Natalie Portman, che interpreta la versione adulta di Celeste, è sicuramente una delle note positive del film. Tuttavia, il suo personaggio non è sufficientemente sviluppato e risulta, in alcuni momenti, sottotono. La performance di Portman è indubbiamente affascinante, ma non riesce a sopperire alla mancanza di un personaggio ben costruito, che alla fine risulta difficile da comprendere pienamente. La sua Celeste appare come una figura tormentata, ma la sceneggiatura non fornisce abbastanza elementi per empatizzare con lei, rendendo difficile per lo spettatore entrare in sintonia con la sua discesa nella spirale di autodistruzione.

Vox Lux, purtroppo, non riesce a mantenere la tensione emotiva che il suo inizio prometteva. Nonostante la forza della scena iniziale e le potenzialità delle tematiche trattate, il film finisce per smarrirsi in una rappresentazione di eventi che sembrano troppo slegati tra loro, perdendo di vista il filo conduttore. Le sue riflessioni sulla fama, sulla violenza e sulla psicologia del protagonista rimangono in superficie, senza mai approfondire in maniera adeguata l’impatto che questi temi hanno sulla vita di Celeste e sul contesto sociale. Il film scivola così in un terreno di luoghi comuni, senza riuscire a stabilire un’identità narrativa definita.

Il finale, con il suo tono eccessivo e quasi surreale, non fa altro che accentuare le difficoltà di Vox Lux nell’approfondire le sue idee e nel creare una connessione emotiva autentica con lo spettatore. In conclusione, Vox Lux delude le aspettative, lasciando il pubblico con la sensazione di un’opera incompiuta, che aveva tutte le potenzialità per diventare un’analisi potente e incisiva sul nostro tempo, ma che finisce per smarrirsi nel suo stesso intento.

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Emanuela Giuliani


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