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Volevo Nascondermi, la recensione: l’anima tormentata di Ligabue

La recensione del film con Elio Germano: Volevo Nascondermi, nel cuore del margine: l’anima tormentata di Ligabue.

Con Volevo Nascondermi, Giorgio Diritti realizza un’opera intensa e toccante, che travalica i confini del biopic per diventare una profonda riflessione sull’identità, la diversità e la necessità di esprimersi attraverso l’arte. Al centro del racconto c’è Antonio Ligabue, pittore visionario ed emarginato, figura fragile ma dotata di una forza creativa prorompente, la cui esistenza dolorosa viene messa in scena con rara sensibilità.

Diritti evita la narrazione convenzionale e preferisce una costruzione visiva e sensoriale che ci conduce nei luoghi, nei silenzi e nei tormenti del protagonista, la regia, asciutta ma poetica, ci mostra un mondo deformato e vibrante, specchio della percezione distorta ma autentica di Ligabue. La macchina da presa si sofferma sui dettagli, sulla natura, sugli sguardi: tutto partecipa alla creazione di un’atmosfera inquieta, densa, a tratti allucinata.

L’interpretazione di Elio Germano è il cuore pulsante del film, l’attore infatti si immerge completamente nel ruolo, trasformandosi fisicamente e interiormente, dando vita a una performance straordinaria. La sua recitazione, intensa e misurata, evita ogni eccesso, restituendo con verità le contraddizioni di un uomo diviso tra istinto e desiderio di amore, tra aggressività e profonda vulnerabilità. Il trucco lo rende irriconoscibile, ma è il lavoro sul corpo e sulla voce a rendere memorabile il personaggio.

La vicenda segue le tappe principali della vita di Ligabue: dall’infanzia traumatica all’espulsione dalla Svizzera, fino al ritorno in Italia e all’isolamento nei boschi. In questo contesto, l’arte diventa per lui un linguaggio salvifico, un mezzo per raccontare ciò che le parole non riescono a dire. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati segna un momento di svolta, ma il film non indulge nella retorica del “genio scoperto”: anche nel successo, Ligabue resta una figura tragica, prigioniera dei suoi fantasmi.

Volevo Nascondermi affronta con lucidità temi universali: la marginalità, l’esclusione, la difficoltà di essere accettati in un mondo che rifiuta la diversità. Ligabue diventa simbolo di chi lotta per affermare la propria esistenza, nonostante il rifiuto sociale. Il film richiama alla mente opere come Shine o A Beautiful Mind, ma se ne distingue per la sua sobrietà e radicamento nel paesaggio italiano, splendidamente restituito dalla fotografia di Matteo Cocco. I toni terrosi, la luce naturale, le inquadrature della Bassa padana contribuiscono a creare un universo visivo potente e coerente.

La colonna sonora, discreta ma incisiva, accompagna i movimenti nervosi del protagonista, sottolineando la sua inquietudine e il bisogno disperato di appartenenza. Ogni gesto pittorico, ogni grido o sussurro diventano forme di comunicazione profonda, tracce di un’umanità spezzata ma ancora capace di bellezza.

In conclusione, Volevo Nascondermi è un film di rara intensità emotiva e profondità espressiva, grazie alla regia ispirata di Diritti e alla prova maiuscola di Elio Germano, la figura di Ligabue emerge in tutta la sua complessità: non un semplice “diverso”, ma un artista che ha saputo trasformare la sofferenza in creazione, la solitudine in linguaggio. Un’opera che commuove, scuote e invita a guardare con occhi nuovi chi troppo spesso viene nascosto.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

8


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