La Veritè di Kore-eda: un’esplorazione dei legami familiari

La Veritè, la recensione del film diretto da Kore-eda apertura della 76esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

La 76esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha ufficialmente preso il via, e quest’anno l’apertura è spettata a un regista pluripremiato: Kore-eda Hirokazu, vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 2018 per Un Affare di Famiglia. Con il suo nuovo lavoro La Verità il regista giapponese si allontana dalle storie ambientate nel suo paese d’origine, mettendosi alla prova con una produzione completamente fuori dai confini del Giappone e una lingua straniera, quella francese. Una sfida non da poco, che riflette una nuova fase della sua carriera, ma che, come sempre, rimane fedele al tema che lo caratterizza: la complessità dei rapporti familiari.

Nel 1995, Kore-eda aveva fatto il suo debutto al Lido con Maborosi, premiato con l’Osella per la Miglior Fotografia e Sceneggiatura, e nel 2017 aveva partecipato con The Third Murder. Con La Verità torna ad esplorare il fragile terreno delle relazioni familiari, concentrandosi sul rapporto madre-figlia, un tema che l’autore giapponese ha già affrontato in passato con una delicatezza unica. La trama si sviluppa attorno a Fabienne, una star del cinema francese interpretata da una straordinaria Catherine Deneuve, e sua figlia Lumir, interpretata da Juliette Binoche, che si ritrovano a dover affrontare verità sepolte da tempo.

Quando Fabienne pubblica la sua autobiografia, il passato oscuro che le unisce a Lumir emerge, facendo venire a galla vecchi rancori e piccole bugie non dette. Con uno stile che si caratterizza per l’ironia tagliente, Kore-eda mette in scena un conflitto generazionale e familiare che esplora le difficoltà di comunicazione e la necessità di svelare segreti sepolti per troppo tempo. Il film mette a nudo le fragilità dei personaggi, che sono costretti a vedersi attraverso gli occhi dell’altro, comprendendo e rivelando le ragioni che hanno plasmato il loro comportamento.

Il regista giapponese riesce ancora una volta a creare un affresco delicato e profondo, in grado di restituire con eleganza l’intensità del legame familiare e la necessità di una verità che, seppur dolorosa, libera i protagonisti. La Verità è una riflessione sul significato della famiglia e sulla tensione tra la realtà e l’illusione, tra la verità e le bugie che, a volte, sono l’unico collante che tiene insieme le persone.

Kore-eda, parlando del suo approccio al film, ha sottolineato che la sfida di lavorare con un cast francese in una lingua straniera è stata possibile grazie alla fiducia e all’impegno degli attori e del team tecnico. La sua riflessione su cosa renda tale una famiglia – se la verità o le bugie – è al centro di La Verità, un’opera che invita gli spettatori a riflettere su come ognuno di noi affronta le proprie verità e menzogne familiari.

Tuttavia, nonostante la maestria registica e le performance straordinarie di Deneuve e Binoche, il film soffre di un ritmo lento che, se da un lato permette di assaporare le sfumature emotive dei personaggi, dall’altro penalizza la visione, appiattendola e portando a una conclusione che, seppur giustificata dalla narrazione, lascia un sapore tiepido e privo di grande impatto. Il finale, infatti, non entusiasma come ci si sarebbe aspettati, chiudendo il film con una sensazione di calore moderato, ma privo di vera verve. Nonostante ciò, La Verità rimane un’opera che merita attenzione per la sua riflessione sulle dinamiche familiari e sul modo in cui i segreti, siano essi grandi o piccoli, influenzano la vita dei protagonisti.

© Riproduzione Riservata

Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

6


Pubblicato

in

da

Tag:

Articoli recenti