Un Sogno per Papà – Recensione: una storia semplice dai buoni sentimenti

“Un Sogno per Papà” – Recensione: una storia semplice dai buoni sentimenti

Una storia d’amore e di responsabilità tra un figlio protettivo e maturo ed un padre problematico ed inquieto. Il piccolo Theo, giovane promessa del calcio soprannominato “formica”, decide di riportare la speranza nella vita del genitore, un uomo deluso e solitario, dall’inclinazione alla rissa ed all’alcool.

Una pellicola dall’animo prenatalizio e sincero quella sceneggiata e diretta da Julien Rappeneau, intrisa di leggerezza ed ironia, dai vivaci colpi di scena e da un’atmosfera quasi fiabesca.

Forse non ci siamo chiesti mai abbastanza quanto può essere profondo e determinante il rapporto tra un padre ed un figlio, e “Un Sogno per Papà” lo analizza a pieno, scavando nelle dinamiche e nella forza che questo rapporto possiede, viste attraverso gli occhi del bambino. Assistiamo ad una giovinezza che si guarda indietro e che deve confrontarsi con le proprie radici per rafforzare un amore inaspettato, unico legame rimasto con la società, tra delusioni e ricadute. “I genitori sono persone come tutte le altre ed una volta capito questo la smetterai di rimanere male per queste cose” recita una battuta del film.

Theo ha una grande passione condivisa con suo padre Laurent, quella del calcio e nel momento in cui vede quest’ultimo in forti difficoltà, depresso e senza la forza di rimettersi in gioco e trovarsi un lavoro, decide di procuragli un’iniezione di ottimismo, e quale migliore prospettiva di un possibile futuro come stella dell’Arsenal?

E così la bugia a fin di bene detta da Theo, innescherà un vero effetto domino, che darà vita ad una serie di ripercussioni dal ritmo incalzante, tra episodi singolari e divertenti evoluzioni.

Una favola delicata, ma tenacemente convincente e connotata grazie alle ambientazioni adolescenziali ed alla bravura dei due interpreti, Francois Damiens, nerboruto e penetrante, e Maleaume Paquinu, una perla rara di innocenza e talento. Due identità maschili minuziosamente unite che rappresentano anche due generazioni. Quella degli emarginati quarantenni in crisi d’identità, privi oramai di ogni ruolo attivo nella comunità e nella famiglia, e quella delle nuove leve dalla precoce personalità adulta, che si fanno carico degli errori dei padri impegnandosi fino all’impossibile per cambiarne il percorso distruttivo. Ed è in tal modo che i bambini di oggi, in situazioni difficili, tendono a responsabilizzarsi troppo per il bene dei loro genitori, a volte anche impietosi e crudeli. “Guarda che se partirai con papà non diventerai un calciatore, diventerai un barman”.

Problematiche sociali importanti come la diversità, l’emarginazione, l’alcolismo, e i divorzi alimentano questo lungometraggio che nonostante i pesi sa risollevarsi, donando leggerezza proprio come un’autentica commedia francese, con garbo e sagacia. Un contorno ben congegnato, dai lineamenti teneramente umani come gli amici di Theo, che presentano anche loro fragilità psicologiche e fisiche, di cui prendersi cura, ed un vero deus ex machina come il personaggio dell’allenatore, il quale dimostra il proprio ardore per lo sport con le proprie citazioni calcistiche “chiunque pensi che la vittoria non conti niente, non penserà mai niente”.

“Un Sogno per Papà”, è una vicenda straordinaria, profondamente espressa anche dalla musica, parte integrante della narrazione del film e legata a doppio filo ai protagonisti stessi, come la canzoncina con le lettere dell’alfabeto che Laurent ascolta per imparare l’inglese. L’amore e la maturità sono i punti di forza di ogni rapporto e raffigurano il fil rouge che si dipana per tutta la pellicola, semplice ma intenso, convincente proprio per la sua immediatezza.

“Continua a piantare i tuoi semi, perché non saprai mai quali cresceranno – forse lo faranno tutti” (Albert Einstein)

Chiaretta Migliani Cavina

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Il Voto della Redazione:

7


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