“Un anno con Salinger” – Recensione: proteggi sempre il tuo santuario
“Scrivi anche solo 15 minuti la mattina, ma proteggi il tuo santuario”
“Un anno con Salinger” è tratto dall’omonimo romanzo di Joanna Rakoff, di cui ne sceglie i passi più significativi e li integra con una struttura leggera, in delicata congiunzione tra letteratura e cinema.
Siamo a New York, negli anni 90, Joanna, interpretata da Margaret Qualley, dopo aver lasciato gli studi di specializzazione universitaria con l’ambizione di diventare scrittrice, viene assunta come assistente di Margaret, una titanica Sigourney Weawer, che altri non è che l’algida agente letteraria di J.D. Salinger.
Il compito iniziale affidato a Joanna è rispondere, con un messaggio precompilato dall’agenzia, alle migliaia di lettere inviate dagli ammiratori dell’autore de “Il giovane Holden” a cui il romanzo ha cambiato la vita.
Ma Joanna, rapita dall’intimità e dal vissuto di quelle stesse lettere, si rifiuta di rispondere con un format impersonale e decide di ricambiare con un messaggio personalizzato.
Lei vive di sogni e solo alimentandoli trova il suo scopo nella vita di tutti i giorni, e non rinuncerebbe mai a quel luogo così suggestivo, con le foto degli scrittori alle pareti simili a divinità e dai manoscritti cosi avvincenti nel loro mistero. Allo stesso modo non rinuncia a mangiare un gelato al Waldorf Astoria, spendendo 15 dollari ma avvolta dal mito, dal simbolo di un’era, e ricordando quando da bimba lo faceva con suo padre.
Quando sceglie di mangiare da sola la costosissima cheesecake, Moon River suona in sottofondo e sembra di veder spuntare Holly Golightly. Siamo nel 1996, tanti anni dopo Colazione da Tiffany, ma nonostante questo risente ancora degli echi di quel lontano passato.
“Adoro guardare le persone mentre passeggiano, sembrano tutte avere una vita interessante”
Una vita del qui ed ora? O dei sogni e dei ricordi? Il passato in fondo crea le radici per il presente e allunga le chiome per il futuro? Ma quelle chiome saranno salde? Quando Holden Caulfield vuole conoscere cosa accade alle anatre del lago di Central Park in inverno, mostra anche lui di avere paura del futuro.
Il film è un racconto di formazione che narra di emozioni senza tempo e di difficoltà nell’essere se stessi. Nel rapporto stesso tra Joanna e Margaret ci sono richiami dal passato, quello stesso scontro che demarca “Il diavolo veste Prada”, seppur meno stiloso e con più umanità viva.
Ricorda anche la famosa serie “Chiami il mio agente” nello stesso modo di fare bizzoso e furente di Margaret, perchè in fondo gli agenti dello spettacolo e quelli letterari si assomigliano nelle nevrosi e nel cercare di scendere a patti con gli affari ed il talento. Ma quale persona poteva mai essere più adatta per difendere la privacy di Salinger?
Uno scontro quello tra Joanna e Margaret, che poi diventa incontro e intimità, e diventa anche un territorio di crescita. Sono importanti dicotomie quelle affrontate, conflitti insiti nella società, tra amore e ambizione, successo e talento, il vecchio e il nuovo che avanza.
Un amore “che ha la sua anima da sfamare” e l’impossibilità di mostrare se stessi al mondo.
“Ma se non puoi rivelare al mondo le tue emozioni cosa dovresti fare, come potresti andare avanti? Se non puoi esprimere le tue emozioni cosa sei?”
“Un anno con Salinger” mette il personaggio di Salinger come memoria di un’epoca sullo sfondo e avanza con un percorso di consapevolezza per Joanna, una strada lastricata in un luogo senza suoni dal futuro, con una direttrice che vede il diavolo nella tecnologia, senza computer o altre amene modernità. Salinger è un’ombra che si allontana nel parco, una voce al telefono, una foto sulla parete e ultimo, ma non ultimo …un’ispirazione.
Una fonte di ispirazione per i suoi ammiratori, di cui conosciamo il volto e la storia, per capire come il giovane Holden ha cambiato le loro vite.
Una favola educativa, che vuole essere sentimentale senza riuscire ad esserlo, ma che riesce a trasmettere la positività per il futuro, incerto, ma saldamente ancorato ai valori del passato, all’icona di quel Salinger, che molti anni prima aveva dato vita ad un giovane in bilico tra la disperazione e l’ottimismo, per un conflitto che ancora vive e vivrà.
“Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, finisce che sentite la mancanza di tutti”
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Chiaretta Migliani Cavina
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