La recensione del film di Thomas Vitenberg Un altro giro: La danza tra libertà e distruzione nell’alcolismo quotidiano.
Il 20 maggio arriva sui grandi schermi italiani Un altro giro, il pluripremiato film diretto da Thomas Vinterberg, che ha conquistato il pubblico e la critica fin dalla sua presentazione alla quindicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, per poi trionfare agli Oscar 2021 con la statuetta per il Miglior Film Internazionale. Una pellicola che si addentra in un tema tanto affascinante quanto pericoloso: gli effetti dell’alcol sulla mente umana.
Il film racconta la storia di quattro insegnanti di mezza età, intrappolati nella monotonia della loro vita quotidiana e privi di stimoli, che decidono di mettere in pratica una teoria alquanto controversa dello psicologo norvegese Skårderud. Secondo questa teoria, gli esseri umani dovrebbero essere nati con una piccola quantità di alcol nel sangue, in quanto quel leggero inebriamento avrebbe la capacità di aprire la mente, abbattere le incertezze e stimolare la creatività. Motivazioni discutibili, ma sufficienti per spingere questi docenti, stanchi di un’esistenza opaca e senza slanci, a intraprendere un esperimento: mantenere costante, durante tutta la giornata, il livello di alcol nel sangue a una percentuale di 0,005.

Se Winston Churchill riuscì a vincere la Seconda Guerra Mondiale stordito dall’alcol, quale effetto avrebbe avuto una dose modesta di alcol su di loro e sui loro studenti? I risultati iniziali sono sorprendenti: l’esperimento sembra dare frutti straordinari. La paura, l’insicurezza e l’apatia che avevano segnato le loro vite cedono il passo a una ritrovata vitalità e determinazione. La sicurezza in se stessi si riflette immediatamente nelle loro classi, e quello che era iniziato come un semplice esperimento si trasforma in un’indagine accademica, che trova il suo leader in Martin, interpretato magistralmente da Mads Mikkelsen.
Tuttavia, come spesso accade, le cose non sono mai così semplici. Un bicchiere dopo l’altro, la situazione inizia a mutare. Mentre alcuni dei protagonisti vedono crescere il loro successo personale e professionale, altri perdono progressivamente il controllo, e l’alcol, da fonte di liberazione, diventa un’arma a doppio taglio. Se la storia ci ha insegnato che grandi pensatori, artisti e scrittori, come Tchaikovsky e Hemingway, trovarono ispirazione nel bicchiere, la pellicola ci ricorda che questo tipo di audacia porta inevitabilmente a conseguenze tragiche. Il confine tra i benefici e i pericoli dell’alcol è estremamente sottile e facilmente oltrepassabile.
In Un altro giro, Vinterberg dipinge un ritratto complesso e stratificato della vita e dei suoi pericoli, una riflessione intensa sul fragile equilibrio tra la gioia di vivere e la sua potenziale distruttività. Il regista costruisce una narrazione coinvolgente, brillante e sfaccettata, che oscilla tra il divertente e il riflessivo, proponendo una riflessione sulla natura dell’alcol e sui suoi effetti sul comportamento umano. Con grande intelligenza, Vinterberg non si limita a raccontare un’avventura liberatoria, ma solleva interrogativi sulla fragilità dell’uomo, le sue insicurezze e la sua ricerca di significato.
La bellezza di Un altro giro sta nella sua capacità di essere al contempo una celebrazione della vita e una critica alla sua vulnerabilità. Il film ci invita a guardare dentro di noi, a riflettere sul nostro rapporto con le dipendenze e con i meccanismi di difesa che spesso adottiamo per affrontare le difficoltà quotidiane. Concludendo con una citazione di Kierkegaard, “Cos’è la giovinezza? Un sogno. Cos’è l’amore? Il contenuto del sogno”, Vinterberg ci offre uno spunto di riflessione profondo: la ricerca di un senso di libertà e di felicità non può prescindere dalla consapevolezza dei suoi limiti.
Un altro giro è un film che ci lascia con una sensazione ambivalente, ma profondamente umana, di gioia e malinconia, di risate e tristezza, invitandoci a confrontarci con le nostre fragilità, le nostre scelte e le nostre dipendenze. Un’opera che non solo intrattiene, ma provoca, coinvolge e fa riflettere a fondo sul prezzo che siamo disposti a pagare per cercare la felicità.
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Emanuela Giuliani
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