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Thunderbolts*, la recensione: da supercriminali a quasi eroi

La recensione di Thunderbolts*, il nuovo attesissimo film Marvel Studios nelle sale italiane dal 30 aprile 2025.

Noti per essere ex supercriminali e antieroi dalla natura ambigua, i Thunderbolts sono tra i team più complessi dell’Universo Marvel, grazie alla loro evoluzione in improbabili eroi. Creati dallo scrittore Kurt Busiek e dal disegnatore Mark Bagley, hanno debuttato nel febbraio 1997 sulle pagine di The Incredible Hulk n.449, in una storia scritta da Peter David e illustrata da Mike Deodato Jr.

Inizialmente presentati come una nuova squadra di eroi simile ai Vendicatori e accolti con entusiasmo dal pubblico, i Thunderbolts nascondevano in realtà un oscuro segreto: erano infatti i Signori del Male sotto mentite spoglie guidati dal malvagio Barone Zemo, con l’obiettivo di guadagnare la fiducia della popolazione mondiale per poi tradirla e prenderne il controllo. Tuttavia, alcuni membri del gruppo decisero di ribellarsi ai piani del leader, sconfiggendolo e trasformando i Thunderbolts in un vero gruppo di supercriminali pentiti in cerca di redenzione.

Nel corso degli anni, dopo questa fase iniziale segnata e poi contrastata da Zemo, i Thunderbolts hanno subito varie trasformazioni passando sotto diverse leadership, e ora sono finalmente pronti a fare il loro esordio cinematografico nelle sale italiane il 30 aprile, con il 36° film del Marvel Cinematic Universe: Thunderbolts*.

Thunderbolts*: (anti)eroi con cicatrici, non mantelli

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L-R): Alexei Shostakov/Red Guardian (David Harbour), Ghost (Hannah John-Kamen), John Walker (Wyatt Russell) and Yelena Belova (Florence Pugh) in Marvel Studios’ THUNDERBOLTS*. Photo courtesy of Marvel Studios. © 2025 MARVEL.

Diretto da Jake Schreier e scritto da Eric Pearson, Thunderbolts* racconta la creazione del team sotto la guida della manipolatrice della Contessa Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus), la quale riunisce una squadra composta da personaggi tormentati che dovranno unire le forze per affrontare una missione capace di mettere alla prova non solo le loro abilità, bensì soprattutto la loro moralità.

Da Yelena Belova (Florence Pugh), ex spia della Stanza Rossa, disillusa e sarcastica, a Bucky Barnes/Soldato d’Inverno (Sebastian Stan), ex assassino dell’HYDRA in cerca di redenzione; da Alexei Shostakov/Red Guardian (David Harbour), ex eroe sovietico alla ricerca di un nuovo scopo, a John Walker (Wyatt Russell), patriottico ex Captain America caduto in disgrazia; fino ad Antonia Dreykov/Taskmaster (Olga Kurylenko), combattente programmata che cerca di liberarsi dal controllo paterno.

Ognuno porta con sé un bagaglio emotivo fatto di colpa, trauma, macchinazione e perdita, riflesso delle zone grigie dell’identità umana. La loro unione – che include anche Ava Starr/Ghost (Hannah John-Kamen), vittima di esperimenti capace di diventare invisibile, e Sentry (Lewis Pullman), figura misteriosa e potente ma dal debole equilibrio mentale, non è il risultato di un ideale condiviso, ma la conseguenza di ferite comuni e motivazioni personali spesso divergenti. Ciò che li tiene insieme di fatto non è la speranza bensì la necessità; non il desiderio di salvare il mondo, ma la paura di perdersi completamente.

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Bob (Lewis Pullman) in Marvel Studios’ THUNDERBOLTS*. Photo courtesy of Marvel Studios. © 2024 MARVEL.

Una squadra, quindi, senza alcun dubbio carismatica profondamente provata da un passato difficile e un presente incerto, Eroi riluttanti pronti a mettere in discussione la linea sottile tra bene e male, intrappolati nel piano ben orchestrato dalla stessa Contessa, che non indossano mantelli ma cicatrici.

Combattenti che dovranno scegliere se lasciarsi distruggere dalle proprie divergenze e affrontare i propri conflitti interiori, entrando, insieme, in quel vuoto che li opprime, lato oscuro della loro stessa medaglia, quel loro ‘altro io’ che può essere contenuto solo se liberato, trovando un modo per unirsi, evolversi e diventare qualcosa di più grande.

Ed è forse proprio questa complessa dualità interiore a distinguerli dagli altri gruppi Marvel. A differenza degli Avengers, per l’appunto, i Thunderbolts non sono uniti da nobili ideali, bensì da bisogni personali e motivazioni insidiose ed equivoche con cui lottano costantemente sospesi tra il desiderio di fare del bene, e la tentazione di fuggire per azzerare tutto e ripartire da capo.

Spinte queste, che permettono al film di esplorare territori come: la redenzione, vista come percorso di ricadute e compromessi; l’identità, come costruzione continua costretta a fare i conti con gli errori del passato; il libero arbitrio e la manipolazione, che emergono con forza in personaggi usati come pedine in piani più grandi insieme alla contrapposizione tra il collettivo e l’individualismo, all’interno di un gruppo dove l’unità è fragile e ogni missione è il riflesso di un duello interiore.

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(L-R): Ghost (Hannah John-Kamen), Taskmaster (Olga Kurylenko), John Walker (Wyatt Russell), Bucky Barnes (Sebastian Stan), Alexei Shostakov/Red Guardian (David Harbour), and Yelena Belova (Florence Pugh) in Marvel Studios’ THUNDERBOLTS*. Photo courtesy of Marvel Studios. © 2024 MARVEL.

Le dinamiche interne del gruppo sono spesso esplosive, tra alleanze instabili, amicizie nate dal dolore e una continua messa in discussione dei ruoli. Tutto ciò rende i Thunderbolts una sorta di microcosmo che racconta l’ambivalenza dell’essere umano: imperfetto, diviso, regolarmente in bilico tra l’aspirazione di fare il bene e la tentazione dell’auto-sabotaggio, simbolo della possibilità di cambiamento, anche per chi parte dal buio più profondo.

In un universo post-Avengers, dove l’eroismo tradizionale a quanto pare sembra essere scomparso, Thunderbolts* segna il passaggio di testimone dagli eroi iconici alle figure spezzate, dagli ideali collettivi alle battaglie personali con un mondo che non cerca più salvatori esemplari, ma persone imperfette, incomplete, disposte a rimettersi in gioco anche senza la certezza di essere dalla parte giusta. Il tutto, naturalmente, condito da una buona dose di azione, umorismo, scherno in perfetto stile Marvel, che alleggerisce la narrazione senza sminuirne eccessivamente le riflessioni di questa ‘suicide squad’: premessa, forse, dopo i flop susseguitisi all’epica conclusione di Endgame, della tanto sperata e attesa ripartenza dell’Universo Cinematografico.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


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