La recensione di: The Watchers – Loro ri guardano, film esordio alla regia di Ishana Night Shyamalan nei cinema dal 6 giugno.
Basato sull’omonimo romanzo di A.M. Shine, The Watchers – Loro ti guardano, in arrivo nelle sale italiane dal 6 giugno con distribuzione Warner Bros. Pictures, segna il debutto alla regia di un lungometraggio per Ishana Night Shyamalan, figlia di M. Night Shyamalan – qui in veste di produttore. Ishana si affaccia al panorama cinematografico internazionale con un’opera che cerca di coniugare tensione psicologica, folklore celtico e riflessioni esistenziali. Un esordio coraggioso, che da un lato rivela un potenziale visivo e narrativo interessante, ma dall’altro denuncia una certa inesperienza nel bilanciare suggestione, ritmo e sviluppo tematico.
The Watchers – Loro ti guardano, segui le regole
Al centro del racconto troviamo Mina (Dakota Fanning), una giovane artista di Dublino segnata da un trauma irrisolto, che si ritrova intrappolata in una misteriosa foresta dell’Irlanda occidentale. Una natura ostile e selvaggia, che diventa subito metafora dell’ignoto, del passato che non smette di inseguirci, del dolore che avvolge e isola.
Nella foresta, Mina incontra Madeline, una donna enigmatica che la conduce in un rifugio chiamato “il Covo”, che insieme ad altri due sconosciuti, vive lì in un equilibrio fragile, minacciato ogni notte dalla presenza di misteriose creature chiamate “Osservatori”, esseri invisibili ma incombenti, che scrutano, giudicano, e forse – in modo ancora più inquietante – imitano.
Per sopravvivere ci sono tre regole imprescindibili: Mai dare le spalle allo specchio, Mai aprire la porta dopo il calare del sole, Mai entrare nelle tane. Tre regole semplici e spietate, che scandiscono la vita nel Covo come in un rituale disturbante, in cui ogni trasgressione può costare la vita.
Un’atmosfera che incanta, una tensione che non esplode
Visivamente, The Watchers – Loro ti guardano è un’opera che dimostra sin da subito il talento registico di Ishana Shyamalan: la fotografia fredda e ovattata, le inquadrature geometriche, l’uso del silenzio e della natura selvaggia contribuiscono a creare un’atmosfera ipnotica, rarefatta, dove il mistero è costante. Il bosco non è solo ambientazione, ma vero e proprio personaggio, vivo, mutevole, con i suoi confini sfocati e le sue regole arcane.
La prima metà del film funziona: i personaggi si muovono lentamente verso una verità disturbante, e la tensione si costruisce in modo sottile, con una narrazione che lascia spazio alla suggestione più che all’azione. Tuttavia, nella seconda parte, il ritmo si fa incerto. Le domande si accumulano, le risposte tardano ad arrivare, e l’ansia che avrebbe dovuto crescere si dissolve in un intreccio narrativo che si fa prevedibile e poco incisivo.
Il film accenna anche a riflessioni più profonde – sul controllo sociale, sulla libertà, sul bisogno umano di essere visti e compresi – ma lo fa in modo superficiale, senza sviluppare davvero i temi né integrandoli pienamente nel racconto.
Un debutto promettente, ma ancora acerbo
Ishana Shyamalan dimostra una chiara sensibilità per l’immaginario gotico e fiabesco, e una visione estetica coerente e riconoscibile, tuttavia, la sceneggiatura – scritta da lei stessa – fatica a sostenere la tensione per tutta la durata del film.
Le creature, pur intriganti, rimangono sullo sfondo, mai pienamente esplorate, e la loro funzione narrativa, che avrebbe potuto aprire a sviluppi più inquietanti o filosofici, si riduce invece a un meccanismo di controllo quasi meccanico, privo di vera risonanza emotiva.
Il paragone con il padre, M. Night Shyamalan, è inevitabile: se da un lato Ishana infatti dimostra una volontà di distinguersi per tono e atmosfera, dall’altro si percepisce ancora una certa indecisione nel prendere una direzione netta, e il film resta così sospeso tra il thriller psicologico, l’horror allegorico e il dramma esistenziale, senza mai abbracciarne appieno nessuno.
The Watchers – Loro ti guardano è un debutto che merita attenzione. Non è un film perfetto, né pienamente riuscito, ma è un primo passo coraggioso di una regista giovane che mostra uno sguardo personale e un interesse per il lato oscuro dell’animo umano. Pur restando nel limbo del già visto, e lasciando un certo amaro in bocca per ciò che sarebbe potuto essere, il film ha il merito di creare un immaginario suggestivo e di porre le basi per una crescita futura.
In un’industria che spesso soffoca la creatività degli esordi sotto il peso delle aspettative, Ishana Night Shyamalan mostra di avere una voce da affinare, ma con qualcosa da dire. Il tempo, l’esperienza e – perché no – qualche scivolone lungo la strada, potrebbero trasformarla in una narratrice davvero potente.
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Emanuela Giuliani
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