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The Substance, la recensione: l’inevitabile ferocia della dottrina dell’immagine

In anteprima nazionale alla 19esima Festival del Cinema di Roma: The Substance, arriverà nei cinema il 30 ottobre.

Dopo aver stupito, o scioccato, la recente 77esima edizione del Festival di Cannes, dove si è aggiudicato la Palma per la miglior sceneggiatura, The Substance, diretto da Coralie Fargeat, regista nel 2017 dietro la macchina da presa del  rape and revenge: Revenge, è stato presentato in anteprima nazionale alla 19esima Festa del Cinema di Roma, e approderà nelle sale italiane il 30 ottobre, distribuito da I Wonder Pictures.

Con l’assoluta certezza che lascerà il pubblico a bocca aperta, The Substance è un body horror incontenibile, attraverso cui la regista conferma il proprio talento e coraggio nel portare sul grande schermo tematiche e psicosi femminili quali conseguenza della distorta e pretenziosa visione maschile che la società ha nei confronti del corpo della donna.

Una narrazione e messa in scena priva di filtri, diretta, atipica e con una buona dose di aggressività che non nasconde nulla e non si perde in ridondanti polemiche, bensì mostra fino a che punto una donna è disposta a spingersi pur di non essere dimenticata per sempre.

The Substance, sinossi

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In The Substance siamo proiettati nel mondo di Elisabeth Sparkle (Demi Moore), ex star di Hollywood, che nel corso della sua gloriosa carriera ha ottenuto tutto inclusa una stella sulla Hollywood Walk of Fame. Ma come ben si sa il tempo passa, e allo scoccare dei 50 anni, la consapevolezza di non essere più la donna più desiderata provoca dentro di lei delle profonde crepe. Spaccature che, nel momento in cui Harvey (Dennis Quaid), squallido e immorale manager, la informerà di voler affidare la conduzione del suo programma di fitness a una ragazza più giovane, fresca e bella, spezzeranno definitivamente l’animo da diva e di donna di Elisabeth.

Devastata da quell’inevitabile discesa nel vuoto, nel tornare a casa Elisabeth resta coinvolta in un incidente stradale. Ricoverata per accertamenti in ospedale, un infermiere, lasciandole nella tasca del cappotto uno strano biglietto, le offre una possibile e inusuale soluzione per soddisfare le sue ambizioni.

Inizialmente reticente, Elisabeth giunta allo stremo della disperazione e sempre più ossessionata da quel canone di giovinezza e perfezione estetica che la società impone, decide di accettare la strana proposta scendendo così, per usare un eufemismo, a patti con il diavolo. Seguendo le indicazioni di una misteriosa organizzazione, Elisabeth infatti si inietta una particolare sostanza chiamata per l’appunto: The Substance, e generando una versione di lei più giovane, più bella e soprattutto dotata di indipendenza.

Ma attenzione, non si tratta di due persone, bensì di una con due vite, con Elisabeth matrice originale la quale ben presto subirà le conseguenze della sua perfetta altra lei: Sue (Margareth Qualley), dal momento che non è tutt’oro quello che luccica, e ci sono delle regole da rispettare e un delicato equilibrio da stabilire. Le due donne difatti potranno vivere una settimana a testa nel mondo reale, e quando Sue, minita di libero arbitrio, si lascerà travolgere dal successo diventando la nuova star del programma televisivo di fitness, stravolgerà drammaticamente quella fondamentale e delicata stabilità, e a pagarne gli effetti sulla propria pelle di ogni infrazione sarà proprio Elisabeth.

The Substance, la ferocia della dottrina dell’immagine

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Folle e traumatizzante nella sua ‘audace’ capacità di esporre determinati e quanto mai attuali argomenti, senza perdersi in inutili e superflui giri di parole e rappresentazioni sceniche, The Substance, omaggiando il cinema di Carpenter e Cronenberg, giusto per citarne alcuni, e passando per titoli come: Dorian Gray ed Eva contro Eva, non lascia assolutamente indifferenti. La Fargeat costruisce una storia satiricamente entusiasmante, inquietante, orrida, grottesca, intrigante quanto basta e dalla sottile, drammatica ironia. Un quadro intelligentemente ineccepibile sotto ogni punto di vista, che inoltre non perde l’occasione di puntare il dito contro quella società americana, e non solo americana, il cui scopo è quello di creare sempre più corpi perfetti da poter vendere come modelli ‘inconici’.

Argomento a cui si contrappone l’altra faccia di questa tristissima medaglia. Se da un lato infatti c’è la ricerca dell’eterna giovinezza, se così si può definire, ecco dall’altra troviamo il rifiuto dell’invecchiare. Un rigetto, che conduce a un viscerale odio per se stessi e termina con la convinzione di poter porre rimedio, o meglio, di fermare, quello che è un naturale processo della vita ricorrendo alla chirurgia e ad ogni suo espediente. Una mera supponente illusione ovviamente quella bloccare lo scorrere del tempo, a cui la Fargeat aggiunge l’oggetificazione dell’immagine femminile dei media, e attraverso questa bellissima donna che non riconosce più se stessa, riesce a toccare sensibilmente le corde più intime e personali, poiché simbolo e specchio di una critica comune situazione.

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Magistrale, ardita e impavida l’interpretazione di Demi Moore nel ruolo della star in cerca di una nuova giovinezza Elisabeth Sparkle, la quale mette in gioco il suo volto, il suo corpo e la sua identità, offrendo una performance coinvolgente e generosa, che potrebbe lanciarla molto probabilmente di diritto verso la corsa per gli Oscar 2025. Non è da meno la sua “versione migliore e più giovane” Sue, interpretata da un altrettanto straordinaria Margaret Qualley, tanto luminosa quanto brava nel suo desiderio, prima candido e poi aggressivo, di avere successo ed essere amata.

The Substance in conclusione, è un’opera meravigliosamente feroce nel colpire con particolare astuzia la mostruosità della logorante smania legata alla disturbante dottrina dell’impeccabile immagine, sfoderando tutto il suo femminismo senza però demonizzare l’uomo, e raggiungendo l’apice con un finale squisitamente eccessivo e disgustoso.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

8


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