scena film la stanza accanto

The Room Next Door riporta Pedro Almodovar a parlare con la morte, la recensione

Julianne Moore, Tilda Swinton e John Turturro nell’opera del maestro iberico, in Concorso a Venezia 2024, per parlarci della fine vite e fine della civiltà.

Pedro Almodovar non delude le attese, perlomeno tra chi sperava di avere da lui un film che riuscisse a distanziarsi dall’ovvio, di riportarci in quel mondo di sentimenti, umanità, che lo hanno reso un punto di riferimento mondiale da decenni. The Room Next Door, tratto da “What Are You Going Through” di Sigrid Nunez, ha unito pubblico e critica per qualità ed estetica. Non uno dei suoi migliori, ma certamente un film che sa lasciare il segno.

The Room Next Door, la sinossi

scena film la stanza accanto

Per Ingrid (Julianne Moore) è un momento alquanto particolare nella sua vita di scrittrice di grande successo ed affermazione. Una delle sue migliori amiche dei tempi dell’Università, Martha (Tilda Swinton), una famosa reporter di guerra, è gravemente malata e questa notizia la getta in un profondo sconforto. Dopo averla raggiunta, la segue nelle ultime sessioni di terapia sperimentale, che però non sortiscono gli effetti sperati, il che significa che a Martha restano solo pochi mesi di vita.

Impotente di fronte a tutto questo, Ingrid però accetta di aiutare Martha in ciò che è il suo desiderio definitivo: scegliere quando andarsene, in spregio naturalmente alla legislazione e al fatto che tutto questo è illegale per la legge americana. Il tutto mentre Martha fa i conti con il suo passato, con l’essere stata una madre distante e fredda, non aver salvato il marito (Alex Høgh Andersen), reduce del Vietnam, il fatto che lei e Ingrid hanno avuto in comune anche amanti, illusioni, sogni.

Ma Ingrid davvero può accettare che Martha si suicidi? Oppure cercherà di farle cambiare idea all’ultimo? Deve anche vedersela con la figlia (Esther Rose McGregor), con cui ha un rapporto complicato.

The Room Next Door, una riflessione sulla morte e sul senso universale

The Room Next Door partiamo col dire che è un film molto atipico a livello di linguaggio, atmosfera e anche ritmo per ciò che Pedro Almodovar ci ha donato in carriera. La trama non è particolarmente avvincente o sorprendente, tutto scorre in modo lineare, ma ciò che interessa il regista iberico, tornato a parlarci dopo lo stupendo Dolor Y Gloria del fine vita, dal punto di vista interno di chi decide che non è giusto andarsene diventando lo spettro di ciò che si era. Stavolta però lo fa con un film freddo, molto freddo, a tratti veramente cupo, dove emerge anche il tema del senso di colpa, non solo quello della morte come pilastro centrale dell’iter narrativo. Elegante, molto ricercato per le scenografie e anche costumi (con una continua contrapposizione di colori autunnali ed estivi), The Room Next Door infine diventa anche una riflessione sulla morte in senso universale.

A renderla tale è la presenza di John Turturro, nei panni di un ex compagno di gioventù delle due, un ex amico che ci guida pur nel breve tempo a disposizione, a guardare dall’alto la situazione. L’imminente morte di Martha, che sia per la malattia o per sua scelta, è anche la morte di una generazione. In questo Pedro Almodovar pare quasi mettere in mezzo la sua e la successiva generazione, che non hanno evidentemente fatto abbastanza.

The Room Next Door, infatti, lega il tutto al concetto di fine universale, la morte della donna accompagna la comune sensazione di imminente catastrofe, connessa al clima, alla società, all’ambientalismo di mera facciata, alla civiltà che si è fermata. Julianne Moore è dolente, impotente spesso, simbolo di un senso di colpa per il proprio passato ed i propri errori. Tilda Swinton riesce a calibrare molto bene le diverse sfumature e fasi della sua Martha, che lotta contro la paura e assieme contro le diverse fasi dell’accettazione della sua sorte.

The Room Next Door paga forse una certa lentezza, voluta naturalmente, così come un finale dove non si capisce esattamente se e quanto Almodovar dovesse essere fedele al libro, con il personaggio dello sbirro fanatico religioso di Alessandro Nivola che non trova granché per giustificare la sua esistenza. Il film si nutre di continue metafore letterarie, visive e anche cinematografiche, è un Almodovar che riflette sulla morte, sul cambiamento, come ha già fatto in passato, ma attraverso questo due donne, dal passato chiaramente esagerato e sensuale, vitale ma forse eccessivo.

La fine arriva per tutti e per tutto, dobbiamo averne paura o accoglierla? Su questo The Room Next Door bene o male insiste per tutta la sua durata, dandoci una risposta che è mediazione non di comodo. Un film ovviamente non così accessibile come lo sono stati altri del regista simbolo della Spagna della rinascita, ma forse proprio per questo affascinante, anche se distante dalla sua eccellenza. Rimane però un film da godere, soprattutto per i fan di Almodovar, per chi pensa che il tema dell’eutanasia debba tornare al centro del villaggio, del nostro tempo così falsamente progressista.

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Giulio Zoppello

Il Voto della Redazione:

7


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