Pedro Almodovar, Tilda Swinton e Julianne More presentano a Venezia 81 l’attesissimo film: The Room Next Door.
A distanza di tre anni dal successo di Madres Paralelas, con cui aveva aperto Venezia 78, Pedro Almodovar torna al Lido per presentare in anteprima mondiale in concorso all’81esima edizione del prestigioso evento: The Room Next Door, il suo primo lungometraggio in lingua inglese che sarà distribuito nei principali territori internazionali dalla Warner Bros. Pictures.
Nelle sale cinematografiche italiane nel 2024, The Room Next Door segue la storia di una madre imperfetta e di una figlia rancorosa, separate da un grave malinteso. Tra di loro, un’altra donna, Ingrid (Julianne Moore), amica della madre, è la custode del loro dolore e della loro amarezza. Martha, la madre (interpretata da Tilda Swinton), è una reporter di guerra e Ingrid è una romanziera autobiografica.
Il film affronta la crudeltà infinita della guerra, i modi molto diversi in cui le due autrici femminili si avvicinano e scrivono della realtà, della morte, dell’amicizia e del piacere sessuale come i migliori alleati nella lotta contro l’orrore. Ma evoca anche i dolci risvegli con il cinguettio degli uccelli, in una casa costruita nel mezzo di una riserva naturale nel New England, dove le due amiche vivono in una estrema e stranamente amabile situazione.
The Room Next Door, con protagoniste Tilda Swinton e Julianne Moore, entrambe presenti alla Mostra del Cinema assiema al regista, prodotto da El Deseo è stato girato tra Madrid e New York, con il supporto di Movistar Plus+.
Pedro Almodovar: “Realizzare un film in inglese è stato come cominciare una nuova era, mi è servito il veicolo giusto per poterlo fare e l’ho trovato tra le pagine di: What Are You Going Through, un romanzo di Sigrid Nunez, e in particolare a un capitolo, a cui sono rimasto legato, in cui il personaggio di Julianne (Moore) va in ospedale a trovare la sua amica”, dice Pedro Almodovar. “Ho sviluppato i due personaggi all’interno di questa situazione; due donne di New York che appartengono ha una generazione che conosco, ovvero della metà degli anni ’80. Non è un’analisi della società americana, ma so come trattare due signore di quel periodo e conosco altre donne come loro”, spiega il regista. “Sono stato davvero felice perché pensavo che avrei avuto più problemi, ma la lingua a me estranea non è stato un problema e in linea di massima entrambe (riferendosi alla Swinton e alla Moore) hanno capito esattamente il tono con cui volevo raccontare questa storia”.
Continua parlando delle tematiche del film: “Il film ha più direzioni e non è affatto melodrammatico. Sono stato davvero fortunato perché affronta tanti temi, tanti argomenti, è la cosa più interessante è vedere al Festival Tilda e Julianne insieme”, parlando della tematica della morte e della vita dice. “E’ difficile parlare della morte. Sono nato in una regione della Spagna dove c’è una grande cultura sulla morte, più femminile che maschile in realtà, di conseguenza non avendo una grande conoscenza della morte in questa situazione sono molto più vicino al personaggio di Julianne, perchè non comprendo come qualcosa che è vivo possa morire. Per questo sono infantile e immaturo nella mia percezione. La morte è da per tutto, basta guardare i telegiornali, le notizie, ciononostante è una cosa che non ho compreso completamente”, continua. “E’ difficile per me perché ogni giorno in più che passa è un giorno in meno che ho da vivere e invece vorrei sentire di aver vissuto un giorno in più, e questo è anche uno dei problemi dei personaggi. Quando giravamo nella casa della foresta mi sono sentito vicino a loro, mi sono sentito che eravamo noi tre e con noi c’era la morte. Avevo questa sensazione di presenza. Il personaggio di Julianne impara cosa significa vivere con la morte, dal momento che ci sarà di sicuro una morte in quella casa, ed ecco perché mi sono sentito molto più vicino a lei. Non comprendendo completamente cosa significa la morte, è stata una lezione importante quella che il personaggio di Tilda ha dato a me e a Julianne. Inoltre si tratta anche di un film sull’empatia di Ingrid (il personaggio vestito dalla Moore), sulla generosità, sulla profondissima amicizia, sulla capacità di aiutare qualcuno e di una donna agonizzante in un mondo agonizzante”.
“Abbiamo parlato così tanto della vita che sembri che il film tratti della vita, e devo confessare che mi sento più vicina in termine di atteggiamento di esperienza a Martha più che a Ingrid”, afferma Tilda Swinton. “Non mi sono mai confrontata con la morte, so che finiamo so che il viaggio della vita può essere più lungo per certe persone, mentre per altre della mia vita è arrivato presto. So che la morte arriva e la vedo arrivare, sostengo i miei amici quando devono fare questo passaggio, diciamo questa transizione, ma parliamo tanto di vita, non parliamo mai di morte. Cosa possiamo dire della morte, si può parlare di morire dell’autodeterminazione, di qualcuno che decide assolutamente di prendere la propria vita e la propria morte nelle proprie mani, e renderla quello che lei vuole per quanto può”, dice e continua parlando del suo personaggio. “Lei vuole dare luminosità alla vita non vuole morire. La decisione di Martha, quando Ingrid le chiede dove vuole essere, cosa vuole fare in quest’ultima settimana e lei risponde che non vuole essere in un posto familiare, ha quest’idea di avventura, di trasporto, una vacanza. Per me è stato davvero reale e mi sono sentita fortemente in relazione con questo personaggio e il suo atteggiamento. E’ una storia d’amore, e quando parlo di amore parlo di quella cosa molto essenziale dell’amicizia”.
Infine Julianne Moore dichiara: “C’è una vitalità così forte nei film di Pedro, si sente battere il cuore di tutti. Che cosa significa essere vivi, che cosa significa essere umano, che cosa significa avere un corpo, avere amici, cosa significa avere dei testimoni come Ingrid. Sono stata davvero emozionata da questo personaggio che dice: ‘Starò con te’. Lei aveva paura, era terrorizzata da questa esperienza con un’amica dei tempi passati, che conosce da quando aveva 20 anni. E’ presente per lei, la fa sentire ancora più viva, è una lezione che tutti dobbiamo affrontare. Quando si rompe un bicchiere lo conservi con più cura, ed è questa è la condizione in cui viviamo e che Pedro riesce a impersonificato così meravigliosamente nel suo film. Te ne vai capendo di aver visto te stesso e gli altri esseri umani, e più grato dei giorni che hai vissuto”.
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Emanuela Giuliani