Michael Fassbender mattatore nel crime di David Fincher: The Killer, un sontuoso racconto di gelida crudeltà e vendetta – la recensione
Per una volta le speranze non sono state vane. Dove Mann ha parzialmente deluso, dove Polanski ha tradito, David Fincher invece ha fatto assolutamente centro. The Killer è grandissimo film, un crime di quelli che lasciano il segno, che innovano la rappresentazione stessa dell’assassino come fino ad oggi è stato concepito. Citazioni? Certamente, ma non così tante, non così pesanti, quanto una genuinità intima, chiara, cristallina, in un film che sa quello che vuole e come ottenerlo, grazie ad un Michael Fassbender in stato di grazia.
David Fincher ci dona un Killer lontano dall’epica
Un uomo sta per morire a Parigi. Non sappiamo chi è o perché, sappiamo solo che difficilmente scapperà dal proiettile sparato dal Killer (Michael Fassbender) che fin dall’inizio ci appare una macchina di disciplina, concentrazione, perfezionismo. Invece, per colmo della sfortuna, il colpo fallisce e il Killer è costretto a comunicare al suo superiore, l’Avvocato Hodges (Charles Parnell) il suo fallimento. La reazione è immediata: due “colleghi” fanno visita alla sua fidanzata Magdala (Sophie Charlotte) a Santo Domingo, nella sua tenuta, lasciandola in fin di vita. Il Killer non ha altra scelta (né la vorrebbe) se non intraprendere una strada di vendetta e rappresaglia che però si rivelerà tutt’altro che semplice e lo porterà a diversi compromessi rispetto al suo adamantino codice d’azione.
The Killer fin dall’inizio sposa una visione minimal, realistica, priva di phatos o di appagamento estetico, si distanzia completamente dall’action puro alla John Wick ma pure dall’eleganza di capolavori come Le Samourai di Jean-Pierre Melville, forse ha più cose in comune con Il Giorno dello Sciacallo di Fred Zinnemann, con questo killer umanissimo ma che si spinge verso il limite estremo della mancanza di empatia.
Fassbender presta il suo fisico atletico ma nervoso, scevro da ogni sensualità, ad un personaggio che è tra i più sgradevoli e affascinanti della sua carriera. Il Killer è spietato per necessità ma non per narcisismo, non è Chigurh di Bardem, neppure il Chow-Yun Fat che John Woo ha voluto sempre in cerca di redenzione. Nessuna redenzione, nessuna strizzata d’occhio a Luc Besson e discepoli, è un assassino per vocazione e misantropia, per opportunità e talento. Segue regole e tattiche con una disciplina militare, è armato di una determinazione che però pare sempre sul punto di vacillare, eppure torna sempre in pista, sceglie sempre seguendo una fredda ma coerente logica.
L’assenza di una moralità ma non di un’emotività
Michael Mann in Collateral aveva creato attorno a Tom Cruise una patina di fascino manipolatore e istrionico, The Equalizer ha reso Washington un angelo vendicatore. Fincher invece in The Killer lo priva di tutto questo, non deve affascinarci, non ci vuole sedurre, ci vuole uccidere. Lo fa nel modo più semplice, lineare e realistico possibile. Niente Kung-Fu o traiettorie strane, niente coraggio o ardimento, si tratta di seguire una pista, un piano, di fare ciò che va fatto perché sì. Non vi è la poesia di The Ghost Dog di Jarmush, ma un uomo che lotta contro la naturale empatia perché altrimenti tutto sarà vano.
La freddissima fotografia di Erik Messerschmidt è perfetta per un’odissea nella morte che fa assomigliare ogni luogo, mentre seguiamo questo trasformista che non usa maschere o trucchi, ma semplicemente sa come sembrare un tipo anonimo e qualunque.
Fassbender usa ogni oncia della sua freddezza a metà tra reclusione dell’emotività e sua rivelazione senza mezzi termini. The Killer ci parla della morte come mestiere ma anche come scelta. Non è un mostro, è un uomo che lavora con la morte e che si è costruito un’isola attorno, che uccide quando deve e non quando vuole.
La modalità di narrazione diventa così il grande protagonista di questo film che è crudo, distante dal neo-noir e dal western urbano, quasi l’autopsia di una figura narrativa elevata oltre la realtà, quella che Fincher in realtà ama anche nei suoi voli di fantasia più estremi. Ritmo e regia meravigliosi, scene d’azione spartane e per questo inedite nel barocchismo recente, The Killer è l’ennesima pennellata sanguinosa di un grande autore.
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Giulio Zoppello
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