“The Hanging Sun – Sole di mezzanotte”: i figli sbagliano i genitori perdonano
Film di chiusura della 74esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: “The Hanging Sun – Sole di mezzanotte”, il film fuori Concorso, opera prima di Francesco Carrozzini, tratto dall’omonimo romanzo di Jo Nesbø.
Scritto da Stefano Bises, e interpretato da Alessandro Borghi, Jessica Brown Findlay, Sam Spruell, Frederick Schmidt, Raphael Vicas, con Peter Mullan e Charles Dance, “The Hanging Sun – Sole di Mezzanotte”, è un thriller drammatico ambientato tra le atmosfere rarefatte dell’estate norvegese, con al centro le tematiche della famiglia, del rapporto padre/figli, della società dove a prevalere è una prepotente mascolinità, e dell’incontro tra anime spezzate.
Una storia cupa, dove i personaggi hanno percorsi speculari, con la comprensione, i sentimenti repressi, da un potere esercitato dagli altri, e la salvezza, si celano tra i silenzi e gli intensi sguardi, in grado di trasmettere e comunicare più delle parole. Dove “i figli sbagliano, i genitori perdonano”.
John (Alessandro Borghi) è in fuga. Trova riparo nel fitto della foresta, vicina a un villaggio isolato dell’estremo Nord, dove domina la religione, il sole non tramonta mai e le persone sembrano appartenere a un’altra epoca. Tra lui e il suo destino ci sono solo Lea (Jessica Brown Findlay), una donna in difficoltà ma dalla grande forza, e suo figlio Caleb, un bambino curioso e dal cuore puro. Mentre il sole di mezzanotte confonde realtà e immaginazione, John dovrà affrontare il tragico passato che lo tormenta.
“The Hanging Sun – Sole di Mezzanotte”, targato Sky Original, è una coproduzione italo-britannica, prodotta da Cattleya – parte di ITV Studios – Groenlandia e Sky. Il film arriverà nelle sale italiane distribuito da Vision Distribution, il 12, 13 e 14 settembre, e sarà prossimamente disponibile in esclusiva su Sky Cinema e in streaming solo su NOW.
“Sono due le cose che mi hanno molto attratto del romanzo” – svela il regista Carrozzini nel corso dell’incontro stampa – “Una è il personaggio rotto, che si chiede chi è, e cerca un cambiamento in un momento in cui mi sentivo abbastanza smarrito nella vita, dal momento che ho appena perso il mio secondo genitore e quindi ho empatizzato molto con il personaggio, l’ho trovato affascinante, poi le atmosfere di Jo Nesbø, di questa Norvegia dal contesto così attuale, e i cui luoghi siamo andati subito a cercarli” – continua parlando del rapporto con Alessandro Borghi – “Con Alessandro ci conosciamo da molto prima di questo film, l’ho anche fotografato circa sette anni fa appena fatto ‘Non essere cattivo’. Ci siamo sempre tenuti in contatto ma non avevamo una reale amicizia, ci sentivamo. Tre anni fa ci siamo incontrati a Venezia, abbiamo pranzato insieme e gli ho chiesto se volesse leggere la sceneggiatura, dopo una settimana mi ha chiamato e mi ha chiesto quando avremmo fatto il film” – conclude – “Il tema del padre, è qualcosa di molto personale, prima di iniziare questo film, io lo avevo già perso. Con mio padre, ho avuto un rapporto conflittuale, e la tossicità tossica, che dice ciò che deve essere mi ha fatto sempre un po’ soffrire e riflettere. Credo che questo film abbia a che fare con la scelta su chi vogliamo essere.”
“Nel romanzo c’erano tantissimi elementi che a distanza di tempo dalla pubblicazione, rivelavano una contemporaneità abbastanza sorprendente, e il lavoro è stato quello di cercare di valorizzarli e tirarli fuori, incluso quanto può essere feroce una famiglia, la tossicità di una certa mascolinità, il cambiamento climatico, la paura del diverso” – aggiunge lo sceneggiatore Stefano Bises – “Una serie di elementi, come detto, che si sono dimostrati super attuali, e insieme a Francesco e a Cattleya, che ha seguito la parte editoriale, abbiamo cercato di renderlo realmente un racconto contemporaneo, anche se il romanzo è ambientato negli anni ’70.”
“E’ stato interessante. Nella preparazione abbiamo sviluppato i nostri personaggi separatamente, molto passava attraverso la fisicità e le paure che fanno parte della nostra natura animale, con la possibilità di interrompere questo ciclo, questo circolo vizioso della violenza dei padri nei confronti dei figli. Violenza che ha poi unito i personaggi” – afferma Jessica Brown Findlay.
“Trovare una linea di comunicazione tra i personaggi è stato molto semplice perché Jessica è una donna intelligente e professionale” – dice Alessandro Borghi – “Quando l’abbiamo incontrata abbiamo avuto subito l’impressione che avrebbe portato le sue idee all’interno di questo progetto. Per quando mi riguarda credo sia stato fatto un lavoro di squadra sulla sceneggiatura e sull’approccio alla sceneggiatura, per renderla pratica e metterla a disposizione del territorio. I personaggi sono due personaggi rotti dentro, che trovano insieme il modo di aggiustarsi” – prosegue Borghi – “Con Francesco ci siamo chiesti molto spesso se dovevamo raccontare un innamoramento. Non so se si trattasse di un innamoramento, ma ho pensato che ciò che dovevamo raccontare era che attraverso l’amore, che Jon inizia a sviluppare nei confronti di Caleb, il figlio di Lea, si accorge di aver bisogno di questi due essere umani per iniziare il nuovo percorso della sua vita, e una delle tematiche più importanti del film è proprio la paternità, la gestione e il riconoscimento della paternità e che i personaggi condividono in maniera estremamente forte. E’ un processo di continua scoperta. Quando la mattina si arrivava sul set era sempre molto bello sentire i pensieri di tutti, e molte volte ci siamo sorpresi noi stessi di ciò che accadeva sul set.”
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Emanuela Giuliani