“The Hanging Sun – Sole di mezzanotte”, film di chiusura della 79esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, segna l’esordio alla regia di Francesco Carrozzini. Tratto dall’omonimo romanzo di Jo Nesbø, il film si inserisce nel panorama dei thriller drammatici, con una forte componente emotiva e riflessiva, esplorando temi universali come la famiglia, la paternità, la mascolinità tossica e il destino personale.
Il film si svolge in un’atmosfera sospesa, dove la natura norvegese, con il suo sole di mezzanotte, gioca un ruolo tanto simbolico quanto realistico. L’ambientazione, immersa in una Norvegia che pare quasi appartenere a un’altra epoca, è il luogo ideale per raccontare la storia di John (Alessandro Borghi), un uomo in fuga dal proprio passato, che trova rifugio in un villaggio isolato al confine del mondo. Qui, l’incontro con Lea (Jessica Brown Findlay) e suo figlio Caleb darà inizio a un viaggio interiore che affronterà la solitudine, il rimorso e il desiderio di redenzione.
La pellicola si distingue per una scrittura intima e profonda, curata dallo sceneggiatore Stefano Bises, che riesce a dare nuova vita a tematiche di grande attualità, nonostante il romanzo fosse ambientato negli anni ’70. L’opera si confronta con questioni come la violenza familiare, la difficoltà di accettare il proprio ruolo nella società e il confronto con la fragilità dell’essere umano. Non a caso, uno degli aspetti più potenti del film è l’esplorazione del legame padre-figlio, visto attraverso gli occhi di John, che è costretto a fare i conti con il proprio passato e la propria identità.
Il rapporto tra i due protagonisti, Borghi e Brown Findlay, è reso con grande intensità, grazie alla loro straordinaria chimica sullo schermo. Entrambi i personaggi sono segnati da ferite emotive, eppure trovano nella loro interazione una possibilità di salvezza. Borghi, in particolare, offre una prova maiuscola, dando vita a un John tormentato e complesso, che sa nascondere i propri sentimenti dietro una facciata di freddezza. La sua interpretazione è una delle chiavi per entrare nel cuore del film, mostrando la lotta interiore di un uomo che cerca di riparare a un passato che non può più cambiare.
L’aspetto visivo è altrettanto importante, con Carrozzini che riesce a sfruttare la bellezza selvaggia della natura norvegese per accentuare la solitudine e l’alienazione dei suoi personaggi. La fotografia, immersa in tonalità fredde e struggenti, sottolinea la tensione tra il mondo interiore dei protagonisti e la loro realtà esterna, dove la luce continua del sole di mezzanotte diventa una metafora della confusione e della difficoltà di trovare risposte alle domande esistenziali.
In un film che sfiora la tragedia, c’è spazio anche per una riflessione sulla paternità e sull’eredità emotiva che si tramanda di generazione in generazione. John, nel suo rapporto con Caleb, comincia a comprendere il vero significato di essere padre, di accettare una responsabilità che va oltre il legame biologico. Il film esplora, infatti, l’idea di un riscatto attraverso l’amore, ma anche il doloroso processo di scoperta e di accettazione di sé.
“The Hanging Sun” non è un film che si accontenta di raccontare una semplice storia di redenzione, ma si impegna a sondare l’animo umano, a scavare nei suoi lati più oscuri, con il desiderio di portare alla luce le fragilità e le contraddizioni di chi si trova a dover affrontare i propri demoni. La regia di Carrozzini, che ha un forte legame personale con i temi trattati nel film, riesce a dare un’anima a una storia che, pur ambientata in un contesto lontano, è incredibilmente vicina alla nostra realtà.
In conclusione, “The Hanging Sun – Sole di mezzanotte” è un’opera prima di grande spessore, che, purtroppo, rischia di passare inosservata nel mare di film che ogni anno vengono presentati ai festival. Tuttavia, per chi è in cerca di un thriller che sappia unire tensione emotiva e riflessione profonda, questo film rappresenta senza dubbio una visione da non perdere.
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Emanuela Giuliani
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