“The Father – nulla è come sembra” – Recensione: tra dramma e apparenza, come il mistero della vita
“Mi sento come se stessi perdendo tutte le foglie. I rami, il vento e la pioggia”
Il lungometraggio di Florian Zellner porta in scena un capolavoro di interpretazione, in bilico tra dolore estremo e poesia, una pellicola caratterizzata dall’apparente assenza di una storia vera e propria, incentrata esclusivamente sul protagonista, un magnifico Anthony Hopkins, narratore in prima persona. Un uomo che ha imparato a giocare tra l’essere vittima della propria immaginazione e carnefice del prossimo, creatore di racconti memorabili del suo passato, seppur illusorio e fallace, in quanto abilmente manipolato per stupire chi ascolta.
“The Father – nulla è come sembra” rappresentata una condizione, un viaggio lento ed inesorabile all’interno della propria condizione, scivolando nell’abisso fino a raggiungere una dolorosa, ma tangibile, consapevolezza.
Un padre rimasto solo, Anthony, oramai anziano e dalla salute in declino, accudito e curato da sua figlia Anne, Olvia Colman, che, in procinto di trasferirsi a Parigi, cerca qualcuno in grado di assistere quotidianamente il vecchio genitore. Così ha inizio una partita a scacchi, caratterizzata da cambi repentini, appartamenti che mutano volto, persone che non sembrano quello che sono e che si scambiano costantemente, come le decisioni, smentite e negate, una giostra mutaforme che porta lo spettatore a mettere in discussione ogni cosa, tra interrogativi misteriosi e un fil rouge che in maniera impercettibile dipana poco a poco le vere emozioni, tra sguardi e silenzi.
Il sottotitolo in italiano recita “nulla è come sembra”, a voler rafforzare la volontà di mistero, seguendo la mano che si perde nei meandri della mente di Anthony, un labirinto inesplorato, ma al contempo denso di candore e ingenuità.
Una trama che si intreccia ad una realtà intangibile e fortemente illusoria, e sembra perdersi sempre di più lungo i 97 minuti della pellicola, smarrita in un baratro che non sembra trovare via d’uscita.
Eppure questa suspence costante, se da un lato cattura l’attenzione, dall’altro sminuisce il dolore che pervade la storia, nonostante si dimostri in grado di filtrare quella sofferenza abissale di una vita che non sa più sostenersi da sè e che cede all’angoscia dell’abbandono, anche di se stessi.
Simbolismi, sospetti e personaggi misteriosi sono elementi che riconducono alla costruzione del thriller, ma tutto si sviluppa senza alcun crimine e senza colpevoli e sopra ogni cosa sovrastano le interpretazioni magistrali di un padre e di sua figlia.
Un impianto rigorosamente teatrale, anche nella sua essenzialità, dove anche gli attori marginali che danno il volto a figure secondarie arricchiscono “The Father – nulla è come sembra” di vere pedine che vanno ad infittire la trama, una realtà distorta che il protagonista vive e che il regista lascia intravedere, aprendo la finestra su un’anima, un’anima che si sta perdendo.
Una fotografia dai colori chiari e saturi anche quando avvolti dalla penombra, una visione quasi onirica che ricorda Polansky, come la regia che si muove sapientemente all’interno dell’appartamento del racconto, dove ogni singolo oggetto rappresenta sempre più la proiezione della mente di Anthony, trasformando un luogo familiare in una fonte di smarrimento.
Piani temporali che si uniscono e si sovrappongono, una scenografia che fa da protagonista per un presente che diventa relativo come la realtà che li circonda, priva di ogni certezza e densa di diverse chiavi di lettura che si susseguono come i dialoghi, che trovano il culmine in una struggente e dolorosa storia di solitudine.
Un film che non sarebbe stato mai lo stesso senza la magistrale interpretazione di Anthony Hopkins, che sa toccare le emozioni più profonde e devastanti, come la colonna sonora di Einaudi, perfettamente intrecciata alle sfumature della storia. Un vero ed immenso esperimento emotivo che non lascia spazio che ad una sola ed unica interpretazione.
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Chiaretta Migliani Cavina
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