“The Eyes of Tammy Faye”: ogni cosa concorre al bene per coloro che amano Dio
“Noi siamo soldati in Cristo”
Per la giornata di apertura della Festa del Cinema di Roma Michael Showalter porta sullo schermo la storia vera dell’ascesa, della caduta e della redenzione della coppia di evangelisti più famosi degli Stati Uniti, interpretati da Jessica Chestain e Andrew Garfield, rispettivamente Tammy e Jim, due prove attoriali superlative per il cosiddetto Watergate dei predicatori, screditati nello stesso modo dei politici.
I soldati di Cristo, come amavano definirsi agli esordi della loro predicazione, hanno, negli anni tra il 1960 e il 1980, fondato il più famoso network televisivo del mondo intero la PTL “l’emittente religiosa che ispira”, per poi realizzare costruzioni per i malati e gli afflitti e per ultimo un parco divertimenti, tutto grazie al loro messaggio di amore e di benevolenza.
Ma, dietro al loro messaggio c’erano sia luci che ombre e le molte ombre li portarono al fallimento tanto da essere processati per illecito fiscale e per stupro, a causa di scelte scellerate di Jim sia in ambito economico, che sessuale. Tuttavia Tammy non perse mai la fede in Dio e in Jim, continuando a credere in qualcosa di più grande e con completa fiducia nella forza della preghiera, nonostante il suo mondo stava cadendo a pezzi.
Celebre per la sua capacità di accettazione ed accoglienza verso persone di qualsiasi provenienza sociale o qualsiasi moralità o scelte di vita, Tammy, morta nel 2007, divenne inseparabile dalle sue canzoni, le sue ciglia finte e il suo trucco vistoso da clown.
Jessica Chastain, grazie anche ad uno studio maniacale sulle movenze di Tammy, sulla voce e sulle risate stridule, in modo tale da entrare a pieno nel suo sentire e nei suoi panni, ha restituito un’interpretazione straordinaria, l’unica cosa per cui vale la pena vedere la pellicola, dalla sceneggiatura scarna, i dialoghi piatti ed una struttura narrativa poco emozionante.
Il film di Showalter ci mostra la vicenda vista attraverso gli occhi di una donna, Tammy Faye per l’appunto, idealista, sincera, forse troppo superficiale e vittima di un marito avido ed egocentrico. Una donna che predicava l’amore per tutti, senza distinzione di etnie o orientamento sessuale, in un periodo storico assai poco progressista, dove il vizio veniva perseguito allo stesso modo delle femministe e degli omosessuali e dove la misoginia regnava sovrana. Esemplare a tal proposito la scena in cui, ad un ricevimento, Tammy si siede al tavolo con gli uomini che parlavano di lavoro facendo calare il gelo più totale.
Un’America bianca, cattolica, pentacostale, conservatrice, integralista ed omofoba, dove veniva predicato il verbo del Signore ovunque, ma con buona pace del loro credo e delle loro gabbie sociali.
“Io gli omosessuali li vedo come esseri umani da amare. Dio non ha creato dei rifiuti, veniamo tutti dalla stessa polvere”
Il regista dedica fin troppo poco tempo a questo aspetto, determinante anche per comprendere le motivazioni dietro la vicenda, accenna solamente alle lotte di potere ed alle faide dietro le comunità cristiane, al giro di affari che si cela dietro alle televendite della fede, alle connessioni tra Chiesa e Stato, tra movimenti religiosi e movimenti politici, sfiorando solamente il passaggio tra Reagan a Bush, accennato solo come testimone temporale. La stessa Jessica Chastain è rinchiusa in un ruolo limitante, tra pellicce leopardate, trucchi e creme, eppure riesce a trasmettere l’innocenza e la vocazione di questa donna, il cui unico sbaglio era stato perdersi dietro alla convinzione che tutto derivasse da un disegno divino, tralasciando di osservare quanto le stava accadendo intorno, a partire da suo marito.
Una storia da leggere attraverso i suoi occhi, gli occhi una bambina di umili origini desiderosa d’amore, quell’amore negatole dalla famiglia che aveva trovato in Dio, che lei credeva essere nel suo corpo e nella sua testa, al punto da pregare in silenzio, perchè certa di essere ascoltata.
“Dio sto su una solida roccia e tutto intorno c’è sabbia dove sprofondare”
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Chiaretta Migliani Cavina