La recensione di Small Things Like These, il film con protagonista Cillian Murphy presentato alla 19esima Festa del Cinema di Roma.
Presentato in concorso alla 74ª Berlinale, arriva alla Festa del Cinema di Roma 2024: Small Things Like These, un film che non grida, ma si insinua. Diretto con sensibilità e rigore da Tim Mielants (Peaky Blinders), il dramma si impone per il suo tono sommesso e la sua intensità emotiva. Con un’interpretazione magistrale di Cillian Murphy – anche produttore del film – il racconto si muove tra memoria e denuncia, intimità e collettività, scavando nel rimosso di una pagina buia della storia irlandese: quella delle Magdalene Laundries.
L’ambientazione natalizia di Small Things Like These è volutamente ambigua. Lungi dal portare calore e conforto, le luci e i rituali della festa fungono da contrappunto straniante alla realtà cupa e opprimente che si cela sotto la superficie. Siamo a New Ross, Irlanda, dicembre 1985: un luogo dove la neve sembra attutire ogni rumore, ma non riesce a coprire l’odore della vergogna e della paura.
Questa scelta registica contribuisce a costruire un’atmosfera di sospensione, in cui la dimensione familiare e comunitaria – quella che dovrebbe unire – diventa invece complice di un’omertà profonda e radicata. È nel gelo di questi giorni festivi che il protagonista Bill Furlong incontra il suo bivio morale.
Il dilemma morale dell’uomo comune
Bill è un uomo semplice, buono, devoto alla famiglia e al lavoro. Ma ciò che lo rende straordinario è la sua capacità di vedere ciò che gli altri scelgono di ignorare. Quando scopre una giovane donna prigioniera nel convento delle Suore della Carità, il suo mondo viene scosso. Non si tratta solo di un caso di abuso, ma del sintomo di una verità più ampia e sistemica: la complicità tra religione e società civile nel reprimere, punire e cancellare le donne “non conformi”.
Il conflitto interno di Bill è reso con straordinaria finezza da Murphy. Orfano cresciuto sotto l’ala della Chiesa, Bill porta su di sé un debito morale verso un’istituzione che ora mostra il suo volto più crudele, la sua lotta non è spettacolare, non è fatta di proclami: è il travaglio silenzioso di chi comprende che il coraggio, spesso, è una scelta solitaria.
Uno degli elementi più forti del film è la sua funzione di memoria storica. Le Magdalene Laundries sono un capitolo tragico e ancora troppo poco conosciuto: istituzioni cattoliche, operative fino agli anni ’90, dove venivano internate donne considerate “disonorevoli”, sfruttate come manodopera gratuita, sottoposte a violenze fisiche e psicologiche, cancellate dalla società.
Small Things Like These affronta questa realtà senza spettacolarizzarla. La violenza è suggerita, mai mostrata in modo esplicito, ma il suo peso è tangibile in ogni scena. È un cinema della sottrazione, dove ciò che non si dice è ciò che fa più male.
La regia di Mielants è un esempio di maestria contenuta. Nessun virtuosismo, nessuna retorica: solo uno sguardo pulito, composto, capace di restituire lo spazio alla storia e ai suoi personaggi, le inquadrature fisse, i silenzi, i corridoi freddi e le stanze vuote creano una sensazione costante di oppressione e isolamento. La fotografia gioca un ruolo fondamentale. Le luci naturali, le ombre profonde, la scelta di ambienti claustrofobici sono tutte strategie visive che evocano il senso di prigionia – fisica ed emotiva – che pervade il film.
Murphy si conferma come uno degli attori più versatili e profondi del nostro tempo. Dopo l’intensità cerebrale di Oppenheimer, qui interpreta un uomo qualunque, con un senso di giustizia fuori dal comune. Ogni espressione è calibrata, ogni sguardo è una ferita che si apre sul volto, la sua interpretazione non è mai urlata, ma lascia un segno profondo. Accanto a lui, Emily Watson è perfetta nel ruolo della suora: fredda, ambigua, simbolo di un potere che si traveste da benevolenza per perpetuare l’abuso. Il cast femminile è tutto di altissimo livello, portando in scena una coralità dolorosa e necessaria.
Il titolo del film è la chiave di lettura più potente della sua poetica: Small Things Like These ci ricorda che spesso sono le scelte minime, i gesti silenziosi, le parole taciute o finalmente pronunciate a fare la differenza. Non servono eroi epici, ma persone disposte a guardare in faccia la verità, anche quando fa paura, Bill Furlong non compie un gesto plateale: compie una scelta, e quella scelta, nella sua apparente semplicità, ha il potere di spezzare un sistema, di riaccendere una luce nel buio.
Small Things Like These non è solo un bel film. È un’opera necessaria. Necessaria perché racconta, con grazia e rigore, una verità scomoda. Necessaria perché parla al cuore e alla coscienza. Necessaria perché ci interroga: cosa faremmo noi, al posto di Bill? Saremmo capaci di rompere il silenzio?
Prodotto da Big Things Films, la casa fondata da Cillian Murphy, il film è anche una dichiarazione d’intenti: raccontare storie che scuotano, che lascino un segno, che diano voce a chi per troppo tempo è rimasto inascoltato. In un mondo in cui la verità è spesso fragile e l’indifferenza forte, Small Things Like These è un atto di resistenza. E un invito – sottile ma potentissimo – a scegliere, ogni giorno, il lato giusto della storia.
©Riproduzione Riservata
Emanuela Giuliani
Il Voto della Redazione: