SHAZAM! Furia degli Dei, la recensione del sequel DC con Zachary Levy, nelle sale cinematografiche italiane dal 16 marzo.
Capitan Marvel, poi diventato Shazam (per evidente conflitto d’interessi con l’altra casa di fumetti e l’altro personaggio), è stato negli anni quaranta l’eroe popolare della serie a fumetti più venduta fra tutte. In casa DC c’erano anche Batman e Superman, di cui però Shazam/Capitan Marvel raddoppiò o triplicò le vendite.
Nel 2019 per la prima volta DC, insieme a Warner Bros e New Line, decide di dedicare a questo iconico e in parte bistrattato supereroe il suo primo film con Shazam!, origin story sul personaggio che ne descriveva la genesi e l’acquisizione dei poteri divini con il bravo David F. Sandberg (Annabelle 2: Creation) alla regia. Grazie al successo del primo capitolo ora anche Shazam, malgrado i continui slittamenti, ha in Shazam! Furia degli Dei il suo atteso sequel.
Billy Batson (Zachary Levi) deve ormai spartire i suoi poteri con il resto della sua famiglia, ma non è facile. E non è facile nemmeno tenere unito un gruppo di fratelli e sorelle che vorrebbero avere una vita normale ma devono, al contempo, fare i conti con la realtà e le responsabilità di supereroi. Questi problemi sembreranno improvvisamente ridotti e ogni dubbio risolto quando Esperida (Helen Mirren) e Calipso (Lucy Liu) si riuniranno con la terza sorella, Antheia (Rachel Zegler) per attuare un piano di vendetta: le tre dee vogliono trovare e annientare i cosiddetti “campioni” per vendicarsi di un torto subito in passato, quando i maghi distrussero il padre, il dio Atlante, sancendo la fine del loro regno.
La generosità delle azioni e la mancanza di emotività
Che un sequel di Shazam sarebbe stato realizzato è sempre stata cosa fuori di dubbio, soprattutto a partire dal riscontro positivo (sia in termini di pubblico che di critica) del primo capitolo. Prima che però il recente Black Adam vedesse la luce c’era la diffusa speranza che Shazam potesse scontrarsi con la sua storica nemesi almeno in questo film; ma invece Teth Adam, per cui il suo interprete Dwayne Johnson ha voluto un origin story tutta sua, e Billy Batson sembrano destinati a non incontrarsi (non ancora, comunque).
Al suo posto sono richiamate a vestire i panni delle villain non una, non due, bensì tre personaggi femminili che vengono affidati a un trio di attrici di calibro non indifferente: Helen Mirren è la minacciosa Esperida, Lucy Liu l’intemperante Calipso e a Rachel Zegler, promessa del cinema (si è vista esordire nel West Side Story di Spielberg), la magnanima Antheia.
Shazam! Furia degli dei si apre con una scena che ce le presenta tutte e tre e rende del tutto chiaro, sin da subito, lo scopo delle sorelle-dee. Il tono del film di Sandberg è pertanto quello di un cinecomics che nelle anime delle due fazioni che vengono contrapposte ritrova l’alternanza di registri; da una parte l’epica greca, ancora una volta, e dall’altra quello della commedia brillante in piena regola, senza però raggiungere i livelli di sfacciata e dichiarata demenzialità che sorregge opere Marvel come l’ultimo Thor: Love and Thunder.
Se prendiamo in considerazione gli ultimi esempi di film realizzati in casa DC (primo fra tutti il già citato Black Adam) è chiaro che ci troviamo dinanzi a un prodotto confezionato in modo impeccabile: i momenti più raccolti e più intimi sono controbilanciati da battaglie che possono contare su un’eccellente e affascinante resa visiva, in cui l’azione è rappresentata con chiarezza e originalità (basti considerare ogni momento in cui i poteri delle tre sorelle irrompono nella scena).
La struttura narrativa su cui s’impalca lo scontro fra titani è piuttosto solida, essenziale; forse anche troppo, a tal punto da sfiorare un senso di prevedibilità e banalità in diversi momenti chiave, per mezzo di dialoghi già ascoltati e non sempre credibili. Anche se lo spettacolo è assicurato – anche perché il film è generosissimo in tal senso, meno in quello della semina in scrittura sui nuovi personaggi e sui loro conflitti – in Shazam! Furia degli Dei manca forse un reale coinvolgimento emotivo con la dimensione puramente umana dei protagonisti, per la cui salvezza mai si arriva davvero a temere.
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Federica Cremonini
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