Scary Stories to tell in the Dark, la recensione del film prodotto da Guillermo del Toro presentato alla Festa del Cinema di Roma.
Tra i titoli presentati in anteprima alla 14esima edizione della Festa del Cinema di Roma, uno dei più attesi è senza dubbio Scary Stories to Tell in the Dark, un horror prodotto dal genio visionario Guillermo del Toro, che ne firma anche la sceneggiatura insieme a Patrick Melton e Marcus Dunstan. Il film è tratto dall’omonima serie di libri bestseller di Alvin Schwartz, il cui nome è sinonimo di narrativa horror per ragazzi, con una produzione che esplora i miti, le leggende e i racconti di paura legati al folklore americano. La saga, pubblicata tra il 1981 e il 1991, è celebre per le sue storie macabre, accompagnate dalle inquietanti illustrazioni di Stephen Gammell. In esse, 29 racconti si intrecciano tra magia e terrore, facendo vivere esperienze spaventose e soprannaturali, capaci di colpire profondamente i lettori, specialmente quelli più giovani.
Nel film, ambientato nel 1968, dietro la macchina da presa troviamo il regista norvegese André Øvredal, noto per Troll Hunter e l’acclamato Autopsy. La pellicola cerca di fondere l’elemento horror con un contesto storico molto particolare, quello della guerra del Vietnam, un evento che segna profondamente la vita dei protagonisti, ma che si mescola con il tema universale e senza tempo delle storie che distruggono vite. Come dichiarato dallo stesso Øvredal, la vera potenza della narrazione non risiede tanto nella guerra, ma nel potere devastante delle voci, delle dicerie e delle storie, che, proprio come i social network di oggi, possono distruggere un’esistenza.
L’elemento politico e sociale di quegli anni è dunque presente, ma è la paura dell’ignoto che diventa il motore delle vicende. Øvredal, ispirato dai film degli anni ’80, cerca di ricreare un’atmosfera nostalgica, ma anche inquietante, portando sul grande schermo quella paura adolescenziale che spesso si manifesta proprio nell’affrontare l’ignoto.
Nonostante le promettenti premesse e un impianto che potrebbe rivelarsi avvincente, Scary Stories to Tell in the Dark rischia però di non soddisfare pienamente le aspettative, soprattutto per chi si aspetta un film particolarmente coinvolgente. Sebbene il film ricalchi una visione classica e affascinante dell’horror anni ’80, la narrazione si presenta come prevedibile e, per certi versi, troppo conservativa. La tensione e il terrore che dovrebbero caratterizzare le storie – e soprattutto i personaggi che le vivono – non sono sufficientemente sviluppati, lasciando lo spettatore distante dai protagonisti. Le performance degli attori, tra cui Zoe Colletti, Austin Abrams e Gabriel Rush, purtroppo non riescono a compensare questa carenza, facendo sì che il film perda la capacità di catturare l’attenzione.
Scary Stories to Tell in the Dark si rivela quindi un film che, pur con la sua aura nostalgica, non sfrutta a pieno le sue potenzialità. La promessa di un horror avvincente, capace di toccare le corde della paura adolescenziale, resta in parte delusa, lasciando il pubblico con la sensazione che la pellicola avrebbe potuto essere più incisiva, più profonda, e soprattutto più spaventosa.
In conclusione, Scary Stories to Tell in the Dark si rivela essere un’opera che piacerà sicuramente ai nostalgici degli anni ’80 e agli appassionati delle storie di paura che rimangono intrappolate nel folklore e nelle leggende, ma che difficilmente riuscirà a soddisfare appieno chi cerca un horror capace di emozionare e inquietare veramente. Il film arriva nelle sale il 24 ottobre, distribuito da Notorious Pictures.
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Emanuela Giuliani
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