La recensione di Ritratto della Giovane in Fiamme, un’intensa storia d’amore e libertà diretta d Celine Sciamma.
Céline Sciamma, già regista di “Tomboy” e sceneggiatrice di “La mia vita da Zucchina”, torna al grande schermo con una storia d’amore universale, potente e delicata, dove arte e cinema si fondono in un unico elemento, creando un ritratto di straordinaria visceralità che sfida le regole e le convenzioni con un’eleganza e una raffinatezza magistrale.
Ambientato nella Francia prerivoluzionaria del ‘700, Ritratto della Giovane in Fiamme è un affresco che coniuga la sensibilità del passato e la contemporaneità, penetrando con delicatezza sotto la pelle dello spettatore per esplodere, gradualmente, in un turbine di emozioni. La narrazione è in grado di annullare qualsiasi barriera culturale, sessuale e morale, esprimendo l’idea che l’amore non possa essere né classificato né combattuto, ma va vissuto nella sua purezza e naturalezza. Un messaggio di libertà, di autenticità, che si fa sentire potente in ogni scena.

Il film, premiato al Festival di Cannes con il riconoscimento per la Migliore Sceneggiatura e la Queer Palm, nonché designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), ha ricevuto il premio per la Miglior Sceneggiatura agli European Film Awards 2019 ed è stato candidato ai Golden Globe 2020 come Miglior Film Straniero. Al centro della trama troviamo Marianne (Noémie Merlant), una pittrice incaricata di ritrarre Heloise (Adèle Haenel), una giovane donna destinata a sposare un uomo che non ama, in seguito alla morte della sorella. Heloise, tuttavia, si rifiuta di posare per il ritratto, così Marianne, su richiesta della madre di Heloise (Valeria Golino), inizia a dipingerla di nascosto, fingendosi la sua dama di compagnia. Da questa situazione di intimità forzata, le due donne si trovano travolte da una passione che non possono né fermare né nascondere.

“Ritratto della Giovane in Fiamme” si distingue per l’abilità di Sciamma nel concentrarsi sulle protagoniste, evitando eccessi visivi e narrativi e dando spazio non solo alla difficoltà del loro rapporto, ma anche alla gioia di quella libertà intima che l’amore può suscitare, un sentimento che si fa strada nonostante le rigidità e le imposizioni della società circostante. La regista mette in scena una riflessione profonda sull’impossibilità di esprimere se stessi, sul timore di essere giudicati e condannati, temi universali che rendono la vicenda sorprendentemente attuale, nonostante l’ambientazione storica.
“Il Ritratto della Giovane in Fiamme” non è solo una storia d’amore tra due donne, ma una riflessione sulle catene invisibili che la società impone a chiunque non si conformi ai suoi canoni. In un’epoca in cui la donna era relegata nell’ombra, priva di diritti e di considerazione, la regista evidenzia quanto poco, purtroppo, siamo lontani da quella realtà anche nei giorni nostri, dove le grida di uguaglianza e tolleranza sembrano spesso illusorie. La ricerca della felicità, dell’amore, dell’accettazione rimane, in molte situazioni, un’utopia, il cui sapore è dolceamaro, proprio come il sentimento che le protagoniste provano e vivono con coraggio e determinazione.
Emanuela Giuliani
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