“Rifkin’s Festival”: il cinema, la vita e le riflessioni di Woody Allen

Rifkin’s Festival, la recensione: un viaggio cinematografico tra umorismo, riflessioni e omaggi

La recensione di Rifkin’s Festival: Un Viaggio Cinematografico tra Umorismo, Riflessioni e Omaggi ai Grandi Maestri.

Dopo mesi di attesa, le sale cinematografiche finalmente riaprono le loro porte al pubblico. Una ripartenza che avviene in modo graduale e nel rispetto dei rigorosi protocolli anti-Covid, ma che segna anche il ritorno sul grande schermo di Woody Allen, il cineasta statunitense tanto amato quanto odiato. Il prossimo 6 maggio, grazie a Vision Distribution, arriverà nelle sale italiane Rifkin’s Festival, l’ultima fatica di Allen, che ne firma anche la sceneggiatura.

In questo film, il regista non si limita a rendere omaggio al mondo cinematografico che da sempre ammira, ma ne sottolinea, con il suo consueto umorismo sottile e pungente, i vezzi, le fragilità e le contraddizioni. Rifkin’s Festival è un quadro che mescola situazioni al limite dell’assurdo con storie dall’intreccio romantico e talvolta amare, il tutto condito con la visione dissacrante che contraddistingue il suo stile.

Il film è interpretato da un cast internazionale che comprende vecchie e nuove conoscenze di Allen, come Wallace Shawn, Gina Gershon, Louis Garrel, Elena Anaya, Sergi López e Christoph Waltz. La pellicola è arricchita dalla fotografia di Vittorio Storaro, dalle scenografie di Alain Bainée, dal montaggio di Alisa Lepselter, dai costumi di Sonia Grande e dalle musiche di Stephane Wrembel. L’ambientazione e lo stile narrativo catapultano lo spettatore nel surreale “pianeta Allen”, dove i clichè e le dinamiche umane si intrecciano con riflessioni sul senso della vita e sulla sua eterna ricerca, facendo emergere l’eterna tensione del regista verso una rivincita contro un cinema americano che lo ha, per certi versi, respinto.

“C’è chi crede ancora alla verità dei finali dei film di Hollywood, per fortuna c’è quello europeo che ha reso il cinema adulto”.

“Rifkin’s Festival”: il cinema, la vita e le riflessioni di Woody Allen

Come Allen stesso ha dichiarato: “C’è chi crede ancora alla verità dei finali dei film di Hollywood, per fortuna c’è quello europeo che ha reso il cinema adulto”. La storia ruota attorno a Mort Rifkin (Wallace Shawn), ex professore e grande appassionato di cinema, che, durante un viaggio di lavoro al Festival di San Sebastián in Spagna con la moglie Sue (Gina Gershon), si troverà a fare i conti con il proprio passato e con le sue incertezze. Lì, tra gli eventi mondani e il sospetto di una relazione extraconiugale della moglie con un giovane regista, Philippe (Louis Garrel), Mort intraprenderà un viaggio interiore che lo porterà a riscoprire sé stesso e la sua passione per la scrittura.

Sullo sfondo delle nevrosi e delle difficoltà che tutti noi affrontiamo nella vita, il protagonista cercherà una via di fuga attraverso i grandi capolavori cinematografici che tanto ama, creando un legame profondo tra la sua realtà e quella dei film che ha sempre ammirato. Allen si diverte a inserire numerosi omaggi a maestri del cinema come Federico Fellini, Ingmar Bergman, Jean-Luc Godard, Orson Welles, Luis Buñuel, François Truffaut, realizzando parodie argute e intellettuali che rendono il film un viaggio cinematografico nel tempo. Una delle scene più memorabili è quella in cui Mort, come nell’iconico Il settimo sigillo, gioca a scacchi con la morte, interpretata dal volto di Waltz, che, nel tentativo di posticipare il loro incontro finale, gli consiglia: “Fai sport, poco ma tutti i giorni, non fumare e mangia tanta verdura.”

Rifkin’s Festival è, quindi, un labirinto che riflette l’inconscio, il cinema, gli stereotipi e le fragilità dei rapporti umani. Un’opera in cui Woody Allen mette in gioco, con grande maestria, le sue convinzioni, le sue incertezze e il suo cinismo, creando una riflessione sul significato della vita e sul nostro posto in essa. Il film si sviluppa come una lunga e meditata osservazione della condizione umana, coinvolgendo lo spettatore senza mai risultare opprimente, ma piuttosto stimolando una riflessione profonda e personale.

Allen ci regala, con Mort Rifkin, una nuova incarnazione di sé stesso, un uomo che, pur essendo schiacciato dalle difficoltà della vita, non perde mai la speranza di rimettersi in discussione, di cercare e, forse, di trovare un nuovo significato.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

8


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