Rami Malek e il suo Freddie Mercury: INCONTRO STAMPA.
“Vi chiedo soltanto per un attimo di chiudere gli occhi, e da questo punto vista, di provare a dare voi la risposta a questa domanda. La verità è che è stato estremamente difficile, dal momento che l’imponente natura mitologica ha permesso a quest’uomo di divenire un vero e proprio Dio della musica, riuscendo ad entrare negli occhi, nella mente e nel cuore di tutti. Per questa ragione per per me è stato assolutamente importante rendere giustizia alla grande eredità che lui ha lasciato, e per poterlo fare mi sono letteralmente immerso in quello che Freddie Mercury era. Ho preso per un anno lezioni di canto ea di piano, assieme ad un coreografo ed un coach che mi insegnassero ad entrare nei suoi movimenti ed esprimermi con il suo accento e dialetto, mettendo tutto ho me stesso, e tirando fuori i soldi di tasca mia, poiché quando sono stato coinvolto nel progetto, in realtà, il film non aveva ancora raccolto i finanziamenti, e sapevo che solo così potevo realizzarlo.”
Un visibilmente timido RAMI MALEK, rompe il ghiaccio, rispondendo alla domanda riguardante le difficoltà affrontate nell’interpretare non solo l’uomo FREDDIE MERCURY, bensì il cantante, nell’attesissima pellicola: BOHEMIAN RHAPSODY, diretta in un primo momento da Bryan Singer e successivamente da Dexter Fletcher, dando il via all’incontro stampa avvenuto a Roma, ed a cui abbiamo avuto il piacere di partecipare, raccontando il duro lavoro affrontato conscio dell’enorme responsabilità. Presente anche GWILYM LEE, il quale nel lungometraggio veste i panni di un altro importantissimo membro del celebre gruppo: BRIAN MAY, e che spiega così l’approccio con il suo personaggio.
“Anche io, come Rami, ero molto intimorito dall’idea di dover interpretare qualcuno amato ed adorato da moltissime persone, e la paura era quella di essere travolto non riuscendo a farcela, e l’appoggio e l’aiuto da parte di Brian è stato fantastico. La cosa più importante che io dovevo fare era imparare a suonare la chitarra senza sforzo, dando così l’impressione di averlo sempre fatto, poiché il compito più difficile che ci era stato chiesto era proprio la naturalità. E’ stato un processo particolare dal momento che mi sono sempre avvicinato ai vari personaggi partendo dalle loro emozioni interiori studiandone la psicologia, qui invece ho dovuto fare il percorso inverso iniziando dall’esterno, e nonostante la scrupolosa attenzione di Brian, non mi sono mai sentito giudicato da lui.”
L’incontro prosegue.
-Rami hai avuto modo di scoprire qualcosa di nuovo su Freddie Mercury che non sapevi che ti ha particolarmente sorpreso? E quanto ha influito la presenza dei Qeen sul set? –
Rami: “Beh, tutti quanti conoscono l’aspetto macho, audacie ed impertinente di Freddie Mercury, ma io credo che nessuno conoscesse la parte più intima e personale, io ad esempio non sapevo del suo rapporto con Mary, e che il suo vero nome fosse Farrokh Bulsara. Ho pensato a tutte queste cose nel mettermi nei suoi panni, cercando l’elemento in comune che mi permettesse di indentificarmi con lui, ed in certo senso l’ho trovato nella figura del ragazzo immigrato, Freddie era nato ed aveva vissuto a Zanzibar fino a quando, a causa di una rivoluzione, era fuggito con la sua famiglia in Inghilterra, ed io sono un americano di origini egiziane, ho cercato di comprenderne l’identità anche dal punto di vista sessuale, ricercando quegli elementi in grado di riportarlo sulla terra.”
Lee: “Le prime sequenze che abbiamo girato sono state quelle relative al concerto Live Aid, e sia Brian che Roger, presenti fin dal primo momento sul set, hanno studiato accuratamente la nostra ricostruzione, e poco dopo Brian è venuto da me, dicendomi che era buona ma di non dimenticarmi che lui era una rockstar!! Quindi dovevo metterci l’anima, e far emergere il dirompente ego. Al di là della somiglianza fisica, noi stavano realizzando una storia umana”
Rami: “Per quanto riguarda Roger e Brian, loro non mi avevano mai visto nelle vesti di Freddie, e ho tirato un sospiro di sollievo quando nel fargli ascoltare la registrazione del provino, in cui parlavo come se fossi Freddie, non ricordando più cosa avessi risposto alla domanda su chi fosse la persona di cui mi fidassi veramente, dicendo Mary loro hanno detto che era accettabile.”
Quale è stata la sena più difficile da girare, forse il Live Aid?
Rami: “Tutti i giorni sono stati difficili, perché ovviamente quello che cercavamo di fare era di ricreare tutto quello che era realmente accaduto. Ogni volta che io interpretavo una scena mi immedesimavo il più possibile in lui, immaginando cosa avrebbe pensato e a come si sarebbe comportato, non è stato semplice. La parte a cui tenevamo di più è stato il concerto, ed è lì che ci siamo resi conto dell’energia e dell’adrenalina sovraumana che hanno provato.”
Lee: “Devo dire che questo ci aiutato tantissimo nello sviluppare un nostro linguaggio con il quale comunicare e muoverci in modo naturale.”
-Rami anche te come Freddie possiede la stessa ambizione di voler recitare fuori dagli schemi?-
Rami: “Io ho sempre pensato e ritenuto di voler fare qualcosa di cui essere sempre fiero, ovvio che ogni tanto devi accettare ruoli non entusiasmanti, semplicemente perché devi pagare le bollette. Ho sempre amato la sfida, ed amo collaborare con persone che a cui piace, credo di esserci riuscito, ed a maggior ragione, oggi non accetto ruoli fini a sè che stessi, solo per paura di essere tagliato fuori dal mercato.”
–Che problemi ha creato e come avete vissuto il licenziamento di Bryan Singer alla regia e il successivo arrivo di Dexter Fletcher?-
Lee: “In realtà questa cosa si è verificata alla fine delle riprese, quando già conoscevano i personaggi ed eravamo affiatati come gruppo, sono cose che succedono e facendo parte del nostro lavoro ci siamo semplicemente adattati.”
BOHEMIAN RHAPSODY, arriverà nelle sale cinematografiche italiane il 29 novembre 2018, e sarà distribuito dalla 20th Century Fox.
La Redazione.