La recensione di Race for Glory – Audi vs. Lancia, il film di Stefano Mordini con Riccardo Scamarcio e Daniel Bruhl.
Il campionato del mondo rally del 1983, è passato alla storia per la sfida epocale tra Audi e Lancia. La trazione integrale, le quattro ruote motrici e la tecnologia all’avanguardia del team Audi guidato da Roland Gumpert, contro la trazione posteriore, le due ruote motrici e la tradizione meccanica del team Lancia di Cesare Fiorio. Una sfida che appassionò anche i non amanti di questo particolare mondo automobilistico, e che il regista Stefano Mordini ha deciso di raccontare in Race for Glory – Audi vs. Lancia, nei cinema dal 14 marzo distribuito da Medusa Film.
Race for Glory, Davide contro Golia
Race for Glory – Audi vs. Lancia, si concentra nell’anno in cui si fece la storia, l’anno di Davide contro Golia, con il team Lancia del carismatico Cesare Fiorio, interpretato da Riccardo Scamarcio, che rischia una sconfitta certa contro la nettamente superiore casa tedesca di Roland Gumpert dal volto di Daniel Bruhl, il cui dominio sembrava non avere fine.
Ma Fiorio ha cuore, passione, tenacia, volontà di rischiare, di non arrendersi, furbizia, strategia, inventiva e la capacità del fuoriclasse, qualità che gli permettono di mettere insieme una squadra insolita riuscendo a convincere anche il campione Walter Rohrl, vestito da Volker Bruch, a guidare per la Lancia. Un rapporto quello tra i due, che tuttavia si rivelerà piuttosto complesso, così come lo è stato per Mordini dare vita a una delle più grandi rivalità della storia dello sport, nonché all’impresa epica dell’iconica Lancia Rally 037 a trazione posteriore che trionfò segnando l’inizio di un periodo d’oro per la casa automobilistica italiana, ancora oggi il marchio con il maggior numero di successi nel mondo dei rally.
Race for Glory, una corsa contro il tempo e contro se stessi
Raccontare il rally non è mai semplice. È uno sport che si muove su un confine sottile tra follia e controllo, tra istinto e precisione, tra uomo e macchina, e Race of Glory, diretto da Stefano Mordini e interpretato (nonché prodotto) da Riccardo Scamarcio, riesce in un’impresa non da poco: restituire tutta la complessità e l’adrenalina di una disciplina troppo spesso trascurata dal grande schermo.
Liberamente ispirato a eventi reali, il film prende spunto dalla leggendaria stagione del Mondiale Rally 1983, quella in cui la Lancia, con la sua 037 a due ruote motrici, riuscì a battere l’Audi quattro, la temibile e tecnologicamente superiore “armata tedesca”. Ma Race of Glory non è solo la cronaca di una vittoria sportiva. È, prima di tutto, un racconto umano, una storia di uomini animati da passione, genialità e coraggio, in cui il protagonista assoluto è Cesare Fiorio, il direttore sportivo visionario che orchestrò una delle più grandi imprese dell’automobilismo italiano.
Scamarcio incarna Fiorio con intensità e misura, delineandone il carattere forte e calcolatore ma senza rinunciare a mostrarne la componente più emotiva. Il suo è un uomo che crede nella forza delle idee, che si affida all’ingegno italiano per sfidare una tecnologia apparentemente invincibile. Il film riesce così a costruire una tensione narrativa che non si basa solo sul risultato finale, già noto agli appassionati, ma sul “come” ci si arriva: attraverso il lavoro collettivo, la determinazione e una buona dose di audacia.
La regia di Mordini evita volutamente i cliché hollywoodiani, niente eroi patinati né effetti speciali a gonfiare le sequenze d’azione al contrario, l’approccio è quasi documentaristico: auto vere, location autentiche, riprese che privilegiano il punto di vista dei piloti e dei meccanici, in un continuo dialogo tra uomo, macchina e territorio. Perché il rally non è uno sport da stadio o da circuito: è fatto di strade polverose, di curve cieche, di case sfiorate a tutta velocità, di gente che sente il motore vibrare a pochi metri dal cuore.
Il film riesce a trasmettere tutto questo con un realismo emozionante, valorizzando gli aspetti sensoriali della corsa, dal rumore dei motori all’odore di benzina, dalla tensione nei box alla complicità tra i membri del team. C’è una fisicità costante che tiene lo spettatore incollato allo schermo, un senso di pericolo reale che si traduce in puro cinema.
La ricostruzione storica è minuziosa: dai costumi agli ambienti, passando per i veicoli e l’estetica generale, tutto contribuisce a restituire il clima di quegli anni, in cui la Lancia rappresentava l’eccellenza italiana, un laboratorio di creatività capace di vincere contro i colossi industriali.
Race of Glory è un film che parla all’Italia, certo, ma non si chiude mai in un provincialismo celebrativo. Il suo respiro è internazionale, la sua narrazione universale. È la storia di un underdog che ce la fa, di un gruppo di uomini normali che diventano leggenda senza bisogno di superpoteri.
In un’epoca in cui il cinema è spesso dominato da effetti digitali e supereroi volanti, questo film sceglie la strada opposta: racconta la verità, l’umanità, la fatica e lo fa con umiltà, con onestà e con una passione contagiosa. Race of Glory è un’opera che emoziona e intrattiene, che appassiona anche chi non è mai stato tifoso di rally, un tributo a un’Italia che osa, che non si arrende, che vince con il cuore e con la testa. Un film che non solo celebra un’impresa sportiva, ma ricorda a tutti noi, come dice Scamarcio, chi siamo e da dove veniamo.
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Emanuela Giuliani
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