“Piccole Donne” – Recensione: la fresca ed emozionante lettura di Greta Gerwig
Tra i tanti classici della letteratura ognuno di noi almeno una volta avrà letto il romanzo, del 1868/69, “Piccole Donne” di Louisa May Alcott, o almeno ne ha avrà parlato o sentito parlare.
Molti gli adattamenti realizzati sia televisivi, oltre 12, che cinematografici. Dalla prima versione muta del 1918, a quella del 1933 con Katherine Hepburn, al rifacimento del 1949, fino ad arrivare a quello con protagonista Winona Ryder del 1994, e all’attuale ed attesissimo diretto dalla regista di “Lady Bird”, Greta Gerwig, attorno a cui ruota una crescente curiosità.
Una visione che non deluderà assolutamente le centinaia di appassionate cresciute immaginando e sognando con le vicende delle quattro sorelle March, che la cineasta ha sviluppato e costruito non tradendo lo scritto originale, ma riuscendo a fare suo con autentica e moderna freschezza, vitalità ed intensa emotività.
La Gerwig infatti ripercorrendo avanti e indietro nel tempo la storia senza stravolgerne gli eventi, bensì rispettandone la poetica atmosfera e la cronologia, conferisce ad una narrazione intramontabile un tono brioso e contemporaneo, tanto determinato quanto delicato. Sensazioni e sentimenti percepiti, trasmessi e tramandati come piccoli taciti segreti da madre in figlia, in grado di far battere il cuore, stupire e coinvolgere con la medesima forza del testo scritto, sprigionando quei valori di “sorellanza” ed unione da sempre racchiusi e custoditi gelosamente in sé. Pregi, doni o magia, che forse solo l’animo femminile possiede e comprende a pieno.
E se da un lato “Piccole Donne”, scalda, diverte ed intriga attraverso il susseguirsi delle avventure, dei drammi e degli amori romantici della protagonista Jo, alter ego dell’autrice Alcott, di Meg, Amy e Beth, interpretate rispettivamente da Saoirse Ronan, Emma Watson, Florence Pugh e Eliza Scanlen, dall’altro ci mostra in modo semplice e lineare, con Laura Dern, nelle vesti di mamma Marmee, la grande capacità di saper gestire e tener unito un nucleo composto da differenti, opposte, esuberanti e giovani personalità.
Figure accuratamente descritte e delineate in modo individuale, ognuna con la propria sfumatura ed identità decisa ad inseguire i propri sogni fino a toccarli con mano, non lasciandosi trasportare dagli imprevisti e tragedie della vita, incluso lo straziante incolmabile vuoto causato dal dolore di un lutto, reagendo ad essi con positività, sicure di poter contare l’una sull’aiuto ed il conforto dell’altra, ed in cui ci si può facilmente immedesimare e riconoscere.
Un concetto questo per alcuni aspetti universale, poiché si estende abbracciando chiunque indipendentemente dal sesso, cultura e posizione sociale, dal momento che gli ostacoli, più o meno grandi, sono parte integrante della crescita e di qualsiasi percorso esistenziale.
Ma “Piccole Donne” non è solo la dimostrazione di quel tenace, ambizioso, talentuoso spirito ancora oggi soffocato e negato dell’essere femminile, poiché sottovalutato e considerato l’anello debole della catena, che trova il suo sfogo nella frase di Jo.
“Le donne hanno una mente, un’anima e non soltanto un cuore. Hanno ambizioni e talenti e non soltanto bellezza. Sono così stanca di sentir dire che l’amore e la famiglia sono le uniche cose per cui è fatta una donna”.
“Piccole Donne”, è quel calore pulito, prezioso, sincero e puro che stupisce, che la Gerwig è riuscita ad esprimere non cadendo nella retorica di un banale insegnamento e scontata riflessione. Un armonioso ritratto in cui ogni elemento è perfettamente equilibrato e strutturato minuziosamente. Dalla scenografia, ai costumi e naturalmente all’associazione degli interpreti del notevole cast con i rispettivi personaggi, dove Meryl Streep veste i panni della zia March, Timothée Chalamet in quelle di Laurie, vestito nel ’94 da Christian Bale, e Louis Garrel nel Professor Friederich Bhaer.
Una rilettura da ammirare piacevolmente, ben studiata, diretta, sentita ed intima che promette di dare battaglia agli Oscar 2020, candidata come Miglior Film, dal 9 gennaio al cinema.
Friederich: “Ma io non ho niente da darti, le mie mani sono vuote.”
Jo: “Non lo sono più adesso.”
Emanuela Giuliani
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