Orgoglio e Pregiudizio: le curiosità che hanno reso unico l’adattamento dell’omonimo romanzo diretto da Joe Wright.
L’adattamento cinematografico del 2005 di Orgoglio e Pregiudizio, diretto dal regista esordiente Joe Wright e tratto dall’iconico romanzo di Jane Austen, ha rappresentato un momento di svolta nel modo in cui la letteratura classica viene tradotta per il grande schermo. A sessantacinque anni dall’ultima versione cinematografica del romanzo – quella del 1940 con Laurence Olivier e Greer Garson – Wright ha scelto di allontanarsi dalle convenzioni estetiche e narrative dei tradizionali period drama britannici per proporre una visione più realistica, intima ed emotivamente vibrante dell’opera.
Questo Orgoglio e Pregiudizio ha saputo coniugare fedeltà tematica e libertà espressiva, restituendo con sorprendente freschezza lo spirito anticonformista e l’ironia tagliente della Austen, senza rinunciare a una propria voce cinematografica. Il risultato è un film di grande impatto visivo, capace di evocare la poesia dei paesaggi inglesi e il tumulto dei sentimenti repressi, in un equilibrio perfetto tra eleganza formale e immediatezza emotiva.
Grazie a un cast giovane e carismatico – guidato dalla magnetica Keira Knightley e da un inaspettato ma intenso Matthew Macfadyen – e a scelte registiche innovative che riflettono una sensibilità visiva quasi pittorica, il film ha saputo parlare a un pubblico trasversale, conquistando tanto gli estimatori più fedeli di Jane Austen quanto una nuova generazione di spettatori. Un adattamento che non si limita a omaggiare il passato, ma che ne rinnova il linguaggio, proiettandolo nel presente con eleganza, autenticità e una punta di audace romanticismo.
Il primo adattamento cinematografico per il grande schermo dopo 65 anni
Nonostante Orgoglio e Pregiudizio sia uno dei romanzi più amati e adattati della letteratura inglese, il passaggio al grande schermo era rimasto per decenni un evento raro. Dopo la storica versione del 1940 con Greer Garson e Laurence Olivier, il capolavoro di Jane Austen era stato reinterpretato soprattutto in formato televisivo, tra cui l’acclamata miniserie della BBC del 1995. La versione del 2005, diretta da Joe Wright, ha rappresentato un ritorno coraggioso e visivamente sorprendente al cinema, proponendo una lettura più moderna, dinamica e realistico-emozionale del romanzo. Non si trattava semplicemente di una trasposizione fedele, ma di una vera e propria rivisitazione estetica e narrativa, capace di parlare al pubblico contemporaneo pur rispettando il cuore dell’opera.
Un’Elizabeth Bennet diversa dal solito
La scelta di Keira Knightley nel ruolo di Elizabeth Bennet suscitò inizialmente reazioni contrastanti: la sua bellezza radiosa sembrava in contrasto con la descrizione letteraria della protagonista, definita dalla Austen come “tollerabilmente carina”. Eppure, fu proprio questo contrasto a offrire una nuova lettura del personaggio. Joe Wright vide in lei una sintesi perfetta tra acume intellettuale, ribellione ai canoni e naturalezza affascinante. La Knightley rese Lizzie non solo ironica e brillante, ma anche più vulnerabile e spontanea, trasformandola in una giovane donna del XVIII secolo dotata di un’energia quasi contemporanea, capace di parlare a una nuova generazione di spettatori.
La sfida di interpretare Mr. Darcy
Matthew Macfadyen si trovò ad affrontare un compito quasi titanico: interpretare Mr. Darcy dopo l’iconica performance di Colin Firth. Anziché replicarne la compostezza aristocratica e il carisma algido, Macfadyen optò per un ritratto più introverso e interiorizzato, quasi timido. Il suo Darcy è un uomo che lotta con le parole, che arrossisce, che si muove a disagio in società, ma che, proprio per questo, riesce a esprimere una verità emotiva profonda e disarmante. Questa versione più fragile e realistica del personaggio ha trovato grande risonanza tra gli spettatori, regalando al film una dimensione emotiva più intima e meno patinata.
Scenografia “vissuta” e meno aristocratica
Contrariamente alla consuetudine dei period drama britannici, che spesso mostrano ambienti immacolati e idealizzati, Joe Wright scelse un’estetica “vissuta”, fatta di dettagli concreti e imperfezioni quotidiane. La casa dei Bennet, lontana da qualsiasi idealizzazione, è disordinata, con pareti scrostate, galline nel cortile e figli che corrono ovunque. Questa scelta restituisce un senso tangibile di realtà, suggerendo non solo la posizione sociale precaria della famiglia, ma anche la vitalità e l’affetto che la animano. Il risultato è un’ambientazione che sembra respirare, fatta di luce naturale, suoni autentici e materia palpabile.
La scena all’alba: un’icona non prevista
Uno dei momenti più iconici dell’intero film – Mr. Darcy che attraversa la brughiera all’alba, avvolto nella nebbia – fu frutto di un’improvvisazione. Girata quasi come un colpo di fortuna in un unico take, con la luce perfetta del primo mattino, la scena è diventata emblematica per la sua forza visiva e il carico emotivo. La dichiarazione “You have bewitched me, body and soul” è entrata nell’immaginario collettivo, simbolo di un amore travolgente ma trattenuto, espresso in un paesaggio che sembra amplificare ogni emozione.
Dialoghi ispirati, ma non letterali
La sceneggiatura, firmata da Deborah Moggach e rielaborata da Joe Wright, non punta alla trasposizione filologica del testo, ma alla sua rielaborazione cinematografica. I dialoghi, pur mantenendo la raffinata ironia della Austen, sono stati alleggeriti, resi più fluidi e comprensibili per un pubblico moderno. L’obiettivo era quello di conservare lo spirito del romanzo, la sua intelligenza e sottigliezza, ma con un linguaggio più diretto e cinematograficamente efficace. Il risultato è una narrazione elegante ma accessibile, in grado di restituire le sfumature dei personaggi senza sacrificare il ritmo del racconto.
Una colonna sonora romantica e raffinata
Le musiche di Dario Marianelli, eseguite dal celebre pianista Jean-Yves Thibaudet, accompagnano il film con una delicatezza struggente. Il tema principale, “Dawn”, è diventato un classico contemporaneo, capace di evocare in pochi accordi l’atmosfera di dolce malinconia e desiderio trattenuto che pervade il film. Lo stile della colonna sonora richiama la musica del periodo Regency, ma con una profondità emotiva più moderna, quasi cinematografica, che accompagna e amplifica i moti interiori dei personaggi.
Il piano sequenza del ballo a Netherfield
Una delle scelte registiche più audaci è il lungo piano sequenza che segue Elizabeth durante il ballo a Netherfield. La macchina da presa si muove con lei, la osserva, la circonda, passa da un dialogo all’altro senza stacchi, immergendo lo spettatore in una danza visiva tanto quanto musicale. Questa scena non solo è un esercizio di stile, ma un modo per rendere visibile il turbamento interiore di Lizzie, la sua confusione, l’attrazione e il disagio, tutto racchiuso nel fluire ininterrotto dell’inquadratura.
Un finale alternativo per il pubblico americano
Il film presenta due finali diversi a seconda del mercato di distribuzione. Quello britannico si chiude in modo sobrio e affettuoso, con il benestare di Mr. Bennet al matrimonio della figlia. Per il pubblico americano, invece, fu girata una scena extra: Elizabeth e Darcy sposati, immersi in una notte idilliaca, si scambiano effusioni sotto il cielo stellato. Un’aggiunta che ha diviso la critica ma che ha soddisfatto il gusto di un pubblico più incline a conclusioni romantiche esplicite.
Citazioni visive dalla pittura inglese del XVIII secolo
Wright ha attinto a piene mani dall’arte pittorica dell’epoca per costruire l’estetica del film. I paesaggi sembrano usciti dai quadri di Constable, le composizioni ricordano Gainsborough, e alcune scene – come Elizabeth che contempla l’orizzonte o si rifugia tra gli alberi – evocano atmosfere alla Turner, tra luce, natura e introspezione. La fotografia del film non si limita a ricostruire un’epoca, ma la reinventa con poesia, offrendo allo spettatore non solo una visione del passato, ma un’emozione visiva che lo attraversa.
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Emanuela Giuliani