La recensione di Nuovo Olimpo, il nuovo film di Ferzan Ozpetek presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023.
Con Nuovo Olimpo, presentato alla diciottesima Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public e disponibile su Netflix dal 1° novembre, Ferzan Ozpetek torna a raccontare l’amore, il destino e la memoria. Lo fa attraverso una vicenda profondamente personale, ispirata a un episodio reale della sua giovinezza, che prende forma sullo schermo grazie alla sceneggiatura scritta a quattro mani con Gianni Romoli, suo storico collaboratore.
Il film, ricco di nostalgia e bellezza visiva, ha tutte le intenzioni di toccare le corde del cuore, ma finisce per rimanere intrappolato in una forma impeccabile che non riesce a trasmettere pienamente l’intensità del sentimento.
L’amore eterno, ma mai compiuto
Al centro della storia ci sono Enea e Pietro, due giovani uomini che si incontrano per caso alla fine degli anni ’70 e vivono un amore breve ma totalizzante. Un evento improvviso li separa, e per oltre trent’anni continueranno a cercarsi, a sognarsi, a immaginarsi, senza mai veramente ritrovarsi.
Ozpetek mette in scena un amore sospeso, mai pienamente vissuto, un legame che si trasforma in ricordo e si cristallizza nel tempo. Il passato, in Nuovo Olimpo, è più vivo del presente: è il luogo in cui le emozioni sono state autentiche, pure, incandescenti. È un amore che sopravvive alle trasformazioni, ma che rimane incastrato nel “non detto”, nel “non fatto”, nell’“avrebbe potuto essere”.
La memoria come rifugio e condanna
Il tempo in Nuovo Olimpo è liquido, quasi onirico. La narrazione salta tra decenni con grazia, ma anche con una certa distanza emotiva. Il ricordo diventa la vera forza motrice dei personaggi: ciò che li nutre ma anche ciò che li condanna a una vita incompiuta. Enea e Pietro si rincorrono nei sogni, nei volti degli altri, nei luoghi del passato, ma restano prigionieri di un ideale che non si realizza mai del tutto.
Ozpetek sembra voler riflettere su quanto il tempo, e la memoria che lo filtra, possa trasformare un amore reale in un mito personale, un totem emotivo che si porta dentro per sempre.
Come sempre, Ozpetek affronta il tema dell’omosessualità con naturalezza e autenticità. Lo fa, però, evitando ogni retorica e rivendicazione, concentrandosi invece sulle persone, sui sentimenti, sulle emozioni universali. “Io non racconto l’omosessualità e l’eterosessualità. Io racconto le persone come sono fatte,” afferma il regista, sottolineando un approccio che attraversa tutta la sua filmografia.
In Nuovo Olimpo, l’amore tra due uomini è raccontato con pudore e sensualità, con momenti espliciti ma mai gratuiti, inseriti in un contesto emotivo coerente. Tuttavia, proprio questa sincerità narrativa rischia di rimanere confinata nella superficie, non riuscendo a toccare nel profondo come accadeva in opere precedenti come Le Fate Ignoranti o La finestra di fronte.
Uno degli aspetti più riusciti del film è senza dubbio la ricostruzione dell’Italia degli anni ’70 e ’80. La scenografia, curata nei minimi dettagli, riesce a evocare una Roma poetica, malinconica, lontana, quasi mitologica. Le sale cinematografiche con le poltrone di legno, le strade, gli abiti, i gesti: tutto contribuisce a costruire un mondo sospeso, autentico ma idealizzato.
Ozpetek ha dichiarato di aver vissuto con ansia questa sfida, ma il risultato visivo è uno dei punti di forza della pellicola. Tuttavia, anche qui si percepisce una certa staticità, come se la cura della forma finisse per sovrastare il battito emotivo.
I due protagonisti, Damiano Gavino e Andrea Di Luigi, reggono con dignità il peso del film. Gavino, già noto per il suo talento, conferma la sua capacità di muoversi con intensità nei registri emotivi. Di Luigi, al debutto, sorprende per autenticità e sensibilità. Tuttavia, la sceneggiatura non li sostiene sempre adeguatamente, lasciando alcune dinamiche sospese e alcune emozioni appena abbozzate.
Il cast di contorno – Jasmine Trinca, Luisa Ranieri, Greta Scarano, Giancarlo Commare – appare poco sfruttato, quasi decorativo, quando invece avrebbe potuto arricchire il racconto di sfumature e contrasti.
Ozpetek si racconta, ma perde un po’ sé stesso
Nuovo Olimpo è forse il film più intimo di Ferzan Ozpetek, un’opera che sembra voler chiudere un ciclo, voltare pagina. Tuttavia, questa urgenza di raccontarsi non si traduce in una piena condivisione con lo spettatore. Manca quella magia che ha sempre caratterizzato il suo cinema: la capacità di trasformare l’intimo in universale, il personale in esperienza condivisa.
Il film è elegante, visivamente curato, sincero nel suo intento, ma resta freddo, distante, quasi come se il regista, nel guardarsi dentro, avesse perso il contatto con chi guarda
In definitiva, Nuovo Olimpo è un’opera ambiziosa e malinconica, che riflette sui temi dell’amore, della memoria, dell’identità e del tempo. È un film sincero, ma non abbastanza coinvolgente. Un progetto importante per il suo autore, ma che lascia lo spettatore con un senso di incompiutezza. Una storia che parla al cuore, ma non riesce davvero a toccarlo.
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Emanuela Giuliani
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