La recensione di Nope, il nuovo film scritto e diretto dal premio Oscar Jordan Peele nelle sale cinematografiche dall’11 agosto.
Dopo aver conquistato l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale nel 2018 con Scappa – Get Out e aver confermato il suo straordinario talento con Us nel 2019, Jordan Peele torna sul grande schermo con Nope, un film che promette di ridefinire ulteriormente il genere horror e di esplorare nuovi territori inquietanti. Con la sua natura enigmaticamente riservata e un marketing che ha deliberatamente evitato di svelare troppo sulla trama, Nope è stato accolto con un’eccitante curiosità, e il regista non delude le aspettative.
Ambientato nelle vaste e solitarie terre di Agua Dulce, in California, Nope porta lo spettatore in un’esperienza visivamente sbalorditiva e emotivamente coinvolgente. Grazie anche al formato IMAX, l’immersione è totale, come la tensione che cresce mentre i protagonisti cercano di comprendere e filmare un misterioso fenomeno che sembra minacciare la loro esistenza. Come sempre, Peele non si limita a spaventare il pubblico, ma intreccia una serie di critiche sociali intelligenti, affrontando temi di sottomissione, controllo e la natura impossibile da dominare, con una riflessione sul rapporto tra l’uomo e il suo ambiente.

Al centro della storia troviamo i fratelli OJ (interpretato da Daniel Kaluuya) ed Em (interpretata da Keke Palmer), due addestratori di cavalli per il cinema che si trovano coinvolti in un misterioso evento che porterà alla morte del loro padre. Inizialmente convinti che il fenomeno che osservano tra le nuvole sia un UFO, presto si rendono conto che si tratta di qualcosa di molto più pericoloso e sconosciuto: una creatura aliena, un predatore del cielo che incarna l’idea di una natura incontrollabile. La loro ricerca di risposte li porta ad un confronto diretto con questo ente mostruoso, ma anche con la paura del ‘diverso’ e del ‘non conosciuto’, una costante nelle opere di Peele.
Il film si distingue non solo per la sua capacità di generare paura e tensione, ma anche per l’intenso intrattenimento che offre. Il regista mescola il terrore con l’affascinante mistero di un mostro che, pur essendo spaventoso, invita lo spettatore a fissarlo, cercando di capirlo. Peele gioca con i limiti tra ciò che è reale e ciò che è finzione, creando un’esperienza cinematografica che cattura non solo la mente, ma anche l’anima.

Una delle tematiche più potenti in Nope è l’incapacità dell’uomo di controllare o domare la natura e gli altri esseri viventi. Questa riflessione trova una forte simbolicità nella scena che coinvolge la scimmia Gordy, un omaggio evidente al cinema di Steven Spielberg, e in particolare a E.T. L’extraterrestre. La scena, che mostra Gordy in preda alla follia durante un set televisivo, fa da contrappunto alla relazione con l’idea di un essere che sfugge al controllo umano, evocando il più ampio tema della natura selvaggia e indomabile.
Ma Nope non è solo una riflessione sul controllo: è un film che invita a guardare oltre la superficie, a esplorare quello che sta oltre l’orizzonte, e a confrontarsi con i propri timori. La fine del film, senza rivelare troppo, è un’esperienza che lascia lo spettatore riflettere a lungo sulla tematica centrale del controllo e della dominazione, oltrepassando le linee tra il regista e il pubblico stesso.
Nel cast troviamo anche Steven Yeun (candidato all’Oscar per Minari), Michael Wincott e Brandon Perea, tutti impeccabili nel dare vita a personaggi che si trovano ad affrontare l’impossibile. Le performance sono potenti, a partire da Daniel Kaluuya, che regala un’altra interpretazione intensa e sfumata, e Keke Palmer, che porta freschezza e umorismo in un contesto teso e drammatico.
In conclusione, Nope è un altro capolavoro da non perdere di Jordan Peele. Un viaggio che miscela paura, critica sociale e un’abilità senza pari nell’intrecciare lo spettacolo con il significato. Un film che va visto per lasciarsi trasportare, senza preconcetti, ma con la mente aperta a ciò che Peele ha da offrire.
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Emanuela Giuliani
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