La recensione dell’attesissimo “No Time to Die”: L’Addio a Daniel Craig e il Futuro del Franchise di James Bond.
Finalmente, dopo anni di attesa e numerosi rinvii causati dall’emergenza pandemica di Covid-19, che ha fermato i circuiti cinematografici di tutto il mondo, No Time to Die arriva finalmente nelle sale il 30 settembre, con la promessa di soddisfare una lunga attesa. Il 25esimo capitolo della storica saga di James Bond segna la fine dell’era Daniel Craig, un addio che si preannuncia tanto epico quanto emotivo.
Il film non è solo una nuova avventura di 007, ma rappresenta un profondo cambiamento nella visione del personaggio. Se le precedenti pellicole hanno puntato fortemente sull’azione e sull’adrenalina, No Time to Die si concentra maggiormente sui sentimenti e sulle emozioni, un aspetto che gioca un ruolo fondamentale nella trama e nella chiusura del ciclo di Daniel Craig nei panni di James Bond. Questa volta, l’agente segreto britannico, sempre pronto con una battuta arguta e una risposta fulminea, si trova a fronteggiare non solo i nemici, ma anche le proprie fragilità, sfaccettature che da sempre erano nascoste dietro la sua imperturbabile freddezza.
La trama inizia con Bond che ha finalmente trovato un po’ di pace a Matera, dove vive con Madeleine Swann (interpretata da Lea Seydoux), ma l’ombra della Spectre non è mai lontana. Dopo essere sopravvissuto a un attentato e convinto che Madeleine lo abbia tradito, Bond decide di ritirarsi in Giamaica, cercando un angolo di serenità. Ma la sua tranquillità dura ben poco: un incontro con Felix Leiter (Jeffrey Wright), agente della CIA, lo riporta nel gioco. Leiter chiede a Bond di aiutarlo a liberare uno scienziato rapito da un nuovo e inquietante nemico, Lyutsifer Safin (Rami Malek), che minaccia di scatenare un’arma tecnologica devastante, un virus in grado di colpire il DNA in modo personalizzato.
Diretto da Cary Fukunaga, che firma anche la sceneggiatura insieme a Neal Purvis, Robert Wade e Phoebe Waller-Bridge, No Time to Die si distingue per una narrazione che fonde perfettamente l’azione e il drama, con una durata di 2 ore e 43 minuti che, pur lunga, giustifica ogni singolo momento. Questo capitolo finale racchiude l’essenza di un viaggio iniziato nel 2006 con Casino Royale, proseguito con Quantum of Solace (2008), Skyfall (2012), Spectre (2015), e che ora arriva a una conclusione tanto inevitabile quanto toccante. Bond, che ha servito la corona britannica con dedizione e sacrificio per oltre 15 anni, si trova a fare i conti con un finale che, pur prevedibile in alcuni aspetti, lascia spazio a un futuro tutto da scrivere.
Il film si distingue per la sua capacità di riflettere sulla natura del protagonista, mostrando come ogni scelta, ogni azione, ogni battaglia abbia condotto Bond a questa resa dei conti finale. Un addio che sa di malinconia e nostalgia, ma che non risparmia sorprese e colpi di scena. Il finale, sebbene emotivamente coinvolgente, apre anche la porta a nuove possibilità per il franchise. In particolare, viene introdotto un nuovo personaggio che potrebbe rappresentare il futuro di 007: Lashana Lynch, che interpreta la prima 007 donna, una figura che, pur non avendo ancora dimostrato di poter raccogliere pienamente l’eredità di Bond, ha sicuramente il potenziale per ritagliarsi uno spazio significativo nei prossimi capitoli della saga.
Con No Time to Die si chiude un’era che ha segnato profondamente il franchise di James Bond, sia dal punto di vista cinematografico che culturale. Daniel Craig lascia il suo segno indelebile, ma la saga di Bond non si ferma qui: il futuro è pronto a rivelarsi, portando con sé nuove sfide, nuovi volti e nuove emozioni.
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Emanuela Giuliani
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