“Nightmare Alley” – Recensione: il fascino delle illusioni e l’oscurità dell’animo umano
“Nightmare Alley – La Fiera delle Illusioni” di Guillermo del Toro, arriva finalmente sul grande schermo pronto ad ammaliare con un viaggio dove a farla da padrone è l’infida, crudele ambizione personale. Un insaziabile fame di potere che inesorabilmente catapulterà lo spettatore all’interno dell’oscura, brutale, effimera, affascinante, consapevole quanto inconsapevole, spirale di bugie e ‘illusioni’.
Traendo ispirazione dall’omonimo film cult guidato da Edmund Goulding nel 1947 con protagonista Tyrone Power, basato a sua volta su uno dei grandi romanzi noir americani degli anni ’40 scritto da William Lindsay Gresham, il regista premio Oscar giocando come di consueto con le atmosfere nonché con il labile confine che separa realtà e finzione, porta in scena la sua particolare suggestiva versione e visione dell’inquietante e privo di scrupoli animo umano. Un racconto in cui ad emergere è quel lato mostruoso la cui certezza di non essere in grado di poterne gestire l’orrore, spinge qualsiasi essere vivente ad ignorarne ostinatamente l’esistenza, e alcune volte, come nel caso del protagonista, a convincere a tal punto se stessi tanto da arrivare a credere di poter dominare quel demone avendo il dono di controllare, manipolare e plasmare a proprio piacimento e per il proprio profitto persone e situazioni.
“Tu non inganni le persone. Le persone si ingannano da sole”
Scavando nell’infinito buio della condizione umana, del Toro fa scivolare lentamente all’inferno il giovane, bello ed oltremodo esuberante e sicuro si se protagonista Stanton Carlisle, dal volto di un impeccabile Bradley Cooper.
Stanton, anzi Stan, trova lavora in una cerchia ristretta di un circo itinerante degli anni ’30, dove, davanti ad una folla pronta a stupirsi e soprattutto a lasciarsi ingannare, si esibiscono freaks veri e presunti, ed in cui proprio per questo ovviamente nulla è come sembra. Ma quella, si ripete il carismatico Stan, non sarà per sempre la vita che farà, e così dopo aver appreso i vari trucchi grazie alla chiaroveggente Zeena, Toni Collette, e a suo marito Pete, David Strathain, ex mentalista, ed aver testato la sua capacità, se pur acerba, di riuscire ad incantare la mente della gente deciderà di dare forma alla propria bramosia.
Un’ascesa piena di luci e ombre, di colpi di fortuna e di inganni meticolosamente organizzati con numeri di illusione e di magia, imparando e affinando l’arte della lettura mentale e le tecniche per imbrogliare chi è pronto a essere imbrogliato.
Sarà questo il trampolino di lancio che lo porterà nelle case lussuose dei ricchi dell’elite dell’alta società newyorkese degli anni ’40, rispettato e venerato, perché capace di straordinari esercizi di spiritualismo che mettono i vivi in contatto coi morti, facendo parlare i cari estinti, gli amori di giovinezza, e i sensi di colpa mai sopiti, con l’amata e leale Molly, Rooney Mara, nemesi di quell’innocente purezza da lui cercata e da cui si stava allontanando, o forse al quale credeva di essersi avvicinato con la speranza di tenere a bada la sua vera natura, alleviando la propria coscienza e i propri tormenti interiori.
Uno spettacolo, il cui crescente teso desiderio di ricchezza condurrà tuttavia Stan a perdere completamente il senso della realtà, ad ingannare chi lo ama trasformandolo in tutto ciò che si era promesso di non diventare mai.
“Quando un uomo crede alle proprie bugie comincia a credere di avere il potere”
Un percorso pari a quello di un giro sulla Ruota Panoramica. Si parte dal basso, si sale, si arriva in cima, e lì, si osserva il mondo dall’alto pervasi da un eccitante sensazione di dominio, e mentre ci si convince che ogni cosa è possibile, ecco che inizia la discesa e si torna a terra, da dove si è partiti. Ma nel caso di Stan però più che un tornare è un finire ancora più basso, tra quelle fiamme dell’inferno che non hanno mai smesso di perseguitarlo nei pensieri e avvolgerlo negli incubi, che in un certo senso ha rinnegato tenendole nascoste e da cui ha cercato di fuggire.
Una parabola specchio di molte realtà, che potrebbe essere anche racchiusa in “chi troppo vuole nulla stringe”. Una favola noir quella di del Toro dal forte sapore malinconico, nostalgico e crudo, suo tratto distintivo, dove l’accattivante menzogna del bene regna in virtù del falso luccichio dell’oro. Dove la vita prima o poi presenta il conto, e senza alcuno sconto dimostra e ribadisce che è lei a dettare regole e leggi.
“Se deludi le persone sbagliate, il mondo ti stritola molto in fretta”
Con “Nightmare Alley – La Fiera delle Illusioni” del Toro, nonostante una narrazione spesso troppo lenta che rischia di interrompere l’empatia con il racconto e i personaggi, crea un quadro, un ritratto assolutamente seducente. Dai costumi alle scenografie, dove ad ogni azione corrisponde una reazione e conseguenza, dove si sottolinea ancora una volta la perenne lotta dell’uomo con il bene e il male, il bello e il brutto, la generosità, il rispetto i sentimenti e il potere.
Emanuela Giuliani
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