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Mufasa: Il Re Leone, incontro stampa: Barry Jenkins: “Non capirò mai perché la Disney ha voluto che dirigessi questo film”

Barry Jenkins incontra la stampa italiana a Roma e racconta l’esperienza e l’emozione di dirigere Mufasa: Il Re Leone.

Debutterà nelle sale cinematografiche italiane il 19 dicembre: Mufasa il Re Leone, prequel del film del 2019 Il Re Leone, che esplorerà l’ascesa dell’amato re delle Terre del Branco. E nell’attesa abbiamo avuto il piacere di incontrare il regista Barry Jenkins, che in occasione della promozione del film, ha raccontato alla stampa italiana l’esperienza e la nascita del progetto.

“Non ho capirò mai il perché la Disney ha voluto che dirigessi questo film. Non avrei mai immaginato che io regista di Moonlight potessi essere la persona perfetta”, ha svelato Jenkins. “Quando sono venuti da me la prima volta ho detto: no, e anche quando ero in macchina e il mio agente mi chiamava per dirmi che la Disney mi voleva per un film su Il Re Leone, nonostante io avessi letto la sceneggiatura, rispondevo di no, e lui mi diceva che non potevano dire di no alla Disney”, spiega. “Il tempo passava ma loro insistevano, allora ho chiesto al mio agente di leggere la sceneggiatura, ma dal momento che si trattava di materiale strettamente segreto, mi ha detto che solo io potevo leggerla. Dopo 8 giorni mia moglie (la regista Lulu Wang), mi ha detto che sarebbe stato infantile da parte mia rifiutare senza aver preso in considerazione la sceneggiatura e così ho iniziato a leggerla. Il motivo per cui voi avete visto i primi 39 minuti e 15 secondi, è perchè questo è esattamente il punto esatto in cui mi sono fermato nella lettura, mi sono girato verso di lei e ho detto: ‘Fantastico forse c’è qualcosa di speciale e dovremmo prendere in considerazione la realizzazione di questo film’. E’ stata la sceneggiatura che mi ha conquistato”.

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Barry Jenkins durante l’incontro stampa a Roma per Mufasa il Re Leone – Foto cortesia @Disney

Mufasa: Il Re Leone racconta, attraverso Rafiki, la leggenda di Mufasa alla giovane cucciola di leone Kiara, figlia di Simba e Nala, con Timon e Pumbaa che offrono il loro caratteristico spettacolo. Raccontata attraverso flashback, la storia presenta Mufasa, un cucciolo orfano, perso e solo fino a quando incontra un leone comprensivo di nome Taka, erede di una stirpe reale. L’incontro casuale dà il via al viaggio di uno straordinario gruppo di sventurati alla ricerca del proprio destino: i loro legami saranno messi alla prova mentre lavorano insieme per sfuggire a un nemico minaccioso e letale.

Barry Jeenkins, così come Greta Gerwig, Ryan Coogler e Chloe Zhao, fanno parte di una generazione di registi indipendenti che hanno accettato la sfida del mainstream lanciandosi in franchise, e a tal proposito il regista di Moonlight e Se la strada potesse parlare afferma.

“Ryan Coogler e Greta Gerwig sono amici con i quali ho parlato prima di accettare questo progetto, e credo che siamo la prima generazione di registi di questi franchise che non esistevano negli ’60, ’70 e ’80. Siamo la prima generazione cresciuta con il mainstream e questi franchise che sono i film della nostra infanzia. Film come Il Re Leone, Toy Story, oppure Die Hard, Terminator 2 e Independence Day, sono cinema il cinema con il quale sono cresciuto e che arrivano come una parte diversa della mia vita che è divisa in due fasi: i film che ho visto prima di andare nella scuola di cinema, e i film che ho visto dopo la scuola di cinema”.

Jenkins proseguendo parlando della natura universale del film.Questo film è una cosa fantastica perché le persone di tutto il mondo lo vedranno in tutte le lingue, e chiunque sollevi un pupazzetto sa che quel gesto ricorda Rafiki che presenta Simba agli animali. E’ un gesto universale che tutto il mondo condivide da 30 anni, così come tutti pensiamo che Mufasa è re perché è un leone saggio e giusto e discende dai re, e Scar è cattivo perché è nato cattivo. Ma io ho sempre creduto alla differenza tra natura e cultura. All’inizio del film, Mufasa perde tutta la sua famiglia e viene trovato da Taka e dalla sua famiglia. Vediamo come il papà di Taka sia un pessimo padre e come sua madre Eshe, a cui viene affidato il piccolo Mufasa, invece insegni al giovane leone i segreti e gli equilibri della natura. Poteva succedere il contrario, è un caso che i due siano cresciuti con due modelli di genitori differenti, cosa che lo fa diventare degli adulti completamente diversi tra loro”.

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Barry Jenkins durante l’incontro stampa a Roma per Mufasa il Re Leone – Foto cortesia @Disney

In merito ai film Disney che lo hanno fatto crescere e sentire accettato Jenkins rivela.

“La Sirenetta e parte del mondo dei film che ho amato così come Il Re Leone, l’ho visto tante volte con i miei nipotini. Dei film che mi piacciono di più c’è ad esempio Fantasia, ho sempre pensato ci fosse qualcosa di bello nel modo in cui la Disney utilizzava le immagini come metafore, e mi piace moltissimo questo personaggio che si muove con gli oggetti e gli oggetti che creano una magia. Quando ho iniziato ad affrontare questo film volevo portare un po’ di questa magia di Fantasia nell’Universo di questo film, come nella scena della canzone Milele (scena che ovviamente non vi descriveremo per non svelarvi nulla e rovinarvi la visione)”.

Mufasa: Il Re Leone unisce tecniche cinematografiche live-action con immagini fotorealistiche generate al computer, e vede il pluripremiato compositore Lin-Manuel Miranda firmare le canzoni della straordinaria colonna sonora. In. Merito a questo, Jenkins ha spiegato quale è stata la sfida più grande tra tecnologia e musica.

“Manuel Miranda che ha scritto le canzoni del film è intervenuto velocemente all’inizio del film. Io non ho mai fatto musica e mi piace cercare di realizzare cose che non ho mai fatto con attorno le giuste persone. Lui è intervenuto da subito e io sono stato molto chiaro nel dire quanto mi piaceva l’eredità de Il Re Leone, e che doveva semplicemente aiutarmi a raccontare la storia. La più grande sfida non è stata la musica, ciò che è stato molto difficile in un certo senso è stata la tecnologia. Mi piace fare dei film con gli esseri umani, mi piace avere tutte queste persone all’interno di una stanza di un set, seduti sotto la stessa luce mentre sentiamo lo stesso vento con le macchine da presa, cercando di far spostare tutti come in un concerto, ma con la tecnologia ci vuole tempo. Ci vuole tempo per imparare ad utilizzarla e padroneggiarla. Ci è voluto circa un anno mezzo per questo e 4 anni per dare vita al film”.

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Barry Jenkins durante l’incontro stampa a Roma per Mufasa il Re Leone – Foto cortesia @Disney

Ma quanto c’è di Mufasa in Barry Jenskins, e come si connette agli altri suoi film?

“Quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta ho pensato che poteva diventare un film di Barry Jenkins, con tanto lavoro e pazienza, ma ci poteva diventare. Chi ha lavorato con me è stato molto generoso perché dovevo cercare di capire come far funzionare il processo secondo il mio modo, con accanto coloro che lavorano sempre con me, come in particolare il direttore della fotografia, lo scenografo e la montatrice. Il film è costituito da questi tre blocchi, e la società degli effetti speciali è stata molto paziente. Dal momento che gli animali si muovono su 4 zampe e gli esseri umani su due gambe, abbiamo prima registrato la voce di tutti gli attori e fatto una specie di radio dramma, un film per la radio, poi abbiamo preso questa registrazione e montato il film a storyboard, e infine sui disegni sono state realizzate le animazioni in cui ho diretto un gruppo di animatori veri, e attraverso una tecnologia abbiamo disegnato i loro movimenti e battute sui personaggi in modo da riuscire a trasmettere tutte le emozioni con il movimento fisico a degli animali. Una delle ragioni per cui ho fatto questo film è per mostrare che questi animali hanno la complessità degli esseri umani e della società, che poi accomuna la condizione di tutti i nostri paesi”.

“Mufasa si connette per molte cose agli altri miei film. Ad esempio credo che Mufasa e Chiron, il protagonista di Moonlight, abbiamo molte cose in comune. Entrambi si sentono orfani in un certo senso perché la mamma c’è ma non c’è, con questo padre putativo assente. Entrambi devono costruirsi la vita attraversando il mondo e non riescono ad accettare di esseri degni di amore. Potrei descrivere Mufasa esattamente come descriverei Chiron, e la cosa incredibile è che Mufasa non l’ho scritto io ma è arrivato a me, è successo. La somiglianza più grande però è nella sfera personale. Nel film Mufasa incontra Taka, poi Rafiki, Sarabi e Zazu e con loro costruisce una famiglia che ama e lo amano, proprio come ho fatto io quando ho iniziato a lavorare a questo film con i miei amici e miei collaboratori. Inoltre mia mamma è morta quando stavo lavorando a questo film, e non mi sono reso conto come questo mi stava preparando al trauma di quell’esperienza. Mi è stato detto che i film che facciamo dovrebbero essere un riassunto delle nostre vite in quel momento, e guardandoli uno per uno dovresti capire esattamente a che punto eri della vita quando li hai girati. E con Mufasa è possibile”.

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Barry Jenkins – photo call Mufasa il Re Leone – Foto cortesia @Disney

Quando si parla di Mufasa, si parla della figura paterna per eccellenza nell’universo Disney, e su quanto sia cambiato il modo di raccontare queste figure nella società Barry Jekins dice.

“Io credo che il mondo sia cambiato, che la comprensione dei bambini, la complessità di quello che vedono sia cambiata, per cui penso che sta a noi mostrare loro un’immagine più complessa di noi genitori e fratelli che si prendono cura di loro, e se non lo facciamo gli stiamo facendo un disservizio perché li mandiamo in un mondo in cui sono bombardati da immagini e stimoli, e quindi hanno bisogno di queste storie culturali. Bisogna dare loro qualcosa che li possa preparare al mondo. Siamo tutti essere umani complessi e la natura rispetta l’educazione. Io vengo da un mondo che ricorda Moonlight con luoghi molto duri, ed era difficile per me immaginare che sarei arrivato a Roma seduto a parlare davanti ai giornalisti per parlare di un film de Il Re Leone. Credo che Mufasa per molto tempo sia stato questa cosa impossibile, da bambini pensi: non potrò mai essere un re, non potrò mai essere un leader, non potrò mai essere qualcuno che la gente guarda con ammirazione, e quello che mi piace in questo film è proprio il fatto che abbiamo deprogrammato l’idea di quello che ci vuole per fare diventare qualcuno un leader. La leadership non è determinata dalla tua origine, ma è la vita e la famiglia che costruisci attorno a te che fa la differenza”.

Mufasa il Re Leone è prodotto da Adele Romanski & Mark Ceryak, mentre Peter Tobyansen è il produttore esecutivo.

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Emanuela Giuliani


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