Protagonista indiscusso della seconda giornata della 76esima Mostra del Cinema di Venezia, ormai entrata nel vivo, senza alcun dubbio, è uno dei titoli più attesi, ovvero “Marriage Story” diretto da Noah Baumbach, che porta sul grande schermo il complesso e traumatico percorso del divorzio, tratto da un’esperienza personale vissuta circa dieci anni fa e che lo ha profondamente segnato, realizza un’opera di rara intensità emotiva, capace di toccare corde profonde e di svelare le verità più intime del cuore umano.
Il film si sviluppa come un racconto dallo straordinario impatto emotivo, che con forza e nudità trasmette e fa percepire, in modo tangibile, le emozioni vissute dai protagonisti. Un crescendo di tensione che implode ed esplode, liberando finalmente i pesanti fardelli e rancori, fino a quel momento soppressi, costringendo i personaggi a confrontarsi con una realtà dolorosa e irreversibile. Le interpretazioni dei due protagonisti, Adam Driver e Scarlett Johansson, sono semplicemente magistrali. La loro chimica sullo schermo è palpabile, rendendo ancor più struggente e reale il loro viaggio interiore attraverso la fine di una relazione che, seppur rovinata, non smette mai di essere segnata da un’affettività inestricabile.
Affiancati da una performance impeccabile di Laura Dern, nel ruolo di una spietata ma anche ironica avvocatessa divorzista, il film raggiunge una profondità ulteriore. Il suo monologo, in cui argomenta con convinzione sul perché una donna debba essere perfetta, ha suscitato un caloroso applauso in sala, tanto per la sua forza drammatica quanto per la sua rilevanza sociale. La Dern incarna la figura dell’avvocato divorzista che, pur nella sua ambiguità, diventa un perno centrale nel tragico processo di disfacimento dei protagonisti.
Con “Storia di un matrimonio”, Baumbach regala al pubblico del Lido un’emozione travolgente, un ritratto potente e viscerale della fine di una vita condivisa. Il film esplora la trasformazione dell’amore, la difficoltà di comprendere e accettare la fine di una relazione e la sfida di ricominciare da capo. Tra le pieghe dei dialoghi perfetti e meticolosamente curati, il regista non solo dipinge la crudeltà di una separazione, ma ci invita anche a riflettere sugli sbagli – i propri e quelli degli altri – che ci portano ad un punto di rottura. La narrazione è cruda e realistica, un pugno allo stomaco che lascia senza fiato, svuotando l’anima e lasciando solo il sapore amaro di una realtà difficile da accettare. Le parole, pronunciate con rabbia e istinto, colpiscono dritto al cuore di entrambe le parti, alimentate da una serie di domande a cui, forse, non esiste una risposta giusta.
In conclusione, “Storia di matrimonio” non è solo una storia di divorzio, ma un racconto universale sulla difficoltà di trovare un equilibrio nella vita, sull’accettazione delle proprie fragilità, sul dolore della separazione e sull’intensità dei sentimenti che continuano a persistere anche quando la fine sembra inevitabile. Un film che merita di essere visto e vissuto, capace di lasciare il segno nella memoria e nel cuore di chi lo guarda.
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Emanuela Giuliani
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