“L’uomo nel buio” – Recensione: Dio è giusto
Torniamo a rivedere sugli schermi “L’uomo nel buio”, all’anagrafe Norman Nordstrom, interpretato dall’inossidabile Stephen Lang: Un ex Navy Seals, veterano della Guerra del Golfo che lo ha reso una furia cieca.
Nella prima pellicola lo avevamo visto sopravvivere all’assalto di una banda di ragazzini balordi, che non solo volevano derubarlo, ma che avevano scoperto i suoi segreti tenuti nascosti nello scantinato.
Ora, otto anni dopo, l’uomo vive in una vecchia casa desolata nella periferia di Detroit insieme a Shadow, il suo fedele rottweiler e ad una ragazzina, Phoenix, della quale ha deciso di prendersi cura per cercare di alleviare il dolore per la perdita di sua figlia e ricostruirsi una famiglia.
Phoenix è scampata ad un incendio e non ricorda nulla del suo passato, ma viene sottoposta a rigidi allenamenti da Norman, necessari per imparare a difendersi e questo finisce per confinarla spesso dentro casa, protetta ad ogni costo da colui che considera suo padre.
Detroit viene vista come una minaccia, un luogo pericoloso, dopo il default del 2013, continua ad essere rappresentata come simbolo dell’America allo sbando, alla deriva, un parallelo cercato e forte di un messaggio politico, oltre che sociale.
Anche in questo sequel l’uomo viene nuovamente assalito da dei criminali, interessati stavolta a Phoenix, che riescono a rapire, lasciando l’uomo solo in mezzo alla casa che brucia. Ma Norman non si arrenderà neanche stavolta, mettendosi alla caccia di chi minaccia la sua serenità e la sua famiglia.
Fede Álvarez e Rodo Sayagues avevano scritto insieme il primo film, ora invece si alternano tra regia e sceneggiatura ed Alvarez finisce dietro la macchina da presa. La struttura narrativa è povera ed abbastanza elementare, ancor più scarna come dialoghi, e rende la pellicola farraginosa e vuota prima dell’incedere dell’azione.
Interessante invece la fotografia, funzionale all’azione ed alla narrazione, con efficaci inquadrature dall’alto che descrivono visivamente l’intera scena.
Un’azione che non cede agli scrupoli nella messa scena della violenza, impietosa e cruenta, non a caso tra i produttori si legge il nome altisonante di Sam Raimi. Scontri a mani nude, con enormi armi da taglio, sadismo allo stato e sangue che scorre a fiumi, come l’acqua, alleata del buio.
Un’oscurità nella quale vive il protagonista e nella quale saranno costretti ad immergersi tutti, tra luci che virano dal blu al seppia al rosso ed inquadrature dai tagli ricercati che determinano l’animo del singolo personaggio. Norman ora è costretto ad abbandonare la percezione domestica che conosce per andare a caccia e riscattare e salvare se stesso, oltre che Phoenix.
Un personaggio che in questo film ribalta il suo modo di essere, e cambia anche grazie al passato. I sensi si amplificano, come le sue trappole che diventano elaborate fino all’inverosimile, con la pellicola che punta all’eccesso, perdendo un pò troppo di credibilità soprattutto in alcuni passaggi. Un antieroe che ha mostrato sempre comportamenti malati, ma che ora ha intenti salvifici e che alla fine ottiene la compassione di chi lo osserva, perchè pur venendo dal male e da azioni riprovevoli, ha saputo combattere per il bene, anche nelle sue scelte.
Perchè non sempre le apparenze ingannano.
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Chiaretta Migliani Cavina
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