Love Life, la recensione: Un Ritratto Intimo della Solitudine e dell’Amore, Tra Distanze e Connessioni

La recensione di: LOVE LIFE, Un Ritratto Intimo della Solitudine e dell’Amore, Tra Distanze e Connessioni del regista Kōji Fukada.

Il regista Kōji Fukada ha presentato alla 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il suo nuovo lavoro, LOVE LIFE, ispirato dall’omonima canzone di Akiko Yano, una delle voci più emblematiche della musica giapponese. Già collaboratrice di artisti del calibro di Ryūichi Sakamoto, Pat Metheny e Peter Gabriel, Yano ha contribuito con la sua musica evocativa e malinconica a creare l’atmosfera che permea il film, facendosi portatrice di un messaggio che sfida il tempo e lo spazio. La sua composizione, semplice ma profonda, diventa il filo conduttore di una narrazione che esplora l’intimità e le sue fragilità. Fukada, che aveva già ricevuto il riconoscimento a Cannes con Harmonium, continua a indagare con il suo cinema la complessità dell’esistenza quotidiana, proponendo una riflessione affascinante sull’umano, sulle sue paure e sulle sue speranze.

LOVE LIFE narra la storia di Taeko (interpretata magistralmente da Fumino Kimura), una donna la cui vita scorre tranquilla accanto al marito Jiro e al figlio Keita, fino a quando un evento traumatico sconvolge l’armonia della sua esistenza: il ritorno del padre biologico del bambino, Park (Atom Sunada), un uomo sordo e senza fissa dimora, con cui Taeko non aveva avuto più alcun contatto da anni. Questo incontro segnerà l’inizio di un dramma che solleverà domande esistenziali sulla colpa, sulla redenzione e sulla solitudine. La decisione di Taeko di accogliere Park, nonostante il peso emotivo che questo comporta, diventa il cuore pulsante del film, con una riflessione profonda sulla solitudine, che non è solo fisica ma anche emotiva, e sulle sue molteplici sfaccettature.

Fukada ha rivelato che l’idea per LOVE LIFE è nata ascoltando per la prima volta la canzone di Akiko Yano all’età di 20 anni, un momento che ha lasciato un’impronta indelebile nel suo percorso creativo. La sua scelta di adattare il brano in un film è stata ispirata dal messaggio universale della canzone, che parla di un amore che continua a esistere nonostante le distanze fisiche ed emotive tra le persone. Il regista ha spiegato che la canzone comunica un sentimento universale: “Nonostante due persone siano lontane, l’una continuerà ad amare l’altra lo stesso.” Questo tema, che aveva già una forte risonanza emotiva, ha assunto un nuovo e profondo significato alla luce della pandemia e dei distacchi sociali che il COVID-19 ha causato, rendendo il film un’esperienza di riflessione collettiva sulla condizione umana, sul nostro bisogno di connessione e sull’ineluttabilità della separazione.

Il regista, in particolare, ha voluto esplorare la solitudine in un contesto familiare, dove le persone si trovano fisicamente vicine, ma non sempre riescono a colmare il vuoto emotivo che li separa. “La solitudine”, ha spiegato Fukada, “è un tema che mi sta molto a cuore. È presente anche in un contesto familiare, dove si può sentirsi soli, anche se circondati dalle persone che amiamo.” Con queste parole, il regista mette in luce un paradosso universale: la vicinanza fisica non è sempre sufficiente a sanare il distacco emotivo, e talvolta l’intimità familiare può rivelarsi una forma di solitudine silenziosa, quasi invisibile agli occhi di chi la vive.

La protagonista Fumino Kimura ha raccontato di come la lettura della sceneggiatura l’abbia profondamente emozionata, rivelandole un mondo che, pur sembrare familiare, celava una dimensione straordinaria e inaspettata. Per Kimura, LOVE LIFE è stato anche un viaggio linguistico e culturale, un’avventura nella lingua dei segni giapponese, un linguaggio che va oltre il semplice movimento delle mani e si arricchisce di espressioni facciali, sguardi intensi e una dimensione emotiva che le parole scritte non sono sempre in grado di esprimere con la stessa forza. Il film diventa, quindi, un ponte che collega mondi lontani, tra cui quello della disabilità e della comunicazione non verbale, mettendo in luce l’importanza di un ascolto empatico che trascende la mera comunicazione linguistica.

Anche Atom Sunada, interprete di Park, ha sottolineato l’importanza di rappresentare la cultura dei non udenti in un modo autentico, lontano dai cliché spesso utilizzati nel cinema. La sua performance, priva di pietismo, offre una visione realistica e rispettosa del personaggio, evitando la tentazione di idealizzare o patetizzare il suo stato. Il personaggio di Park, infatti, non è rappresentato come un “altro” da compatire o da ammirare, ma come una persona complessa e sfaccettata, con la sua umanità, i suoi difetti e le sue contraddizioni. Questa scelta registica consente di evitare la trappola del paternalismo e di portare alla luce la ricchezza di una figura che, pur nelle difficoltà, rimane dignitosa e consapevole del proprio valore.

Con una narrazione delicata, intima e profonda, LOVE LIFE si conferma come una riflessione potente sull’amore, sulla solitudine, sulla comunicazione e sulle distanze che separano le persone. La sua bellezza risiede proprio nella capacità di affrontare temi universali e, al contempo, estremamente personali, in una forma cinematografica che parla al cuore e alla mente. Il film uscirà nelle sale italiane il 9 settembre, in contemporanea con il Giappone, distribuito da Teodora Film, offrendo agli spettatori un’esperienza emozionante che difficilmente si dimentica.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


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