L’Immortale, la recensione: la tragedia di Ciro Marzio tra passato e futuro

La recensione di L’Immortale, La Tragedia di Ciro Marzio tra Passato e Futuro diretto e interpretato da Marco D’Amore.

Il corpo di Ciro Marzio affonda nelle acque scure del Golfo di Napoli, colpito al petto da Genny Savastano, suo unico vero amico e fratello, pur non di sangue. Mentre il suo corpo sprofonda, nella mente di Ciro riaffiorano i ricordi di un’infanzia segnata dalla tragedia, i suoni attutiti dall’acqua che si mescolano alle urla delle persone in fuga durante il devastante terremoto del 1980, un evento che distrusse tutto, ma che, in un paradosso della sorte, salvò proprio lui, ancora in fasce. Da quel momento, Ciro diventò “L’Immortale”, appellativo che da allora lo accompagnerà. Ed è proprio da questa vicenda che prende il via il film omonimo, un’opera che esplora la vita di uno dei personaggi più significativi delle prime tre stagioni della serie Gomorra, Ciro Marzio, facendo da ponte tra il passato e le attese nuove stagioni.

“L’Immortale” si snoda tra la Napoli degli anni ’80, immediatamente dopo il terremoto, e la moderna città lettone di Riga, grazie a una serie di flashback che arricchiscono la narrazione. La storia è un continuo intreccio tra il presente e il passato di Ciro, con l’intento di raccontare la sua crescita e l’ascesa nel mondo della malavita. La narrazione segue un percorso lineare, scandito da una colonna sonora che accompagna ogni momento con il giusto ritmo e la giusta tensione. L’atmosfera è cupa, attraversata dal senso di morte che domina la mente del protagonista. Qui, l’immortalità non è un dono, ma una condanna che segnerà per sempre la sua esistenza.

Il film non si limita a raccontare l’ascesa criminale di Ciro, ma esplora la sua evoluzione interiore, il tormento e i conflitti che lo accompagnano. La sua è una riflessione continua, intrisa di pensieri e paure che si manifestano tra il suo cuore e la sua mente, mentre si trova in esilio lontano da casa, nel freddo Baltico. Nonostante la malinconia e la sfumatura romantica che avvolgono la sua figura, Ciro rimane un prodotto della peggior malavita, un uomo che, pur essendo un simbolo di forza e resistenza, non è né ammirato né amabile.

Alla regia troviamo Marco D’Amore, attore da sempre interprete di Ciro, che segna il suo esordio alla regia di un lungometraggio. D’Amore ha lavorato anche alla scrittura del film insieme a Leonardo Fasoli, Francesco Ghiaccio, Giulia Forgione e Maddalena Ravagli. Il progetto nasce da un’idea che parte dalla scelta del giovane attore che avrebbe interpretato il piccolo Ciro nei vari flashback. La scelta ricadde su Giuseppe Aiello, il cui modo di rispondere durante i provini, dicendo “io sono buono”, ha convinto D’Amore della sua autenticità. L’attore-regista sottolinea anche quanto sia stato importante per lui affrontare il tema della paura, una paura che accompagna non solo i criminali ma anche gli attori, che temono di non essere all’altezza delle aspettative del pubblico.

Il film, purtroppo, non riesce a evitare alcuni difetti: la vicenda, pur essendo solida, risulta priva di colpi di scena sorprendenti e di inaspettati sviluppi. La prevedibilità della trama può limitare l’impatto emotivo, facendo scivolare la narrazione verso un certo conformismo. Tuttavia, “L’Immortale” ha il merito di approfondire e umanizzare una figura complessa e oscura come quella di Ciro, svelando le sue debolezze, il suo conflitto interiore, e la fragilità che si cela dietro l’immagine dell’uomo duro e implacabile.

Marco D’Amore, parlando del suo lavoro, ha sottolineato che l’intento del film non era solo raccontare il crimine e la malavita, ma piuttosto la miseria di una città segnata dalla povertà e dalla ricostruzione post-terremoto, un’esperienza che lui stesso ha vissuto da bambino. “L’Immortale” diventa così anche un atto di memoria, di rivisitazione di un periodo storico difficile, ma anche una riflessione sul valore della vita e della morte. Un’opera che rende giustizia a un personaggio iconico, facendone emergere aspetti meno noti e più umani.

In conclusione, “L’Immortale” è un film che aggiunge profondità alla mitologia di Ciro Marzio, un personaggio che ha segnato la serie Gomorra. Pur non essendo perfetto e soffrendo a tratti di una certa prevedibilità, il film riesce a restituire una visione più intima e sfumata del protagonista. Il 5 dicembre, quando il film arriverà nelle sale cinematografiche, alimenterà sicuramente la curiosità dei fan per la quinta stagione di Gomorra, facendo luce su una parte della storia di Ciro che, pur rimanendo enigmatica e complessa, è destinata a lasciare il segno.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


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