“L’Immortale”, la Recensione del film che porta sul grande schermo Ciro Marzio
Il corpo di Ciro Marzio sprofonda nelle acque scure del Golfo di Napoli, colpito al petto da Genny Savastano, suo unico vero amico e fratello da sempre anche se non di sangue. Mentre affonda sempre più, affiorano in lui i ricordi di un’infanzia drammatica, i cui suoni attutiti dall’acqua si confondono con le urla delle persone in fuga, quando nel 1980, la terrà tremò facendo crollare ogni cosa, ma che miracolosamente decise di salvare lui, piccolo ancora in fasce, che da quel giorno tutti chiamarono l’Immortale.
Ed è proprio da quest’evento che prende il via “L’Immortale”, il film incentrato su una delle figure più importanti delle prime tre stagioni della serie “Gomorra”, Ciro Marzio. Ponte e collegamento fondamentale tra i vecchi e i prossimi nuovi attesi episodi, parte integrante dell’avvincente racconto che riporta sul grande schermo il personaggio simbolo sopravvissuto a quel fatidico colpo.
Ambientato tra la Napoli degli anni ’80 post – terremoto, e la città lettone di Riga odierna, attraverso una serie di flashback, la storia è un continuo connubio tra il presente e il passato del protagonista, con il preciso obiettivo di far luce sulla crescita e l’ascesa nel mondo della malavita di Ciro.
Pensieri, emozioni, paure e dolori che si susseguono ed inseguono nell’animo, nel cuore e nella mente di Ciro, nel corso di una narrazione lineare e dall’atmosfera plumbea, con la musica a scandirne i ritmi e i silenzi dominate dal costante fil rouge del senso della morte, non tradendo quello stile che ha conquistato centinaia di appassionati, presi dall’inevitabile dialogo e confronto che Ciro a con se stesso, e dove l’immortalità assume la spietata reale sembianza di una condanna.
Riflessioni silenziosi ed intime sull’evoluzione dell’infernale percorso intrapreso, quando rimasto orfano a cause delle tragiche circostanze, la vita lo ha condotto, suo malgrado, nel vortice del degrado e della corruzione in cui la città partenopea era caduta, e che ancora tutt’oggi combatte.
Scelta involontaria quella presa da un bambino abbandonato a se stesso, ma non più giustificabile e comprensibile da adulto, ora esiliato nel Baltico a migliaia di chilometri di distanza da casa e dagli ultimi affetti rimasti. Poiché nonostante la sfumatura romantica, Ciro appartiene ed apparterrà sempre alla peggior stirpe della malavita, non da ammirare e tanto meno da amare.
Dietro la macchina da presa Marco D’Amore, interprete da sempre di Ciro, al suo esordio alla regia di un lungometraggio dopo aver guidato un episodio delle serie, nonché autore dello script assieme a Leonardo Fasoli, Francesco Ghiaccio, Giulia Forgione e Maddalena Ravagli.
“Per L’Immortale siamo partiti dalla scelta del bambino che avrebbe dovuto interpretare il Ciro da piccolo nei vari flashback. Nel corso dei provini giocavamo un po’ con i giovani aspiranti, e quando chiesi a Giuseppe Aiello di guardare fuori dalla finestra, pensare a cose belle e descriversi con un aggettivo, lui mi rispose semplicemente “io sono buono”, mi ha colpito e assolutamente convinto, facendo si che l scelta ricadesse su di lui” – dichiara l’attore/regista Marco D’Amore – “Da quella riposta ho capito che per raccontare Ciro bisognava liberare la mente e il campo da qualsiasi retaggio. La storia realizzata è una storia di miseria e conflitti. Una volta nel corso delle riprese di “Gomorra”, un famoso criminale mi disse che l’errore più grande che si commette e credere che loro non provino mai paura. Ma invece non è così, dal momento che loro hanno paura di morire ogni istante, hanno paura di essere scoperti e addirittura di non essere all’altezza della situazione. Per alcuni versi è un po’ quello che proviamo anche noi attori, anche se non nella stessa misura, ossia di non essere pronti e deludere di conseguenza il pubblico affezionato.”
“L’Immortale”, quindi non solo mostra le origini e lo sviluppo di Ciro, bensì cerca di trasmetterne i timori di uomo, tuttavia scivolando a volte nella non originalità e troppo facile prevedibilità della vicenda. Priva di inaspettati di inaspettati risvolti e colpi di scena, pur non riuscendo a stupire e coinvolgere nel profondo, ha il grande merito in ogni caso di far conoscere qualcosa in più di una figura imponente, tanto forte ed inattaccabile quanto fragile e sensibile.
“Non volevano raccontare solo il male e la criminalità, bensì la critica povertà di una città in cui la ricostruzione ancora lontana, e che io stesso ricordo, poiché proprio come nel film io ho vissuto quel periodo del terremoto ed ero solo un bambino” – afferma D’Amore – “Grazie a questo progetto ho potuto far rivivere un personaggio che amo e che mi ha dato tanto, sia come uomo che come attore.”
“L’Immortale” approderà nelle sale cinematografiche il 5 dicembre, e senza alcun dubbio alimenterà ulteriormente la curiosità degli spettatori per una quinta stagione tutta da scoprire.
Emanuela Giuliani
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