“Le Sorelle Macaluso” – Recensione: l’amaro passare del tempo raccontato da Emma Dante
A sette anni di distanza di “Via Castellana Bandiera”, Emma Dante torna alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in selezione ufficiale, con “Le Sorelle Macaluso”, tratto dalla sua omonima pièce teatrale che ha ricevuto il Premio Ubu per il Miglior Spettacolo e la Miglior Regia.
Scritto da Emma Dante, Elena Stancanelli e Giorgio Vasta, il film, è approdato nelle sale il 10 settembre distribuito da Teodora Film, e proprio come lo spettacolo è diviso in tre atti corrispondenti alle fasi di crescita delle cinque protagoniste, Maria, Pinuccia, Lia, Katia e Antonella.
Tre capitoli dal progressivo, viscerale trasporto emotivo, in grado di immergere e catapultare lo spettatore nelle speranze, nei sogni, nelle malinconie, nei rammarichi, nei rimorsi e nel dolore della lenta evoluzione di quel micro – mondo tutto al femminile.
L’infanzia, l’età adulta e la vecchiaia di cinque sorelle nate e cresciute nell’appartamento dell’ultimo piano di una palazzina nella periferia di Palermo, senza l’amore e il supporto di una madre e di un padre mai nominati e di cui non viene fornito alcun dettaglio.
Cinque sorelle il cui unico punto fermo è costituito proprio la casa, in cui sono impressi i segni del tempo che passa di chi resiste e di chi va via, e che la Dante racconta attraverso immagini colme di sentimenti contrastanti frutto di un’esistenza con la quale è difficile convivere, e forse comprendere. Ricordi una vita spensierata racchiusa nei versi del brano di Gerardina Trovato presenti nel primo capitolo, e spazzata via brutalmente.
“..E sognare, e sognare e sognare e sognare dei topi che mangiano gatti o dei pettirossi che mangiano falchi e poi….rubare il vento a un aquilone…gridare senza una ragione…correre forti come pazzi….a piedi nudi sopra i sassi…vivere adesso e non domani…come gli zingari sul prato….bere la pioggia dalle mani…senza tempo e senza nome…”
Progetti mai realizzati da un destino amaro che le segnerà e svuoterà privandole della loro infanzia ma non le allontanerà mai l’una dall’altra.
“Meravigliosa creatura…sei sola la mondo. Meravigliosa paura di averti accanto. Occhi di sole, mi bruciano in mezzo al cuore. Amo la vita….meravigliosa..”
E così sulle note di “Meravigliosa Creatura” di Gianna Nannini, le ragazze si ritroveranno oramai donne a lottare con se stesse e con una vita condizionata dalla difficoltà di riuscire ad elaborare e convivere con una profonda e logorante sofferenza. Cambiamenti non voluti a cui sono state costrette ad adeguarsi portandone le cicatrici e le ombre in bella vista sui volti, negli occhi e nell’anima, dove il gelo dell’inverno di Franco Battiato ha sostituito inevitabilmente il caldo dell’innocenza e del sole estivo, accompagnandole fino alla vecchiaia.
“Ma tu che vai, ma tu rimani….Vedrai la neve se ne andrà domani. Rifioriranno le gioie passate..Col vento caldo di un’altra estate.”
“Le Sorelle Macaluso”, parla di presenze che resistono anche dopo la morte e degli oggetti che ne custodiscono la memoria. I cocci di qualche piatto incollato, il pavimento graffiato, la sbeccatura della vasca nello stesso punto, la maniglia della porta finestra che sistematicamente resta in mano a chi la apre o chiude e che nessuno ha mai riparato. Gli aloni dei quadri sulle pareti, il buco fatto nel muro e coperto da una poltrona, simbolo concreto di una ferita che rimarrà aperta per sempre.
© Riproduzione Riservata
Emanuela Giuliani
Il Voto della Redazione: