LA PRIMA NOTTE DEL GIUDIZIO, di Gerard McMurray

LA PRIMA NOTTE DEL GIUDIZIO, DI GERARD MCMURRAY.

Al fine di ridurre al di sotto dell’1 per cento il tasso di criminalità annuale, i Nuovi Padri Fondatori d’America (NFFA), decidono di attuare il particolare esperimento della tanto innovativa quanto assurda teoria sociologica ideata dalla dottoressa May Updale (Marisa Tomei), secondo la quale nel corso di un’intera notte, nella zona prescelta e delimitata di Staten Island, i cittadini, nel corso dell’intera notte, potranno liberare e sfogare la loro rabbia attraverso ogni sorta di crimine compreso l’omicidio.

L’aberrante ed alquanto devastante decisione, ben presto si rivelerà uno sporco specchietto per le allodole un brutale gioco al massacro, il cui scopo altro non è che quello di innescare un’eliminazione a catena tra le classi emarginate, a ribellarsi a tale subdolo piano di “purificazione” orchestrato dai potenti, che vedrà la comparsa di gruppi antisemiti che vanno dal Ku Klus Klan a squadroni neonazisti, tentando di fermare la surreale escalation di violenza, Dmitri (Y’lan Noel), considerato il “re” della zona, per via del controllo dei vai traffici illegali.

LA PRIMA NOTTE DEL GIUDIZIO diretto da Gerard McMurray, prequel della trilogia iniziata nel 2013 diretta da James DeMonaco, La Notte del Giudizio, e proseguita con Anarchia – La Notte del Giudizio e La Notte del Giudizio – Election Year prodotta dalla Blumhouse, pur non stupendo, riesce ad attirare la giusta attenzione intrattenendo piacevolmente per l’intera durata della pellicola, tenendo moderatamente in tensione lo spettatore, mostrando in mondo semplice e pulito le cause che hanno condotto alla famigerata e brutale notte dello Sfogo.

Chiari i riferimenti di disappunto nei confronti dell’attuale situazione politica americana ed ai discutibili drastici metodi di Trump, nel voler rispolverare ostinatamente il potere dell’immagine gloriosa, ponendo al centro della scena un’operazione che assumerà le reali sembianze di una lotta tra buoni e cattivi, tra bianchi e neri, con alla base il motto, se così si può definire, “distruggere tutto per ricominciare”, portando a chiedersi se veramente questa possa essere una possibile soluzione alle centinaia di piaghe a cui si è incapaci, apparentemente, di reagire, puntando il dito ancora una volta sul folle desiderio di supremazia dell’uomo bianco.

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