benedicth cumberbatch in la meravigliosa storia di henry sugar

La Meravigliosa Storia di Henry Sugar, la recensione: il mediometraggio di Wes Anderson tra immaginazione e teatralità

La Meravigliosa Storia di Henry Sugar di Wes Anderson: Il mediometraggio di Wes Anderson tra immaginazione, teatralità e adattamento fedele.

Presentato fuori concorso oggi, 31 agosto, all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, La Meravigliosa Storia di Henry Sugar è il nuovo mediometraggio di Wes Anderson, una raffinata trasposizione di uno dei racconti più amati di Roald Dahl, interpretata da un cast stellare composto da Ralph Fiennes, Benedict Cumberbatch, Dev Patel, Ben Kingsley e Richard Ayoade. Con una durata di soli 32 minuti, il film si distingue per il suo approccio originale e inconfondibile, tipico del regista texano.

Il racconto di Dahl, parte della raccolta La Grande Corsa, è una delle storie che ha segnato l’immaginario collettivo, e Anderson, che già nel 2009 aveva adattato il lavoro dell’autore per Fantastic Mr. Fox, si è lanciato in una nuova interpretazione con il suo stile unico. Lo stesso Anderson ha raccontato durante la conferenza stampa di aver incontrato la famiglia Dahl vent’anni fa, e di aver sempre avuto un legame speciale con le opere dello scrittore. In particolare, Henry Sugar è stato uno dei suoi racconti preferiti, ma inizialmente non sapeva come adattarlo. Tuttavia, una volta avviata la produzione, è riuscito a realizzarlo in un brevissimo periodo, impiegando appena due settimane e mezzo, quasi a voler riprodurre l’efficienza di una piccola rappresentazione teatrale.

Il film si concentra sulla figura di un uomo ricchissimo che scopre l’esistenza di un guru capace di vedere senza usare gli occhi e decide di apprendere questa tecnica per barare nei giochi d’azzardo. Questa premessa porta Anderson a sviluppare una narrazione che unisce realismo e fantasia, con una visione onirica in cui l’artificio e la teatralità diventano quasi una seconda natura. Il regista stesso ha dichiarato di aver voluto creare un film che non fosse solo un adattamento ma una celebrazione delle parole di Dahl, che per lui rappresentano l’essenza stessa della storia.

Come spesso accade nelle opere di Anderson, la scenografia e i dettagli visivi giocano un ruolo fondamentale nel rendere concreta la magia della storia. La messa in scena, come sottolineato dallo stesso regista, ha richiesto una riflessione approfondita su come valorizzare le parole degli attori e il modo in cui queste parole prendono vita. La teatralità si fa protagonista, con attori che non solo recitano ma descrivono ogni azione, e con una scenografia che evolve per sostenere il discorso verbale, trasformando ogni dialogo in una vera e propria coreografia cinematografica.

A livello musicale, il film si distingue per la sua sobrietà. Nonostante Anderson abbia in passato creato colonne sonore iconiche per le sue pellicole, in questo caso il film “stesso” suggerisce cosa desidera, quasi come se fosse un’entità che si esprime attraverso il silenzio o l’assenza di musica. Un approccio che si riflette perfettamente nell’economia narrativa del mediometraggio, dove la forma e il contenuto si intrecciano senza forzature.

Un tema che ha sollevato un interessante dibattito è stato quello relativo alle recenti modifiche suggerite ai lavori di Roald Dahl per renderli più “politicamente corretti”. Anderson ha chiarito il suo punto di vista, affermando che un’opera d’arte, come quella di Dahl, non dovrebbe essere modificata dopo la sua conclusione. Per lui, ogni creazione porta con sé un valore intrinseco che non va alterato. È una posizione che rimarca la sua visione artistica, secondo la quale l’autore non dovrebbe mai subire pressioni esterne per cambiare la propria opera, ancor di più quando l’autore in questione non c’è più per difenderla.

Nel contesto dell’industria cinematografica, Anderson ha anche accennato alla situazione dello sciopero SAG-AFTRA e WGA, dimostrando solidarietà per i colleghi in difficoltà e sostenendo l’importanza di trovare un accordo equo per proseguire nel lavoro. Sebbene non abbia offerto soluzioni, ha sottolineato la necessità di un dialogo costruttivo tra le parti.

In un’altra notizia che ha reso ancora più speciale la sua partecipazione alla Mostra di Venezia, il regista texano è stato insignito del premio Cartier Glory to the Filmmaker, un riconoscimento prestigioso dedicato a coloro che, con la loro opera, hanno saputo lasciare un’impronta indelebile nel panorama cinematografico contemporaneo. Questo premio celebra l’approccio unico di Anderson, capace di rinnovare la forma del cinema con una costante attenzione ai dettagli e alla narrazione visiva.

Con La Meravigliosa Storia di Henry Sugar, Wes Anderson si conferma ancora una volta un autore capace di dare nuova vita a racconti che sembrano già perfetti nella loro forma originale, trasformandoli in qualcosa di profondamente personale. Un mediometraggio che, pur nella sua brevità, rappresenta una riflessione sul potere delle parole, della visione e dell’illusione, tutte caratteristiche che sono alla base del suo cinema.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


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