La recensione di La Llorona – Le lacrime del male, Un’Inquietante Leggenda Messicana che Poteva Essere Sfruttata Meglio.
Dal 17 aprile arriva nelle sale cinematografiche italiane “LA LLORONA – LE LACRIME DEL MALE”, l’inquietante leggenda messicana scelta dal regista Michael Chaves, vincitore dello Shriekfest’s Best Super Short Film nel 2016 con The Maiden, come esordio dietro la macchina da presa.
Un racconto che affonda le proprie radici nella cultura delle credenze popolari latino-americane, il cui forte misticismo avvolge l’atmosfera e il terrore provato dai vari personaggi coinvolti. Nonostante la rappresentazione scenico-narrativa non offra una particolare originalità, emerge con determinazione, riuscendo a focalizzare l’attenzione di uno spettatore scosso, affascinato, incuriosito e atterrito dalla diabolica figura piangente, colpevole di aver annegato i propri figli dopo aver scoperto il tradimento del marito, e poi, gettatasi per la disperazione nelle stesse acque.
Sospesa tra Paradiso e Inferno, La Llorona si insinua nell’ombra e va a caccia di bambini, nel disperato tentativo di sostituirli ai suoi, una ricerca che, con il passare dei secoli, è diventata più vorace e cruenta. La figura maledetta coinvolgerà, suo malgrado, la scettica assistente sociale Anna Tate-Garcia, madre single vedova, che lotta per bilanciare i suoi due ruoli e continua a sentire il peso della perdita del marito. La donna, al servizio di una città di credenti, si imbatte spesso in storie di fantasmi e superstizione, che solitamente si rivelano demoni personali in agguato. Così, quando viene chiamata a casa di Patricia Alvarez e trova i suoi due figli rinchiusi in un armadio, interpreta i gesti disperati della madre terrorizzata, considerandoli un tentativo di metterli al sicuro da abusi e violenze.
Sebbene Anna sia determinata a prestare l’aiuto di cui Patricia ha bisogno, la sua prima preoccupazione è la sicurezza dei bambini, inconsapevole del vero pericolo che si cela. Non immagina infatti cosa stia per scatenarsi con la decisione di mandare Patricia in cura psichiatrica ei bambini in custodia protettiva.
Nel profondo della notte, i corpi senza vita dei due ragazzini vengono ritrovati in un fiume, e Anna, accusata da Patricia di essere la responsabile di racconto atroce delitto, sarà presto costretta a fare i conti con l’agghiacciante realtà e, soprattutto, con lo spirito malvagio che è determinato a prendere i suoi bambini nella moderna Los Angeles del 1973. L’unica speranza sembra risiedere in Rafael Olvera, un ex prete divenuto curandero, che, grazie alla sua potente fede e al suo arsenale di totem spirituali, spera di sconfiggere lo spettro per cui non esiste misericordia.
Una storia senza dubbio suggestiva, ma che tuttavia il regista non si sviluppa pienamente, non sfruttando appieno il potenziale degli elementi a disposizione. Si limita infatti a un’esposizione che, seppur soddisfacente, manca di quella spiritualità intrigante e disturbante capace di conquistare e condizionare profondamente l’animo. La narrazione si sviluppa in maniera lineare, e avrebbe beneficiato di una maggiore cura nei dettagli e nei personaggi, per completare un quadro che, nonostante tutto, resta assolutamente convincente.
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Emanuela Giuliani
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