Dieci curiosità di. La forma dell’acqua, il film diretto da Guillermo del Toro che ha riscritto la fiaba moderna.
Uscito nel 2017, La forma dell’acqua (The Shape of Water) è uno dei film più poetici e anticonvenzionali del cinema contemporaneo. Diretto dal visionario regista messicano Guillermo del Toro, è stato acclamato dalla critica, vincendo il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia e ben 4 Premi Oscar (tra cui Miglior Film e Miglior Regia), diventando un vero e proprio caso cinematografico.
Il film racconta un amore inaspettato e profondo tra Elisa, una donna muta che lavora come addetta alle pulizie in un laboratorio governativo, e una misteriosa creatura anfibia tenuta prigioniera e sottoposta a esperimenti. La storia, ambientata nella grigia America degli anni ’60, si trasforma in una favola moderna che unisce romanticismo, critica sociale, sensualità e sperimentazione estetica, riuscendo a parlare con delicatezza e potenza delle minoranze, del desiderio e della libertà.
Dietro alla sua atmosfera onirica e alla trama da fiaba, il film nasconde una serie di scelte artistiche, riferimenti culturali e significati simbolici che ne rafforzano la profondità. La forma dell’acqua è molto più di una semplice storia d’amore. È un’opera che ridefinisce i confini del genere, unisce cinema fantastico, dramma sociale e racconto fiabesco, parlando al cuore e alla mente. In un’epoca in cui l’“altro” è spesso guardato con diffidenza, Del Toro ci invita a guardare con occhi nuovi, a innamorarci dell’inaspettato e a riscoprire la bellezza della diversità.
Ecco 10 curiosità che aiutano a scoprire meglio il cuore di questo capolavoro.
1. Ispirazione: una lettera d’amore al “monster movie”
Guillermo del Toro ha raccontato che il seme da cui è nato il film risale alla sua infanzia, quando vide Il mostro della laguna nera (1954) e provò empatia per la creatura anziché per gli umani. La frustrazione per l’epilogo tragico di quella storia lo ha spinto, anni dopo, a scrivere una “revisione romantica” di quel mito, in cui il “mostro” potesse essere amato per ciò che è, senza la necessità di trasformarsi. Questa inversione narrativa è alla base del film: qui non c’è bisogno di cambiare per essere amati. È un inno ai reietti, ai diversi, agli emarginati — un elemento ricorrente nella filmografia di Del Toro — e una fiaba per adulti che rovescia i canoni della bellezza, dell’eroismo e del lieto fine.
2. Sally Hawkins: una performance silenziosa, ma potentissima
Nel ruolo di Elisa, Sally Hawkins ha compiuto un lavoro attoriale straordinario, capace di comunicare emozioni profonde senza usare la voce. Ha studiato linguaggio dei segni americano (ASL), ma soprattutto ha usato il corpo e il volto come strumenti espressivi, rendendo la sua interpretazione una danza silenziosa e struggente. Del Toro ha scritto il ruolo su misura per lei, immaginandola come una figura di pura empatia. Le ha dato in mano una playlist di brani musicali — dai valzer francesi ai pezzi jazz degli anni ’40 — per aiutarla a entrare in sintonia con l’anima del personaggio. Hawkins ha citato l’influenza di Chaplin, Keaton e Giulietta Masina, fondendo umorismo e malinconia.
3. Il contesto storico: un film d’amore… e di Guerra Fredda
La fiaba romantica si inserisce in un contesto ben preciso: l’America del 1962, dominata dalla paura del “nemico” esterno (la Russia) e dalla repressione di tutte le diversità interne. L’ambientazione in un laboratorio militare non è casuale: rappresenta il potere maschile, bianco, autoritario, incarnato dal personaggio del Colonnello Strickland (Michael Shannon), in netta opposizione con Elisa e gli altri “invisibili”. Del Toro sfrutta lo sfondo della Guerra Fredda per raccontare anche le tensioni sociali dell’epoca: razzismo, sessismo, omofobia, classismo. Ogni personaggio secondario rappresenta una forma di marginalizzazione: Zelda, la collega afroamericana, Giles, l’amico omosessuale, e ovviamente Elisa, che vive in silenzio in un mondo che non la ascolta.
4. L’estetica liquida: l’acqua come linguaggio visivo
Il titolo non è solo simbolico: l’acqua è ovunque, non solo nella narrazione ma anche nella costruzione visiva del film. Del Toro ha chiesto ai suoi collaboratori — tra cui il direttore della fotografia Dan Laustsen — di concepire ogni scena come immersa in una dimensione liquida. Le luci sono soffuse, i colori virano al blu-verde, le superfici brillano come bagnate, le inquadrature sono morbide e ondulate. Anche il modo in cui si muovono i personaggi è ispirato all’acqua, in particolare Elisa, i cui capelli sembrano fluttuare come alghe. La regia cerca di farci respirare in un sogno, come se fossimo dentro una vasca insieme alla protagonista.
5. Il lavoro dietro la creatura: trucco, prostetica e recitazione fisica
La creatura acquatica è stata realizzata senza CGI, grazie a un incredibile lavoro artigianale. Doug Jones, collaboratore storico di Del Toro, ha indossato un costume composto da oltre 15 strati di lattice e silicone, con inserti animatronici per le branchie e le espressioni facciali. Jones ha studiato non solo l’anatomia di animali acquatici, ma anche il movimento dei ballerini classici, per dare grazia e vulnerabilità alla creatura. Ogni gesto è coreografato per raccontare emozioni. La chimica tra lui e Hawkins è palpabile, nonostante non si scambino una sola parola.
6. Un film “strano” che ha fatto la storia degli Oscar
Alla cerimonia degli Oscar 2018, The Shape of Water ha trionfato in modo inatteso. Ha vinto Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Scenografia e Miglior Colonna Sonora Originale. È stato il primo film fantasy vietato ai minori a ottenere l’Oscar come miglior film — un risultato che ha rotto gli schemi dell’Academy. Del Toro si è unito a Cuarón e Iñárritu, consolidando il trionfo del “nuovo cinema messicano” a Hollywood. La sua vittoria è anche un messaggio: c’è spazio, finalmente, per storie diverse, sognanti, ibride tra i generi.
7. La musica: una carezza sonora firmata Alexandre Desplat
Il compositore Alexandre Desplat ha creato una colonna sonora elegante, fragile e avvolgente, che sembra galleggiare come le emozioni del film. Utilizza strumenti come fisarmonica, flauto, piano pizzicato, ma anche suoni più eterei, per dare una consistenza sonora all’acqua e alla poesia silenziosa di Elisa. Il tema musicale principale è ricorrente, ma sempre leggero, come un sussurro. La musica accompagna Elisa in ogni suo movimento, quasi fosse la sua voce interiore. Desplat ha descritto il suo lavoro come una melodia d’amore che respira sott’acqua.
8. Costumi e scenografie: tutto parla, anche i vestiti
Ogni dettaglio visivo del film è pensato per raccontare qualcosa. I costumi disegnati da Luis Sequeira cambiano insieme all’evoluzione emotiva di Elisa: dai toni grigi e spenti iniziali, si passa a sfumature di turchese, poi al blu profondo, quasi a simboleggiare l’immersione totale in un amore che la trasforma. Anche gli spazi seguono una logica simbolica: l’appartamento sopra un vecchio cinema (con locandine di classici romantici), la vasca da bagno come rifugio, le luci che filtrano come raggi subacquei. Tutto sembra parlare di sogno, evasione, libertà.
9. Riferimenti visivi e citazioni nascoste
Del Toro ama disseminare i suoi film di riferimenti: l’appartamento 607 di Elisa richiama Delitto in pieno sole (1960), ma ci sono anche omaggi ai musical anni ‘40 e ‘50, al cinema muto, alla letteratura gotica e persino alla mitologia precolombiana (con la creatura quasi come una divinità naturale). Il ballo tra Elisa e la creatura, in stile musical classico, è un momento di evasione mentale, un sogno a occhi aperti. E l’uovo, simbolo ricorrente, richiama la sensualità, la vita e la cura: è il primo gesto d’amore tra i due.
10. Il significato del titolo (e perché è così potente)
“La forma dell’acqua” non ha solo una valenza poetica: è una metafora sulla fluidità dell’amore, dell’identità, della vita stessa. L’acqua non ha forma propria, ma assume quella del contenitore che la ospita — così è l’amore tra Elisa e la creatura: privo di confini predefiniti, puro, vero. È anche un invito all’empatia: vedere l’altro per ciò che è, nonostante l’apparenza, nonostante il giudizio. In un mondo che cerca sempre di incasellare e dividere, il film ci ricorda che l’amore autentico è accoglienza, libertà e trasformazione.