“La Dea Fortuna”, l’amore doloroso e miracoloso di Ferzan Ozpetek – la Recensione
“La Dea Fortuna ha un segreto, un trucco magico. Come fai a tenere per sempre con te qualcuno a cui vuoi molto bene? Devi guardarlo fisso, rubi la sua immagine, chiudi di scatto gli occhi, li tieni ben chiusi. E lui ti scende fino al cuore e da quel momento quella persona sarà sempre con te.”
Forse è proprio quì, in questo semplice concetto che Ferzan Ozpetek, ha racchiuso misteriosamente l’essenza del suo nuovo film “La Dea Fortuna”, un ritorno a casa ed al cinema che ama, che lo rappresenta, ed esprime il segreto di un amore universale, che appartiene a tutti, ed in cui ognuno può identificarsi, che include amici, famiglie allargate e rapporti importanti.
Traendo ispirazione dal proprio vissuto, il regista di origine turca abbandona le intriganti atmosfere esoteriche di “Napoli Velata”, ed analizza portando sul grande schermo il racconto di un legame dal sapore popolare, mostrandone non l’inizio, bensì la naturale trasformazione che il viscerale sentimento subisce dopo tanti anni di vita assieme, in cui l’amore cambia in profondo affetto, la passione si affievolisce, i silenzi aumentano oscillando come spade di Damocle, e le differenze, fino a quel momento nascoste come si fa con la polvere sotto il tappeto, gridano a gran voce alimentando la crepa formatasi nel corso nel tempo, divenuta oramai irreparabile ed incontrollabile, che spazza via senza pietà il ricordo di ogni attimo di felicità vissuto e condiviso.
Già la felicità, quella sensazione o stato d’animo che si vorrebbe riuscire a catturare e mantenere per sempre. Ma come si fà? Ed è anche su questo che Ozpetek focalizza con determinata sensibilità la propria attenzione e quella dello spettatore, con la solita ironia e visione che da sempre lo contraddistingue, miscelando dramma e commedia, vita e morte.
Si ride, ci si commuove, emoziona, e si riflette di fronte alla vicenda di Arturo e Alessandro, interpretati rispettivamente da Stefano Accorsi ed Edoardo Leo, insieme da quindici anni, la cui crisi lentamente cederà il passo all’arrivo dei figli della migliore amica di quest’ultimo, Annamaria, Jasmine Trinca. La presenza dei piccoli infatti, due giovanissimi e assolutamente all’altezza, Sara Ciocca e Edoardo Brandi, sconvolgerà la routine del loro rapporto conducendo entrambi non solo a confrontarsi l’uno con l’altro, sviscerando con durezza anni di insoddisfazioni e dialoghi mancati, bensì con se stessi.
Aspirazioni, ambizioni, sogni, progetti e speranze abbandonate semplicemente per dare spazio e modo di crescere a qualcosa di decisamente più importante e dal quale ora si sentono traditi. Non un amore, ma l’amore. Ed ecco che a quel punto ci si rende conto che al centro della scena non c’è più una coppia composta da due uomini, e che non c’è mai stata, ma due individui come tanti i quali nonostante tutto, non vogliono arrendersi, dal momento che il destino ha riservato loro un’ultima possibilità per ricominciare, per ripartire da zero con la consapevolezza dei propri limiti personali e non. Con la riscoperta di possedere il medesimo desiderio, con il dolore forza motore dell’amore.
Un racconto visto già tante volte che riporta, per luoghi ed atmosfere, a “Le Fate Ignoranti”, in parte scontato e prevedibile, ma maledettamente vero ed intenso, che tocca le profondità dell’anima. Con un lieto fine per alcuni aspetti forzato e stonato, ma che scalda il cuore e fa sorridere mentre una lacrima di malinconia scende dolcemente rigando teneramente il volto, sulle note del brano finale di Diodato “Che vita Meravigliosa”.
“Ah che vita meravigliosa, questa vita dolorosa sedicente, miracolosa….Vita che mi spingi in mezzo al mare mi fai piangere e ballare come un pazzo insieme a te..”
Emanuela Giuliani
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