La Città Proibita - da sinistra Yaxi Liu ed Enrico Borrello - foto © Andrea Pirrello

La Città Proibita, la recensione: coraggio è il sinonimo di Gabriele Mainetti

Al cinema dal 13 marzo distribuito da PiperFilm: La Città Proibita, il nuovo film diretto da Gabriele Mainetti.

Nel 2015 Gabriele Mainetti stupisce critica e pubblico debuttando alla regia con: Lo Chiamavano Jeeg Robot, film dal chiaro riferimento alla serie manga e anime Jeeg Robot d’acciaio di Gō Nagai, in cui il personaggio di Alessia, interpretato da Ilenia Pastorelli, credeva a tal punto nell’esistenza nel mondo reale dell’eroe della serie Hiroshi Shiba, da identificarlo nel protagonista Enzo Ceccotti, dal volto di Claudio Santamaria.

Un talento e capacità di guardare e spingersi oltre i confini dei generi quello di Mainetti, che trova le sue conferme nel 2021, con il non molto fortunato al botteghino: Freaks Out, il cui titolo e protagonisti omaggiano il film del 1932 di Tod Browining: Freaks. Predisposizione innata che ora, a distanza di 4 anni, il regista e produttore cerca di rinnovare e riaffermare con: La Città Proibita.

Nelle sale cinematografiche dal 13 marzo, Gabriele Mainetti con La Città Proibita infatti porta sul grande schermo una nuova commistione di generi ed elementi che, nonostante fatichino a trovare un giusto equilibrio, conquista e sorprende per la determinazione nel voler andare oltre con un racconto a più livelli. Una narrazione palesemente imperfetta ma a cui non si può non riconoscere l’audacia della sperimentazione con le spettacolari scene d’azione magistralmente eseguite e coreografate al pari di una produzione internazionale. Un viaggio folle che fonde e confonde l’Oriente e l’Occidente.

La Città Proibita, da Hong Kong a Piazza Vittorio

immagine film La Città Proibita
La Città Proibita – a sinistra Yaxi Liu 2 – foto © Andrea Pirrello

Ne La Città Proibita, Mei, interpretata da Yaxi Liu, esperta di arti marziali e controfigura di Liu Yifei nel live action Disney: Mulan, dalla Cina arriva a Roma in cerca di sua sorella della quale non aveva più notizie, e onostante non conosca una parola di italiano sa bene come farsi capire e, soprattutto, come difendersi dal momento che il padre fin da piccola le ha insegnato le arti marziali.

Senza alcuna esitazione e colpo su colpo quindi, facendosi strada all’interno della criminalità del sottobosco di Roma, Mei incontra Marcello, Enrico Borello, un giovane dall’animo umile e semplice che assieme alla madre Lorena, una Sabrina Ferilli senza infamia e senza lode, gestisce faticosamente un ristorante nel quartiere Esquilino di Roma, con loro Achille, un Marco Giallini che come la Ferilli fa la sua parte, e altro non è che uno dei tanti capi della criminalità locale il cui attrito per il controllo della zona con il piccolo boss della zona cinese Wang, Chunyu Shanshan, si fa sempre più caldo.

Figure quest’ultime che si scoprirà essere legate alla misteriosa scomparsa non solo della sorella di Mei, bensì anche del padre di Marcello, Luca Zingaretti, e che porterà i due ragazzi a superare la rispettiva diffidenza e incomprensione, per portare alla luce una verità dai particolari punti di vista e colpi si scena.

La Città Proibita, o si ama o si odia

immagine film la Città Proibita
La Città Proibita – Yaxi Liu 5 – foto © Andrea Pirrello

Tanto italiano quanto internazionale Mainetti, come detto, non si pone alcun limite sia per quanto riguarda l’immaginario che i riferimenti, e con La Città Proibita dimostra decisamente questa sua brillante e più che apprezzata ambizione delineando una volta per tutte la sua identità registica.

Una naturale temerarietà che molti amano e altri odiano senza perdersi in tante riflessioni. Una sfacciata intraprendenza nei confronti del quale inoltre alcuni molto probabilmente continueranno a nutrire delle riserve, e che questa volta ha portato il regista a spingere ancora di più sull’acceleratore prendendosi delle ulteriori libertà costruendo un ponte tra Hong Kong e la Piazza Vittorio di Roma, tra i noodles e i bucatini all’amatriciana.

Due facce della stessa medaglia dalle molteplici sfumature con i protagonisti Mei e Marcello anello di congiunzione tra i due mondi apparentemente distanti de La Città Proibita di un Gabriele Mainetti che non ha intenzione di risparmiarsi ed offre tutta la sua insaziabile destrezza ad una cinematografia purtroppo non ancora pronta per una tale aspirazione e voglia di crescere che non ha nulla a che fare con la vanagloria.

Un’industria del cinema quella italiana ferma e impaurita, incapace di liberarsi dalle catene che le impediscono di sfruttare le tante potenzialità e spiccare finalmente il volo provando, fallendo, cadendo e rialzandosi fino a raggiungere l’obiettivo. Preoccupazioni e problematiche che ovviamente Mainetti ha ampiamente dimostrato di non avere rimanendo solido nella sua intenzione mirando in alto con un racconto che strizza l’occhio a Bruce Lee e Jackie Chan, con alla base una storia d’amore irrealizzabile dal percorso e finale inconsueti ma non così scontati.

Un quadro che farà storcere il naso e sicuramente susciterà una serie di critiche e dubbi che divideranno l’opinione ma che sinceramente poco importeranno, dal momento che nonostante il caos o il cliché del giro in vespa, riflesso della celeberrima scena di Vacanze Romane, La Città Proibita è l’inconfutabile e assoluta conferma dell’impavido sguardo di Gabriele Mainetti. E’ l’affermazione del suo famelico ardore, del suo voler toccare con mano a tutti i costi il cinema con la C maiuscola per il quale possiede le carte in regola. Quel cinema che passo dopo passo, prova dopo prova, Mainetti si appresta a fare suo aprendo ogni porta con la giusta chiave. Non c’è che dire, il sinonimo di Gabriele Mainetti è assolutamente coraggio.

©Riproduzione Riservata

Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

7


Pubblicato

in

da

Tag: