La recensione de La Chimera, il film di Alice Rohrwacher con protagonista Josh O’Connor presentato alla Festa del Cinema di Roma
Dopo Le Meraviglie e Lazzaro Felice, Alice Rohrwacher chiude il cerchio di una trilogia che o si ama o si odia, con La Chimera, in cui ovviamente sono presenti tutti i temi a lei cari, in cui realtà e sogno continuano a fondersi e confondersi.
Un mondo sospeso tra presente e passato che, nonostante non aggiunga nulla di nuovo al percorso dell’autrice, affascina e avvolge l’anima e in cui ognuno insegue la propria chimera, senza però mai riuscire ad afferrarla. Per alcuni il sogno si tratta del guadagno facile, per altri la ricerca di un amore ideale.
La Chimera, la storia
Ne La Chimera, in concorso al passato Festival di Cannes nella sezione Best Of, e presentato in selezione ufficiale alla 18esima Festa del Cinema di Roma, la Rohrwacher ci porta nel mondo clandestino dei ‘tombaroli’ degli anni ’80, dove Arthur, interpretato da Josh O’Connor, giovane archeologo inglese uscito di prigione e di ritorno in una piccola città sul mar Tirreno, ritrova la sua sciagurata banda di tombaroli, ladri di corredi etruschi e di meraviglie storiche.
Schivo, taciturno e scontroso, Arthur ha un dono che mette al servizio della banda: sente il vuoto. Il vuoto della terra nella quale si trovano le vestigia di un mondo passato. Lo stesso vuoto che ha lasciato in lui il ricordo del suo amore perduto, Beniamina.
In un viaggio avventuroso tra vivi e morti, tra boschi e città, tra feste e solitudini, si svolgono i destini intrecciati di questi personaggi, tutti alla ricerca di quel qualcosa in grado di dare un senso, uno scopo alla propria vita. Tutti alla ricerca della propria chimera.
La Chimera, tra sogno e realtà
Sospesi come detto nel tempo e nello spazio, tra passato e presente, tra realtà e sogno, ne La Chimera Alice Rohrwacher sottolinea e afferma ancora una volta la propria visione, che contrappone la dimensione dei paesaggi urbani con, in questo caso, quelli paralleli e rurali dei tombaroli in cui vivono Arthur e i suoi amici.
Un ritratto autentico popolato da personaggi dall’animo tormentato, inquieto, incapaci di affrontare la solitudine nonostante in un certo senso la desiderino. Tema questo da sempre trattato dalla regista così come il legame con la terra, la spiritualità, la morte e la vita che si fanno largo nei personaggi, nonché la natura violata, depredata e la presenza nella narrazione di credenze, usi, costumi e tradizioni popolari.
“Sono molto curiosa di quando il film uscirà in sala, e quando tutti i tombaroli andranno a vederlo perché li arriveranno le critiche quelle dure. Loro sono molto severi e quindi ho un po’ paura delle critiche degli addetti ai lavori. Non vedo l’ora che esca in sala perché un film aereo che ha bisogno di radicarsi in qualche modo al pubblico. Sono curiosa e sono sicura che il pubblico sia pronto per delle forme narrative nuove e diverse. Noi abbiamo un pregiudizio negativo sul pubblico, ma sono scura che il pubblico sia avanti così come i giovani.” – ha dichiarato la Rohrwacher nel corso della conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma.
Elementi, caratteristiche, aspetti e sfumature che contribuiscono a rendere ancora più intense le figure della Rohrwacher, costantemente alla ricerca di risposte e che si muovono all’interno di un racconto grottesco, in cui spesso è difficile distinguere la fantasia dalla realtà, poiché per l’appunto, fuse tra di loro grazie anche alla fotografia di Hélène Louvart che dona respiro alla visione. Un affresco che rispetta e rispecchia lo spirito e la strada intrapresa e percorsa fin ora dalla regista.
“Il film, è un film in qualche modo sull’archeologia, sulla parte più oscura, sui predatori dell’archeologia. Lavorando sul passato, sul tempo, sull’archeologia volevo liberamente metterci dentro quello strumento comunicativo che io amo tanto e che è il cinema. Volevo che entrassero i supporti che hanno permesso al cinema di crescere ed evolversi, dal 16 mm, al super 16, il 35 mm, i supporti che hanno permesso al cinema di ampliare la sua possibilità narrativa, e i momenti della storia del cinema che amo molto. In particolare di quel cinema delle origini i cui riferimenti e citazioni danno luce al film, e hanno nutrito la mia memoria.” – spiega la regista.
Josh O’Connor invece in merito alla sua esperienza sul set dice: “Io penso che il tipo di cinema, la storia del cinema italiano è naturalmente famosa in tutta il mondo. Tutti quanti abbiamo imparato dai grandi cineasti italiani, o dai grandi famiglie i cineasti italiani. Io ho incontrato quel cinema quasi per caso, quando mio fratello più piccolo, che va al cinema solo per vedere i film sui supereroi, mi disse che aveva visto un film italiano bellissimo e che dovevo assolutamente vederlo. Allora sono andato a vedere Lazzaro Felice, e sono rimasto sconvolto, impressionato da questa regista e storia. Dopo ho visto Le Meraviglie, Corpo Celeste e sono diventato diciamo ossessionato da Alice e ho iniziato a scriverle fino a quando ci siamo incontrati. Il modo di fare cinema di Alice è molto speciale, mi da l’impressione di essere un mondo reale, tutto quello che immagini nel mondo di Alice per me è vero. Chi lavora sul film è reale, sono splendidi, e trovarmi con queste persone, con i tombaroli, mi ha aiutato. Tutti loro hanno creato questo mondo vero e naturalistico rendendo molto facile il mio lavoro.”
Un percorso La Chimera senza alcun dubbio suggestivo e intenso, che emoziona e commuove riuscendo a toccare le corde della sensibilità con il suo mosaico di volti, esistenze, desideri, speranze. Percorso tuttavia quello di Alice Rohrwacher che necessita di un cambio di passo, una svolta, una crescita, in modo da non scivolare definitamente nella monotonia stagnante di una rappresentazione che troppo spesso eccede nell’utilizzo di metafore e atmosfere oniriche, surreali e fiabesche, e invitano ad attraversare l’scurità per poter abbracciare la luce.
La Chimera arriverà nei cinema a partire dal 23 novembre distribuito da 01 Distribution. Fanno parte del cast anche: Isabella Rossellini, Carol Duarte, Alba Rohrwacher e Vincenzo Nemolato.
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Emanuela Giuliani
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