La recensione di Kursk, il film diretto da Thomas Vinterberg in anteprima alla 13esima Festa del Cinema di Roma.
Il 10 agosto del 2000, un tragico evento sconvolse la Russia e il mondo intero. Il sottomarino Kursk, il fiore all’occhiello della Flotta del Nord della Marina Russa, affondò misteriosamente nelle gelide acque del mare di Barents, a seguito di due potenti esplosioni interne, che furono così forti da essere registrate dai sismografi in Alaska. A bordo del sottomarino c’erano 118 marinai, tutti vittime di una serie di eventi che avrebbero dovuto essere evitati ma che, purtroppo, segnarono una delle tragedie più drammatiche della storia navale recente.
Il film Kursk, diretto da Thomas Vinterberg, non si limita a raccontare i fatti in maniera oggettiva, ma esplora le sfumature umane di questa catastrofe, analizzando le emozioni, i sentimenti e le scelte delle persone coinvolte. Adattato dal libro di Robert Moore, A Time to Die: The Untold Story of the Tragedy, il film si concentra non solo sul dramma della tragedia stessa, ma anche sulla difficile relazione tra la Russia e il resto del mondo, che si tradusse in un rifiuto di aiuti internazionali durante le operazioni di salvataggio. L’atteggiamento delle autorità russe e il loro orgoglio nazionale si trasformano, nel film, in un potente simbolo di ostinazione e di solitudine, lasciando l’equipaggio del Kursk in una situazione di destino incerto.
Vinterberg, fondatore del movimento Dogma 95, porta sullo schermo una narrazione che non si limita a una ricostruzione tecnica degli eventi, ma mira ad approfondire l’aspetto umano della tragedia. Il regista sottolinea l’importanza di esplorare tre prospettive distinte: quella dei militari intrappolati nel sottomarino, quella delle autorità governative russe e quella dei familiari delle vittime, in particolare dei bambini che hanno perso i loro padri. Questo approccio multiplo arricchisce la storia e le dà una dimensione emotiva molto più intensa.
Un aspetto che emerge chiaramente nella visione di Kursk è la lotta contro il tempo, un tema che permea tutta la narrazione. Mentre l’equipaggio si trova ad affrontare una drammatica corsa contro la morte, il film non si limita a raccontare gli ultimi istanti di vita, ma esplora anche il coraggio, la dignità e l’amore incondizionato che hanno caratterizzato le ultime ore di quei marinai. La sceneggiatura, scritta da Robert Rodat (Premio Oscar per Salvate il Soldato Ryan), è una delle forze trainanti del film, riuscendo a raccontare, senza indulgere in melodrammi eccessivi, una storia di speranza e disperazione, di coraggio e paura.
Un elemento fondamentale che Vinterberg evidenzia è la difficoltà nel ricostruire i dettagli esatti di quanto accaduto a bordo del Kursk. La verità, come sappiamo, rimane avvolta nel mistero, ma il regista ha cercato di bilanciare finzione e realtà con l’aiuto di esperti, al fine di dare al pubblico una visione autentica senza cadere nell’esagerazione. Il film non è una semplice cronaca della tragedia, ma un’intensa riflessione sull’animo umano messo alla prova in circostanze estreme.
Le interpretazioni sono eccezionali: Matthias Schoenaerts, che interpreta uno dei protagonisti principali, riesce a trasmettere con grande forza emotiva il dramma di un uomo che combatte contro il tempo per salvare i suoi compagni. Al suo fianco, Colin Firth interpreta il Commodoro David Russell, un uomo che ha guidato la missione di salvataggio per conto della Royal Navy, un personaggio che rappresenta la speranza di salvezza e la compassione di fronte a una tragedia di proporzioni epocali.
In definitiva, Kursk non è solo un film sulla tragedia di un sottomarino affondato, ma un’opera che esplora la lotta per la vita e la morte, la lotta contro il tempo e il coraggio di non arrendersi. Il film non delude le aspettative, riuscendo a commuovere e a far riflettere sugli errori del passato e sulle conseguenze di scelte politiche che hanno avuto un impatto devastante su centinaia di vite. Una pellicola che, pur raccontando una storia tragica, offre anche un’analisi profonda dei valori umani e del sacrificio, senza mai perdere di vista la realtà di una delle tragedie più dolorose della storia recente.
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Emanuela Giuliani
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