In Concorso a Venezia 2024: Joker: Folie à Deux, il sequel del film di culto di Todd Phillips, una spenta e poco creativa operazione fanmade.
La montagna ha partorito il topolino, e non è un caso il perché la parola montagna, che sbuca fuori parecchio, la si usi in una delle tante canzoni con cui Joaquin Phoenix e Lady Gaga si dichiarano amore eterno. Ma Joker: Folie à Deux di maestoso ha solo l’ambizione, la volontà di essere un film in grado di mischiare tutto e unire tutto e il contrario di tutto, per cercare di parlarci di un amore tossico, di Arthur Fleck, come se si potesse tornare a cinque anni fa, a quell’abbaglio collettivo.
Joker: Folie à Deux, la sinossi
Joker: Folie à Deux ci ripresenta Arthur Fleck, rinchiuso nel manicomio di Arkham, ormai rassegnato ad un’esistenza in cui l’umiliazione, la solitudine e l’oblio siano fedeli compagne. Le guardie hanno per lui “attenzioni speciali”, i detenuti lo ignorano, ma tutto cambia nel momento in cui il Procuratore Distrettuale Harvey Dent (Harry Lawtey) decide che colui il quale ha sobillato la città intera, creato una rivolta passata alla storia a Gotham City, debba affrontare un processo per i suoi crimini.
L’avvocato di Arthur, Maryanne Stewart (Catherine Keener), spinge per l’infermità mentale, sicura di vincere, ma l’incontro di Arthur Fleck con l’affascinante Harleen “Lee” Quinzel (Lady Gaga), lo porterà a riprendere le vesti del Joker, con risultati ovviamente imprevedibili.
Joker: Folie à Deux, marketing cinematografico puro?
Quando Joker uscì in sala cinque anni fa, ebbe un effetto talmente dirompente, da andare oltre il concetto di giusto o sbagliato, di bello o brutto. Ovvio che quando Todd Phillips ha annunciato il sequel, coinvolgendo Lady Gaga nella parte di Harley Quinn e virando il tutto verso una componente musical, l’attenzione generale è esplosa. Ecco allora che torniamo a Gotham, con il Joker che è ancora più magro, macilento e depresso di prima, con questa strana ragazza, una groupie come la città contiene a migliaia, tutti pronti a difendere Joker, come si farebbe con una pop star o un martire.
La sceneggiatura di Scott Silver e Phillips sa nella prima parte come delineare un quadro sensato, con Phoenix che ci dà dentro con una versione diversa del suo Joker, almeno inizialmente. Il problema nasce nel momento in cui Joker: Folie à Deux si lega a questo mix tra sogno e realtà al servizio della componente musicale, curata da Hildur Guðnadóttir, ma soprattutto piena di cover. Dentro c’è un elenco di pezzi e coreografie e riferimenti connessi ai grandi Musical della Golden Age, più il solito jukebox impazzito, con Lady Gaga che ci dà dentro e Phoenix che non sfigura affatto. Ma il senso di tutto questo? Non è chiaro, mai.
Joker: Folie à Deux ha dalla sua una fotografia di Lawrence Sher come al solito di ottima fattura, che per lunghi momenti aiuta a nascondere quanto la regia di Todd Phillips sia poco ispirata questa volta. Era stata il vero asso nella manica la prima volta, assieme al Phoenix poi premiato con l’Oscar, ma qui invece Phillips non si dimostra in grado di garantire la stessa qualità, intensità, e pare non saperne poi molto di cosa sia un musical.
Coreografie assenti, le canzoni con Gaga e Phoenix arrivano come intervalli pubblicitari, con il pubblico che dovrebbe appassionarsi a questi due amanti fuori di testa, lui che ritorna a bramare la considerazione altrui, lei invece che è manipolatrice, astuta, brama Joker, ma di Arthur Fleck non sa che farsene. Il che già fa capire quanto, come si era capito nel primo film, del vero Joker dei fumetti, a Phillips non importi niente, è solo un trucco, un marchio, un pacco da rifilare al pubblico. Si chiamasse Johnny Smith non cambierebbe nulla, ma qui veramente la fedeltà semantica è assente, la sua capacità di essere credibile quando si prende sul serio, con uno dei processi più brutti e peggio scritti di sempre, scivola nel comico involontario.
Joker: Folie à Deux delude da ogni punto di vista da metà in poi, scivola nel populismo più superficiale e più distratto, con una chimica tra i due sempre più flebile, fino al finale, onestamente offensivo e privo di un minimo di senso per chiunque conosca il personaggio, ma anche per chiunque voglia un racconto sensato. Joker, il primo, era una furbata geniale, questo invece è la copia carbone, con una confezione spacciata per invitante. Insomma, marketing cinematografico puro. Speriamo che faccia bene alle sale, ma per il resto è veramente svilente vedere un film così portato in Concorso Ufficiale, date le potenzialità che si potevano intravedere.
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Giulio Zoppello
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