I film che hanno segnato la carriera di Jack Nicholson, il volto ribelle di Hollywood giunto al suo 88esimo compleanno.
Jack Nicholson è una delle icone indiscusse del cinema americano. Con uno sguardo capace di passare dalla follia alla malinconia in un batter d’occhio, ha interpretato ruoli memorabili che hanno definito intere generazioni di cinefili, e il suo volto, con quel ghigno beffardo e le sopracciglia eternamente arcuate, è diventato il simbolo di un certo tipo di cinema: provocatorio, irriverente, profondamente umano.
Nicholson non è semplicemente un attore: è un emblema, un interprete capace di scavare nell’anima dei suoi personaggi con una naturalezza disarmante, dando voce a inquietudini, passioni e contraddizioni che parlano a ogni spettatore. In oltre cinquant’anni di carriera, ha saputo reinventarsi più volte, mantenendo intatto il suo magnetismo. E anche se oggi ha scelto il silenzio delle scene, la sua voce – roca, ironica, inconfondibile – continua a risuonare nei cuori degli appassionati, perché il vero talento non invecchia: si trasforma in leggenda.
E oggi, 22 aprile 2025, in occasione del suo 88esimo compleanno, vi sveliamo qualche dettaglio su alcuni film che hanno segnato in modo indelebile la sua carriera, mostrando la sua straordinaria versatilità e l’inconfondibile carisma.
1. Easy Rider (1969) – Il ribelle che non ti aspetti
Prima di diventare una star consacrata, Nicholson lascia il segno in Easy Rider, un film che diventerà il manifesto visivo e spirituale della controcultura americana degli anni ’60. Nei panni di George Hanson, avvocato alcolizzato e disilluso dal sogno americano, Nicholson affianca Peter Fonda e Dennis Hopper in un road movie che non è solo un viaggio fisico, ma anche un’esplorazione sociale e psicologica di un Paese frammentato.
La sua performance, carica di ironia e vulnerabilità, ruba letteralmente la scena ai protagonisti. Il modo in cui dà voce alla perdita di ideali, alternando comicità e malinconia, è uno dei primi esempi della sua maestria nel creare personaggi tridimensionali.
La candidatura all’Oscar come Miglior attore non protagonista segna il primo vero riconoscimento ufficiale al suo talento, aprendo le porte a una carriera costellata di successi.
2. Cinque pezzi facili (Five Easy Pieces, 1970) – L’inquietudine dell’uomo moderno
Con Cinque pezzi facili, Nicholson affronta uno dei ritratti più crudi e sinceri dell’alienazione borghese nel cinema americano. Bobby Dupea è un uomo alla deriva: ex prodigio musicale, abbandona il suo passato colto per rifugiarsi in un’esistenza operaia fatta di lavori manuali e relazioni precarie.
La scena del diner, in cui prova a ordinare un semplice toast sfidando le regole assurde del locale, è diventata emblematica, non è solo un momento memorabile di cinema: è un atto di ribellione silenziosa contro l’autorità e l’assurdità del conformismo.
Il film di Bob Rafelson, parte del movimento della New Hollywood, fotografa il disincanto dell’America post-sessantottina, e Nicholson diventa il volto di quella generazione in bilico tra libertà e disillusione.
3. Chinatown (1974) – Noir allo stato puro
In Chinatown, Nicholson dà vita a uno dei detective più iconici della storia del cinema: Jake Gittes, elegante, ironico, disilluso, ma ancora capace di indignarsi. Sotto la regia raffinata di Roman Polanski, si muove in una Los Angeles degli anni ’30 dove nulla è ciò che sembra.
Il film, ispirato al vero scandalo dell’acqua che coinvolse la città, è una parabola sulla corruzione e sul potere, e Gittes è l’antieroe per eccellenza che crede di poter “sistemare le cose”, ma scopre amaramente di essere solo un pedone in un gioco più grande di lui.
La prova di Nicholson è un capolavoro di misura: non urla mai, ma ogni sguardo, ogni gesto, racconta il fallimento dell’ideale eroico. Ancora una nomination all’Oscar, e un film che è oggi pietra miliare del genere noir.
4. Qualcuno volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo’s Nest, 1975) – Il trionfo dell’outsider
Con Randle P. McMurphy, Nicholson tocca il cuore del pubblico e si iscrive definitivamente nella leggenda. Il film, tratto dal romanzo di Ken Kesey e diretto da Miloš Forman, è una feroce denuncia contro le istituzioni totali, in particolare quelle psichiatriche. McMurphy è un anarchico, un giullare, ma anche un martire moderno, finge la follia per evitare il carcere e finisce in un inferno di regole assurde, incastonato nel confronto tragico con l’infermiera Ratched.
Il film vince i cinque Oscar principali (Film, Regia, Attore, Attrice e Sceneggiatura), e la performance di Nicholson entra nel mito: è provocatoria, tenera, animalesca e profondamente umana, è il ruolo della consacrazione assoluta.
5. Shining (1980) – La follia ha un volto
Stanley Kubrick affida a Nicholson il compito di incarnare il terrore puro, e l’attore non delude. In Shining, tratto dal romanzo di Stephen King (che peraltro non apprezzò la trasposizione), Jack Torrance è uno scrittore in crisi che accetta di custodire un hotel isolato per l’inverno.
Ma l’Overlook Hotel è un personaggio esso stesso: un luogo carico di presenze e tensioni che minano lentamente la sanità mentale di Jack. La trasformazione di Nicholson, da padre premuroso a psicopatico assassino, è una lezione di recitazione: ogni smorfia, ogni inflessione vocale è calcolata, ma mai artificiale.
“Here’s Johnny!”, improvvisato dallo stesso Nicholson, è diventato uno dei momenti più iconici e citati del cinema horror. Una prova disturbante e geniale, che ancora oggi non smette di affascinare.
6. Voglia di tenerezza (Terms of Endearment, 1983) – Il lato tenero del cinico
Dopo ruoli intensi e drammatici, Nicholson sorprende tutti con un’interpretazione più leggera ma ugualmente incisiva. Garrett Breedlove è un ex astronauta ormai dedito all’ozio e ai flirt, ma con un cuore grande e una malinconia sottile che affiora sotto la facciata da playboy. La sua relazione con la vicina Aurora (Shirley MacLaine) è fatta di schermaglie, tensioni, ma anche di affetto sincero.
Il ruolo gli vale il secondo Oscar, questa volta come attore non protagonista, e dimostra la sua straordinaria capacità di passare da un registro all’altro, arricchendo i suoi personaggi con sfumature sempre nuove.
7. Batman (1989) – Il Joker prima del Joker
Quando Tim Burton lo scelse per il ruolo del Joker, molti storsero il naso. Ma Nicholson trasformò quel personaggio in qualcosa di mai visto prima: un villain con un’anima teatrale, quasi shakespeariana, eppure incredibilmente moderno.
La sua interpretazione è eccessiva, colorata, disturbante, ogni battuta è scandita con gusto eccessivo e grottesco, ma mai caricaturale, il suo Joker non è solo un cattivo: è una forza del caos, un artista del crimine.
Il film fu un enorme successo commerciale e aprì la strada a decenni di cinecomic, e ancora oggi il Joker di Nicholson rimane un riferimento imprescindibile.
8. Codice d’onore (A Few Good Men, 1992) – “You can’t handle the truth!”
Poche scene nella storia del cinema legale sono memorabili quanto il confronto in aula tra il colonnello Nathan Jessup (Nicholson) e l’avvocato interpretato da Tom Cruise.
Il suo personaggio è una figura ambigua, emblema dell’autoritarismo patriottico, convinto che i suoi metodi brutali siano giustificati “per il bene superiore”. Anche se presente solo per una parte del film, Nicholson domina la scena con una carica magnetica impressionante, e la battuta “You can’t handle the truth!” è diventata un tormentone, spesso imitata e citata ovunque, dai teatri alle sitcom. Una masterclass di presenza scenica.
9. Qualcosa è cambiato (As Good As It Gets, 1997) – Il romanticismo dell’antieroe
In questa commedia romantica atipica di James L. Brooks, Nicholson dà vita a Melvin Udall, un uomo ossessivo, misantropo e misurato nei sentimenti. Ma dietro le nevrosi e le frasi taglienti, si cela un cuore che lotta per aprirsi al mondo. La relazione con Carol (Helen Hunt) e il legame inatteso con il vicino artista Simon (Greg Kinnear) trasformano gradualmente il personaggio, offrendo al pubblico una storia di redenzione affettiva senza mai scadere nel sentimentalismo. Nicholson vince il suo terzo Oscar, confermandosi uno dei pochi attori capaci di rendere credibili e amabili anche i personaggi più ruvidi.
10. The Departed – Il bene e il male (2006) – Il boss senza scrupoli
Diretto da Martin Scorsese, The Departed è un thriller corale in cui Nicholson interpreta Frank Costello, boss mafioso ispirato al vero criminale Whitey Bulger. Il suo Costello è un personaggio mefistofelico, che oscilla tra il fascino ipnotico e la violenza imprevedibile. La performance è ricca di improvvisazioni, molte delle quali mantenute da Scorsese proprio per l’intensità che sprigionano, e anche se non arriva una candidatura all’Oscar, il ruolo segna una delle ultime grandi prove attoriali della sua carriera: un addio potente, degno del mito che è diventato.
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Emanuela Giuliani