Io sono Mia, la recensione: un tributo incompleto a una voce indimenticabile

La recensione del biopic IO SONO MIA, un tributo incompleto a una voce indimenticabile con protagonista Serena Rossi.

Ci sono artisti che, con la loro arte, hanno saputo esprimere lo spirito del tempo in cui vivevano, anticipandone a volte le tendenze e segnando la storia. Mia Martini è una di queste figure, la cui vita è stata un mix di passione, dolore, trionfi e sacrifici. Il biopic “IO SONO MIA”, diretto da Riccardo Donna, cerca di raccontare questo percorso intenso e tormentato, partendo da un momento cruciale della sua carriera, quello del suo ritorno sulle scene nel 1989, quando Mia Martini, con la sua voce unica e la sua presenza fragile ma potente, si presenta al Festival di Sanremo con la canzone “Almeno tu nell’universo”. Non si trattava solo di un ritorno professionale, ma di una rinascita personale.

Il film nasce dall’intento di rendere omaggio a una donna e a una cantante che, nonostante i difficili ostacoli della vita, ha saputo inseguire il suo sogno musicale fino alla fine. Il titolo stesso, “IO SONO MIA”, è un’affermazione di autonomia e di identità, una risposta a tutti coloro che l’hanno etichettata come una persona “sfortunata” o “incompresa”. Attraverso una narrazione intima, il film affronta la difficile e dolorosa relazione con il padre, le difficoltà che hanno segnato gli inizi della sua carriera, e la lotta per farsi accettare nel mondo della musica.

La pellicola, che si sviluppa principalmente attraverso un lungo flashback durante una intervista con una giornalista, prova a delineare non solo i trionfi professionali, ma anche le tempeste emotive che segnarono la vita di Mia, e prende avvio dal difficile rapporto con suo padre, che mal vedeva la sua carriera da cantante e cercava di ostacolarla. Mia si trova così a dover lottare contro il proprio destino, ma anche contro le forze familiari che cercavano di dissuaderla dal seguire la sua passione. Un tema che risuona fortemente nel film è proprio la contrapposizione tra il suo desiderio di affermarsi e l’impossibilità di liberarsi dal controllo paterno, un conflitto che segnerà tutta la sua vita e, in qualche modo, la sua musica.

Nel raccontare la vita di Mia Martini, il film si concentra anche sulle sue conquiste: dal successo di “Piccolo uomo” nel 1972 alla consacrazione internazionale negli anni successivi. La Francia la paragonava addirittura a Edith Piaf, ma dietro il talento straordinario e la gloria c’era un mondo fatto di solitudine e sofferenza. L’accusa di portare sfortuna, che le ha precluso molte opportunità, e i suoi tormentati rapporti sentimentali, vengono affrontati nel film con una certa delicatezza, ma anche con una necessaria crudezza, mostrando come Mia non fosse disposta a scendere a compromessi per accontentare un mondo che la condannava.

La scelta di Serena Rossi per il ruolo di Mia Martini, una delle interpretazioni più attese, non delude, ma presenta alcuni limiti. La sua performance, purtroppo, non riesce a far emergere appieno il turbinio emotivo che caratterizzò la vita della cantante. Sebbene l’attrice faccia un lavoro notevole nel riprodurre la fisicità e l’intensità della protagonista, la sua interpretazione non riesce a tradurre completamente il dramma interiore che Mia Martini ha vissuto, né a far percepire quella forza emotiva che l’ha resa una delle voci più iconiche della musica italiana. La sua espressione, troppo spesso imbrigliata in una sorta di serietà, non riesce a riflettere quella sfumatura di fragilità e determinazione che caratterizzava la vera Mia.

Riccardo Donna, regista del film, ha dichiarato di aver voluto avvicinarsi alla figura di Mia Martini con discrezione, come per camminare piano su un terreno difficile e pieno di emozioni contrastanti. Ha cercato di raccontare non tanto una biografia perfetta, quanto una storia che arrivasse alle nuove generazioni, quelle che probabilmente non hanno vissuto l’epoca di Mia, ma che potrebbero trovare in lei una figura di riferimento. Tuttavia, questa scelta di prudenza si traduce in una narrazione che spesso risulta troppo sommessa, incapace di spingere lo spettatore a una riflessione profonda o a una vera e propria commozione. Il film non riesce ad andare oltre la superficie della sua vita, limitandosi a esporre gli eventi, senza scavare abbastanza nell’intensità emotiva di ognuno di essi.

Il film, infatti, risente di una narrazione priva del carattere in grado di far emergere la toccante anima di una donna dominata dalla difficoltà di coniugare il proprio indiscutibile talento al diritto di esprimerlo liberamente. Nonostante le buone premesse, “IO SONO MIA” non riesce a scuotere gli animi, a suscitare quel profondo brivido di commozione e nostalgia che ci si aspetterebbe da un biopic su una figura tanto leggendaria. Si parla di una donna che ha vissuto nella luce e nell’ombra, di un’artista la cui voce unica ha “graffiato” i cuori di centinaia di migliaia di persone, ma il film non riesce a tradurre questa complessità.

Un altro aspetto che delude è la scelta di una trama che, pur seguendo il percorso artistico di Mia, non riesce a mostrare in maniera efficace la lotta quotidiana di una donna che si è vista ostacolata da pregiudizi sociali e dalla superstizione, come accadeva con l’etichetta della “donna sfortunata”, che le è stata appiccicata per anni. La sua lotta per emanciparsi e far valere il suo talento non emerge in modo netto, facendo perdere l’opportunità di ritrarre un’ascesa emotiva potente e significativa. Il film si limita a trattare il contesto senza immergersi completamente nella dimensione intima di Mia Martini.

“IO SONO MIA” rimane quindi un tributo che, purtroppo, non riesce a rendere giustizia a una figura così complessa e affascinante come Mia Martini, una donna il cui talento e la cui fragilità hanno segnato per sempre la musica italiana. Il film è un tentativo, ma non è in grado di far emergere l’anima tormentata di una donna che ha lottato per essere sé stessa, pagandone un caro prezzo. La grande cantante, la cui voce e il cui spirito avrebbero meritato un film altrettanto grande, non riesce a trovare la sua voce neanche in questa pellicola, che si spegne senza riuscire a toccare davvero il cuore dello spettatore.

In definitiva, “IO SONO MIA” è una riflessione incompleta e un po’ piatta su una delle voci più straordinarie che l’Italia abbia mai conosciuto. Sarebbe stato più che mai opportuno, viste le premesse, un lavoro che riuscisse a restituire la potenza emotiva e la fragilità straordinaria di Mia Martini, ma purtroppo il film non raggiunge tale ambizione. Il risultato è un racconto che, pur con una certa sensibilità, rimane lontano dal rendere giustizia alla memoria di un’artista che, con la sua voce e il suo coraggio, ha cambiato il panorama musicale italiano per sempre.

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Emanuela Giuliani

Il Voto della Redazione:

6


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